Mario Orfeo ed il suo sguardo malinconico su Napoli

Ne è uno dei principali cantori, purtroppo, nel bene e nel male. Un tempo erano De Filippo, Totò, ora, causa le tante, troppe, notizie di cronaca (dalla spazzatura, agli affari della camorra, passando per la corruzione della classe politica), lo sono i giornalisti. Stiamo parlando di Napoli e di come, oggi, è concepita, vissuta o raccontata. Chi lo fa per mestiere e giornalmente porta agli onori della cronaca locale, nazionale ed internazionale tutto ciò che accade a Napoli e in Campania, è la redazione de “Il Mattino” ed il suo direttore Mario Orfeo. Orfeo, quarant’anni, un passato nella redazione napoletana di “Repubblica”, poi in quella romana con la funzione di caporedattore e, infine, direttore del quotidiano di Caltagirone dal 2002, è certamente colui che si definirebbe una persona informata dei fatti. Orfeo vede Napoli come “una città attraversata da una grande e grave crisi politica e morale, una città dove si è creato uno scollamento tra il cittadino e le istituzioni come da nessun’altra parte nella storia recente d’Italia”. E le responsabilità, oltre che dell’annoso e congenito male della criminalità organizzata, intrecciata agli interessi politici, vanno certamente ricercate negli ultimi quindici anni del regno di Antonio Bassolino. “In nessun altro posto una stessa persona ha governato per tanto tempo – dice il direttore de “Il Mattino” – Bassolino ha preso le redini della città in una situazione molto particolare, favorito dalla caduta dei partiti tradizionali a causa di Tangentopoli. Tra due mandati di sindaco e due di presidente della Regione, oggi – e siamo nel 2009 – è ancora lì”. Nonostante le vicende giudiziarie che l’hanno visto coinvolto e le ripetute richieste di dimissioni pervenutegli praticamente da ogni ambiente. “Ha la responsabilità non solo di aver governato prima il Comune di Napoli e poi la Regione – continua Orfeo – ma di aver poi continuato a governare per delega Palazzo San Giacomo – la sede del Comune – attraverso la Jervolino che lui ha voluto la prima volta e che ha voluto a tutti i costi riconfermare, creando così un sistema di potere e di clientele che ha prodotto risultati elettorali ma non sviluppo della città”.  Ma il direttore non se la prende solo con Bassolino, secondo lui anche l’opposizione ha le sue colpe: “L’opposizione locale è un’opposizione quando va bene debole e silenziosa, quando va male complice e collusa con le forze che governano le istituzioni”. Ma dove sono finiti gli intellettuali napoletani, da sempre cantori delle bellezze e critici nei confronti delle disfunzioni che caratterizzano il capoluogo partenopeo? “Preferiscono una consulenza al Comune o alla Regione, un posto in un consiglio di amministrazione se non addirittura un posto da parlamentare, piuttosto che portare avanti una battaglia civile, una battaglia di contenuti e di svolta all’interno della città”. Addà passà a’nuttata, diceva De Filippo. Ma qui è ancora notte fonda. (G.M. per NL)

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