Radiodiffusione: la battaglia per la libertà di commercializzazione degli apparecchi radioricevitori fa un decisivo passo in avanti

La Commissione europea ha oggi deciso di chiedere all’Italia di modificare la sua attuale legislazione relativa ai radioricevitori per renderla pienamente conforme alle norme europee in materia di libera circolazione delle merci.

Attualmente, la legislazione italiana vieta l’uso e la commercializzazione di apparecchiature radio in grado di ricevere frequenze oltre i limiti imposti dalla legislazione italiana facendo obbligo di dichiarare, nel manuale d’istruzioni, la conformità del prodotto alla legge italiana. Secondo il parere della Commissione, creando ostacoli all’importazione del prodotto in Italia, la legge italiana impone restrizioni ingiustificate all’uso e alla commercializzazione dei radioricevitori fabbricati a norma di legge o commercializzati in altri paesi dell’Unione europea.  Avviata il 31 agosto 2007, la denuncia di infrazione comunitaria segnalata all’Unione europea vede oggi confermata l’articolato esposto dell’appassionato di radioascolto Giorgio Marsiglio contro la normativa italiana in materia di "prescrizioni relative alle frequenze utilizzabili in Italia dai ricevitori di radiodiffusione sonora e televisiva" di cui al paragrafo 3 dei decreti ministeriali 25 giugno 1985 e 27 agosto 1987, mantenuti in vigore dall’art. 2 del D.M. 28.8.1995, n. 548. Prescrizioni che solo in Italia si aggiungono a quelle dettate per gli altri Stati UE dalle direttive comunitarie prevedendo – oltre alla consueta marcatura Ce – anche un’ulteriore “dichiarazione di conformità” la quale costringe da più di vent’anni le case produttrici più rinomate a limitare le frequenze ricevibili dai prodotti destinati al mercato italiano mentre spinge quelle più piccole (o più spericolate) semplicemente a far finta di nulla. La paziente ed approfondita istruttoria da parte della “Direzione Industria ed Imprenditoria” è durata tre anni, passati dalla fase della costituzione in mora (ove il Governo italiano era stato invitato a presentare le proprie osservazioni in merito al contenuto della denuncia) a quello del “parere motivato” (ove, invece, la Commissione espone con chiarezza i motivi per i quali ritiene violato il diritto comunitario, invitando lo Stato membro a conformarsi entro due mesi). Spetta ora al Governo italiano – ed in particolare il Ministero dello Sviluppo economico che ha inspiegabilmente omesso di emanare il decreto richiesto da Bruxelles – di dar prova di credibilità modificando la normativa in oggetto. In caso contrario, il passo successivo sarà la Corte di giustizia dell’Unione europea con sede in Lussemburgo. La battaglia di libertà intrapresa più di tre anni fa non è ancora finita ma vede confermato al fianco degli appassionati di radioascolto un importante alleato quale la Commissione europea: essa ha manifestato ancora una volta la propria autonomia dai Governi nazionali così come il suo Commissario di riferimento, l’italiano Antonio Tajani. E’ un aspetto, questo dell’autonomia del commissario italiano, che poteva non essere scontato e che ora è giusto segnalare ed apprezzare.

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