Assassinata Anna Politkovskaja

Anna Politkovskaja non era una giornalista televisiva o radiofonica ma riteniamo sia un dovere ricordarla a poche ore dal suo assassinio


In ordine al grave lutto nel mondo giornalistico (e non solo) internazionale per la morte di Anna Politkovskaja, riportiamo il seguente articolo dell’amico e collega Mauro Roffi di Millecanali, al quale ci associamo completamente.

www.millecanali.it/mc/newseventi/news/dettaglio/index.asp?id=20066

Anna Politkovskaja non era una giornalista televisiva o radiofonica ma riteniamo sia un dovere ricordarla a poche ore dal suo assassinio. Scriveva sulla ‘Novaja Gazeta’ e parlava della corruzione, del malaffare della politica russa, degli stupri e delle torture dell’esercito russo in Cecenia. È stata uccisa brutalmente, con quattro colpi di pistola.

Succede – come è capitato a chi scive queste note – che ti regalino un libro da leggere d’estate e che, conoscendo il tuo interesse per l’Est Europa, i Balcani, il mondo “slavo”, l’area post-sovietica in generale, ti diano la possibilità di leggere il libro di Anna Politkovskaja “La Russia di Putin” (Edizioni Adelphi); ebbene, succede che tu in quelle ‘vuote’ settimane di agosto possa scoprire un’autrice straordinaria, una giornalista di razza che ti racconta con semplicità e talora persino con candore la Russia proprio così com’è oggi, brutta e terribile, crudele e assassina, perfida e senza speranza.
Succede che quel ritratto senza censure, dove i nomi ci sono tutti e i personaggi sono raccontati senza nessuna ipocrisia, dove un Paese straordinario e dal passato tanto glorioso viene descritto in tutta la sua attuale orrenda decadenza (nonostante le molte facili ricchezze e il denaro che talora scorre a fiumi) ma senza nessuna pretesa intellettuale, solo con il semplice scopo di fartelo ‘vivere’ per quello che è; ebbene, succede che quel libro ti ‘prenda’ completamente, che tu capisca che quella è proprio la Russia vera e che quella piccola donna la conosce davvero a fondo. Tu sai che lei soffre tantissimo nel dovertela raccontare così, che vorrebbe tanto descriverti qualcosa di meglio e di diverso, ma che senta come suo assoluto dovere fare la cronista, una cronista che non accetta le verità ufficiali e che scava dietro le notizie, verifica tutto di persona, rischia la sua vita per fare bene quel mestiere tanto scomodo.

Un impasto di corruzione, crudeltà, autoritarismo e senso di disfatta: è questa la Russia così ben raccontata da Anna Politkovskaja, un Paese che fra Cecenia, assalto al teatro Dubrovka e strage di Beslan ha collezionato in pochi anni una galleria degli orrori con pochi eguali al mondo. Ebbene, lì Anna Politkovskaja c’era, sempre, per raccontare tutto dal vivo naturalmente, ma anche per cercare di fare quel che poteva per limitare i danni. Un Paese, la Russia, dove poi i media indipendenti e liberi non esistono praticamente più e le poche speranze per il futuro siano affidate ad alcune piccole flebili luci, troppo fioche per far pensare ad un avvenire davvero diverso.

Ora anche la piccola grande luce di Anna Politkovskaja si è spenta, distrutta da una brutalità che le era ben nota, da un destino che probabilmente si aspettava, da una mano vigliacca che le ha sparato quattro colpi di pistola a casa sua, per farla tacere per sempre. Con un killer che non le ha risparmiato il ‘colpo della sicurezza’ per essere ben certo di aver compiuto fino in fondo il suo compito di morte.

In contemporanea, sabato scorso, l’odiato (da Anna) Vladimir Putin festeggiava con un sontuoso ricevimento i suoi 54 anni. Un uomo spesso omaggiato dal mondo politico anche occidentale, che non può e non vuole conoscere la verità sulla Russia, troppo complessa e difficile, troppo scomoda, anche perché quel Paese ha pur sempre il nucleare e la realpolitik suggerisce di chiudere più di un occhio.
Anna, invece, gli occhi non li voleva chiudere. Voleva farti conoscere la verità e ti raccontava le cose così come le vedeva; era una delle poche fonti credibili sulla realtà della Russia di oggi, del Caucaso, di un continente intero.

Per chi solo poche settimane fa aveva letto con passione il suo libro, per chi ne era rimasto colpito e ammirato, per chi sperava che almeno lei potesse continuare a fare liberamente il suo lavoro di cronista, la data di sabato 7 ottobre, in pieno sciopero dei giorrnalisti (per cui le notizie all’inizio sono arrivate anche poco e male qui da noi), resterà come un pugno nello stomaco.

Solo ora il mondo sembra scuotersi, accorgersi di cosa significhi fare semplicemente il giornalista, il giornalista vero, nella Russia del 2006. Non durerà, probabilmente e tutto tornerà com’era, fra ipocrisie di Stato e disattenzione del mondo, verità ufficiali che tali non sono ma è che conveniente prendere per buone. Anche se resta la speranza che Anna non sia del tutto morta invano, che altri portino avanti il suo lavoro, che un sussulto di dignità attraversi almeno per una volta la Russia e il mondo intero. Sarebbe già un segnale importante (Mauro Roffi).

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