MSE-Com: gli organi periferici sempre più nelle ambasce

Mezzi fermi, funzionari costretti ad anticipare di tasca propria nelle uscite ed operatori bloccati. Altro che riordino digitale: qui si va verso l’entropia del sistema


Riassunto delle puntate precedenti. Il Ministero delle Comunicazioni non esiste più. Le competenze relative sono passate al Dipartimento Comunicazioni (pare sia questa la definizione più aderente, anche se non vi è formale conforto giuridico sul termine dipartimento) in seno al Ministero dello Sviluppo Economico. Quest’ultimo è retto dal ministro Scajola, che ha delegato alle Comunicazioni il sottosegretario Romani. Nulla di male, sin qui, se non fosse che i decreti attuativi della riorganizzazione del MSE sono ancora in discussione alle Camere, sicché non vi è certezza del futuro di alcune componenti della struttura delle Comunicazioni, quali talune delle attuali Direzioni generali romane che potrebbero essere soppresse attraverso accorpamento, e, soprattutto, gli Ispettorati territoriali, cioè il front-office con gli operatori sul territorio. Questi ultimi, in diversi casi, sono retti da facenti funzioni in attesa di essere nominati dirigenti, cosicché hanno poteri limitati di gerenza. Come se non bastasse, i fondi economici che ne consentono l’attività, che provengono dalla Tesoreria dello Stato, hanno proprio toccato… il fondo. Ergo: mezzi fermi, funzionari costretti ad anticipare di tasca propria le spese connesse alle attività esterne e, soprattutto, istruttorie bloccate anche per operatori che hanno già effettuato i versamenti in conto terzi nelle casse delle tesorerie provinciali. Il problema è che la stagnazione delle attività rischia di travolgere anche organi virtuosi, come per esempio l’I.T. Emilia Romagna che infatti ha avvertito ieri gli operatori che “causa i noti problemi degli Ispettorati Territoriali relativi alla mancanza di fondi, attualmente sono giacenti più di 50 (cinquanta) richieste di intervento c/o l’ufficio programmazione interventi di questo Ispettorato”. Orbene, vero è che 50 richieste d’intervento per una regione come l’Emilia Romagna non sono poi tantissime (il che significa che o l’I.T. in questione ha lavorato bene nel passato, riducendo il fronte contenzioso che generalmente stimola gli interventi esterni, oppure è riuscito a centellinare le risorse economiche in cassa sino ad ora, tenendo dritta la barca nel mare in burrasca), ma il segnale è certamente indiziario di un problema che sta ormai attanagliando praticamente tutte le sedi territoriali del MSE-Com. E ciò non solo in momento tecnologico altamente complesso, vista l’anticipazione dello switch-off analogico/digitale, per il quale la Direzione tecnica del MSE-Com ha già allertato in più di un’occasione gli I.T., ma anche nel bel mezzo di una crisi finanziaria in procinto di degradare in economica che, invece, esigerebbe la massima efficienza della P.A. per supportare le imprese già alle prese con le difficoltà congiunturali. La sensazione, però, è che a livello politico delle sorti degli organi periferici (ma forse anche di quelli centrali) freghi poi non molto, per non dire nulla. Col risultato che a breve il sistema entrerà in un’inevitabile fase di entropia. Con buona pace per tutti.

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