E con Tivù è veramente la fine per la… tivù locale

Già relegate in fondo alle liste di programmazione sul digitale terrestre e probabimente sui canali meno appetibili per l’utenza, le emittenti minori saranno tagliate fuori anche dalla nuova guerra sul sat


Chi è causa del suo male…
L’abbiamo già detto: dove erano gli editori locali quando i grandi si spartivano i numeri LCN e discutevano delle modalità di ripartizione delle frequenze? Altro che dividendo digitale! Quello di cui si è discusso sino ad oggi (tra i big) è il dividendo analogico, cioè la spartizione dei migliori attuali canali (analogici).
E come se non bastasse, sulla testa delle tv minori cade adesso un altro macigno: la guerra sul sat tra due superpiattaforme. Quella di Sky da una parte e di Tivù, la nuova società tra RAI, Mediaset e Telecom Italia Media (48% RAI, 48% Mediaset, 4% TIM), dall’altra. Cioé il 90% dell’analogico tv.
E perché sarebbe un male?, potrebbe obiettare qualche ingenuo editore ancora sonnolente nonostante gli schiaffoni presi in questi mesi. Semplice, la competizione tra le stelle determinerà – oltre alla necessità dell’ennesimo decoder per l’utente – una corsa micidiale sui contenuti (dal sat si può solo competere con quelli, combattendo ad armi pari sulla diffusione), che renderà inappetibili gli inevitabilmente miseri contenuti delle locali, che a quel punto dovranno cedere le tanto ambite e preziose nuove frequenze digitali. Le quali, a quel punto, si scoprirà che tanto preziose non saranno più. Ma, forse, le sballottate tv locali potranno trovare uno spazio sulla nuova piattaforma. Perché essa, spiegano i promotori, “Non è un club chiuso, ma aperto a tutte le emittenti, comprese quelle locali, che vogliano entrare a farne parte a condizioni trasparenti e non discriminatorie“. Capito?

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