Mal di televisione: UE e Ddl Gentiloni suscitano tensioni tra gli operatori del settore

Tra le multe di Bruxelles e la riforma del mercato radiotelevisvo, la più provata di tutti è Mediaset


Come era stato ampiamente annunciato, gli aiuti concessi dal governo Berlusconi per l’acquisto di decoder per il digitale terrestre sono stati dichiarati illegali. La decisione è stata presa ufficialmente questa settimana dalla Commissione europea, che ha anche confermato che saranno le società televisive attive nel settore del digitale terrestre a dover restituire, sia pur parzialmente, i fondi (oltre duecento milioni di euro) stanziati tra il 2004 e il 2005. Quando il governo definirà la cifra del rimborso, a pagare saranno, dunque, La7, Mediaset e Fastweb (la decisione non riguarda la Rai, poiché non ha fornito programmi a pagamento). Per Bruxelles, infatti, sono stati gli operatori di settore che, in seguito alla violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza, hanno ottenuto un “vantaggio indiretto”, a danno degli operatori delle altre piattaforme. Per l’esattezza, non essendo stati concessi fondi simili anche per i decoder delle trasmissioni via satellite, si è creata una situazione di “mancanza di neutralità tecnologica” che non ha incentivato la scelta del satellitare. La decisione europea, dunque, non tocca né i produttori dei decoder né coloro che li hanno acquistato o affittato utilizzando i contributi statali – pari a centocinquanta euro nel 2004 e settanta euro nel 2005. Il provvedimento dell’Antitrust europeo, che giunge dopo un’inchiesta aperta nel gennaio del 2005, a seguito di una denuncia di Sky Italia, ha suscitato reazioni sia in Fastweb sia in Mediaset. La società di Silvio Scaglia si è difesa affermando in una nota di aver avuto “un ruolo di mero provider tecnico, limitandosi, così come era prescritto dal decreto che dettava le modalità per accedere al finanziamento, a ridistribuire canali digitali terrestri di terzi”. Più forte la reazione in Mediaset, per la quale “i contributi hanno certamente assicurato vantaggi ai consumatori, ma non hanno avuto alcun beneficio sul conto economico delle società, a cui non può quindi essere richiesta alcuna restituzione”. Anzi, secondo l’azienda, la richiesta di rimborso “costituisce un vantaggio competitivo per Sky, che opera in Italia in regime di monopolio”. La società che fa capo alla famiglia Berlusconi, questa settimana, ha dovuto fare i conti anche col cammino del disegno di legge presentato dal ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, di riforma del mercato televisivo. Nella stessa giornata in cui Bruxelles si è espressa sugli aiuti per i decoder, si è avuto l’abbandono da parte dell’opposizione dei lavori in sede congiunta delle Commissioni Cultura e Trasporti della Camera, in cui si discutevano le nuove disposizioni. Per l’esattezza, i deputati di centrodestra chiedevano di esaminare il ddl assieme alla proposta di riforma della Rai, di cui al momento esistono solo le linee guida e non un testo di legge. Se per il presidente dell’opposizione, Silvio Berlusconi quello di Gentiloni “un piano criminale verso il capo dell’opposizione e verso le sue proprietà private” che non ha speranza di trovare “complici” nella sua realizzazione, il Ministro delle Comunicazioni ha “l’impressione che le regole di un mercato libero facciano perdere la testa” al Cavaliere. (Mara Clemente per NL)

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