Audio. Operatori della voce: sottoporsi a processo di clonazione professionale per potenziare le prestazioni è preferibile a cedere i diritti?

Società italiana per la tutela della voce, SITV, operatori della voce, cloni

La voce nell’era dell’intelligenza artificiale: tra tutela, eredità e nuove opportunità per il variegato mondo degli operatori della voce in ambito audio/video (lineare, cioè radio e tv e on demand, come podcast, film e fiction).
Dalla clonazione vocale per potenziare esponenzialmente il proprio modello produttivo e garantire rendita ad oltranza per sé ed i propri eredi, alla cessione a terzi dei diritti di sfruttamento (dello strumento vocale), l’intelligenza artificiale ridefinisce il ruolo degli operatori della voce (speaker, conduttori, giornalisti, podcaster, attori, doppiatori, ecc.).
Mentre in Italia è stata costituita (ed entrerà a regime a gennaio 2026) la prima società per la tutela della voce umana, il dibattito internazionale già sta superando la necessità di un equilibrio tra innovazione ed autenticità.

 

Sintesi

L’intelligenza artificiale sta trasformando profondamente il mondo della voce, ridefinendo l’identità professionale di speaker, giornalisti, doppiatori e attori.
La clonazione vocale non è più un rischio ma una nuova frontiera di tutela e valorizzazione: permette di preservare la propria identità, continuare a lavorare anche in caso d’inabilità e garantire rendite future agli eredi.
Per queste ed altre finalità è stata costituita la Società Italiana per la Tutela della Voce, che offre a 12.000 operatori della voce servizi di assistenza giuridica, strategica e tecnologica per proteggere i diritti degli iscritti contro l’uso illecito o improprio della voce.
In questa prospettiva, la voce diventa un vero asset patrimoniale, capace di generare valore autonomamente grazie all’I.A.
Un’esigenza attuale in un contesto in cui le emittenti già registrano riduzioni di costi fino al 40% e maggiore efficienza produttiva.
Ma la sfida resta etica: integrare l’I.A. senza sacrificare autenticità e credibilità.
Clonare la voce richiede rigore tecnico e consapevolezza giuridica: non sostituisce l’uomo, lo potenzia.
E la voce, da segno identitario, diventa eredità digitale.

Una nuova consapevolezza

Nel mondo dell’audio (lineare ed on demand) si sta affermando una nuova consapevolezza: la voce, cuore della comunicazione verbale, sta attraversando la più profonda trasformazione della sua storia. L’intelligenza artificiale, oggi capace di riprodurre toni, inflessioni e sfumature emotive, apre la porta a scenari inediti in cui l’essere umano può letteralmente clonare se stesso, proiettando la propria voce oltre i limiti fisici e biologici. È una prospettiva che suscita interrogativi complessi, etici e professionali insieme, ma che al tempo stesso offre opportunità concrete di tutela e di sviluppo.

Operatori della voce: è veramente un male clonarsi?

Sono sempre di più gli operatori della voce professionali (speaker, conduttori, giornalisti, podcaster, attori, doppiatori, ecc.) che si interrogano sulla reale portata della clonazione vocale. Ed in molti cominciano a valutare che, forse, crearsi un clone in grado non solo di replicare la propria voce, ma di espanderne le prestazioni può rappresentare una forma di sviluppo della propria attività e, al contempo, formare un’assicurazione ed una garanzia per il futuro. A determinate condizioni, beninteso.

Il clone

“Per chi lavora professionalmente con la voce, l’idea (fino a tre anni fa fantascientifica) di disporre di un clone può equivalere a tutelare la propria identità professionale in caso di imprevisti, quali un’inabilità temporanea o una deleteria limitazione perenne. In prospettiva, la clonazione potrebbe perfino assumere un valore ereditario, permettendo al diritto di sfruttamento della voce (un segno distintivo personale) di un operatore di sopravvivere al titolare (il diritto della personalità è inalienabile, imprescrittibile ed irrinunciabile)”, spiega Alessio Negretti, giurista e presidente del Consiglio di amministrazione della Società italiana per la tutela della voce, ente costituito a Milano nell’ottobre scorso che entrerà a regime a gennaio del prossimo anno offrendo a 12.000 operatori della voce italiani servizi di tutela legale contro lo sfruttamento illecito della produzione vocale (attraverso fingerprinting), assistenza per la cessione dei diritti di sfruttamento e per il processo di clonazione professionale.

Società italiana per la tutela della voce, SITV, operatori della voce

Leva di business

“Non è solo una questione di memoria o di sopravvivenza: la clonazione vocale può essere una leva di business. Sono sempre di più gli operatori della voce che stanno valutando di non cedere a terzi i diritti di sfruttamento vocali, preferendo creare un proprio clone capace di lavorare a costo zero per proprio conto, moltiplicando la presenza su piattaforme diverse o in più mercati ed aree lingustiche, anche contemporaneamente.

Voce come asset

In questo modo, la voce diventa un vero e proprio asset: un’estensione dell’attività umana che continua a generare valore, pur restando sotto il pieno controllo del suo titolare. È proprio per affrontare queste nuove sfide che al Radio Meeting 2025 di Milano è stata presentata la Società italiana per la tutela della voce, primo ente italiano dedicato alla tutela degli operatori della voce nei processi di clonazione gestiti da tool di intelligenza artificiale.

Gli obiettivi della Società italiana per la tutela della voce

Un’iniziativa che nasce con l’obiettivo di garantire diritti, trasparenza e strumenti di difesa a chi della voce fa la propria professione, introducendo un sistema di certificazione, contratti di mandato e registri dedicati per il riconoscimento dell’identità vocale. Si tratta di un passo decisivo in un contesto in cui l’I.A., lungi dall’essere un fenomeno da contrastare, è ormai una realtà di fatto”, evidenzia Negretti.

Il mondo audio ridisegnato dalla I.A.

Un’iniziativa tempestiva in un contesto in cui l’intelligenza artificiale sta ridisegnando il modo in cui l’audio lineare (radio e tv) e on demand (podcast, fiction, film, musica) vengono prodotti, distribuiti e monetizzati. “Le redazioni e le stazioni che hanno adottato strumenti automatizzati segnalano riduzioni dei costi fino al 40%, una maggiore efficienza nella generazione di contenuti e nuove opportunità di personalizzazione per l’ascoltatore.

L’effetto più profondo

Tuttavia, l’effetto più profondo non riguarda la tecnologia in sé, ma la ridefinizione dell’equilibrio tra autenticità e automazione. Gli ascoltatori, come sottolineano gli esperti del settore, sanno ancora (e quantomeno per ora) riconoscere una voce umana da una generata artificialmente e la credibilità resta un valore irrinunciabile. Ma il raggiungimento di un livello qualitativo indistinguibile è solo questione di (poco) tempo”, continua il ceo della Società italiana per la tutela della voce.

Utopia contrastare

Insomma: pensare di contrastare l’I.A. è un’utopia; pretendere di regolarne l’uso sacrosanto; cavalcarla un’opportunità. Dopo l’iniziale sbandamento, molti operatori della voce avrebbero maturato il convincimento che la sfida per l’industria dell’audio non è scegliere se adottare o meno l’intelligenza artificiale, bensì decidere come integrarla in modo etico e trasparente, senza sacrificare la componente umana che da sempre ne costituisce l’anima.

Nuova dimensione

È qui che la clonazione vocale assume una dimensione nuova: non come strumento di sostituzione, ma come mezzo per estendere e potenziare la professionalità di chi lavora con la voce”, propone Negretti.

Processo non banale

Clonare la propria voce, tuttavia, non è un’operazione banale. Per ottenere un risultato di qualità serve un approccio scientifico, basato su un campionamento accurato (con modelli di lettura basati su contesto, emozione, inflessione, dizione, ritmo, timbro, tono, volume, velocità, tempo, modulazione, ecc.) in un ambiente di registrazione professionale sulla base di testi accuramente selezionati.

Corpus

Non si tratta di pronunciare qualche frase davanti a un microfono, ma di creare un corpus di testi appositamente studiati per mettere in evidenza il timbro, l’intonazione, le modulazioni vocali, la dinamica e la gamma emotiva, il ritmo, il respiro e la musicalità di chi parla. Una ripresa e una successiva clonazione mal realizzate genereranno copie imperfette, artefatte, prive di naturalezza e di impiego limitato”, osserva il ceo della Società italiana per la tutela della voce.

Un alter ego sempre all’altezza

“Al contrario, un processo condotto da tecnici esperti con strumenti di alto livello in ambienti adatti potrà restituire un clone credibile, capace di esprimere una performance coerente, persino superiore a quella che l’essere umano potrebbe garantire in condizioni psicologiche o fisiche non ottimali”, sottolinea Negretti.

Risorsa di miglioramento

Insomma, in questo senso, la clonazione vocale professionale potrebbe diventare una risorsa di miglioramento, uno strumento per ottimizzare la resa comunicativa, garantire uniformità di tono o sostituire momentaneamente gli operatori della voce in caso di impedimento.

Cornice contrattuale

“Naturalmente, tutto ciò richiede una chiara cornice: chi gestisce il clone, in quali contesti può essere utilizzato, per quanto tempo, e con quali obblighi di trasparenza nei confronti del pubblico“, avverte Alessio Negretti.

Ennesima fase di trasformazione

Il settore audio vive dunque una fase di transizione in cui la voce umana non perde valore, ma si trasforma. Non è destinata a essere sostituita, bensì a essere affiancata da un’estensione digitale che, se gestita con intelligenza e rispetto, può amplificarne le potenzialità. La vera sfida, oggi, non è difendere la voce dall’intelligenza artificiale, ma insegnarle a convivere con essa.

Esempi

In un futuro molto vicino, un conduttore radiofonico potrà essere in diretta contemporaneamente in aree territoriali differenti con lingue autoctone; un doppiatore potrà continuare a lavorare anche dopo aver smesso di registrare fisicamente; un attore potrà doppiarsi in più lingue; un giornalista potrà firmare podcast multilingua con la propria voce, adattata e distribuita automaticamente da un sistema di I.A.

Cultura professionale

Ma tutto questo sarà sostenibile solo se regolato da norme chiare, da un’etica condivisa e da una cultura professionale consapevole del valore insostituibile dell’identità vocale umana. L’I.A., in fondo, non è né un demone né un salvatore: è uno strumento. E come ogni strumento, sarà la mano – o meglio, la voce – che la guida a determinarne la direzione. (E.G. per NL)

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