Cds: attività edilizia costruzione impianti radiodiffusione non può essere considerata funzionalmente autonoma ma accessoria all’attività

Elettrosmog – inquinamento elettromagnetico – urbanistica radiotelevisiva – Consiglio di Stato – Sez. VI sentenza marzo 2010 – Costruzione impianti per la radiodiffusione.

 
N. 01387/2010 REG.DEC.
N. 02172/2004 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
Il Consiglio di Stato
 
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
 
 
ha pronunciato la presente
  
DECISIONE
 
sul ricorso in appello numero di registro generale 2172 del 2004, proposto da:
Teleimpianti S.n.c. di Pilati Lino & C., rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni De Vergottini, Giuseppe De Vergottini, Simone Mazzoni, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe De Vergottini in Roma, via A. Bertoloni n. 44;
 
contro
 
Provincia Autonoma di Trento, rappresentata e difesa dall’avv. Daria De Pretis, con domicilio eletto presso l’avv. Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare 14a/4;
Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente;
Comune di Bleggio Superiore;
Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato;
Tca -Società Telecommerciale Alpina – S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Andrea Dalponte, Roberta De Pretis, Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso l’avv. Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare n. 14a/4;
 
per la riforma
 
della sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Provincia di Trento n. 00469/2003, resa tra le parti, concernente AUTORIZZAZIONE ALL’INSTALLAZIONE DI NUOVI IMPIANTI RADIOTELEVISI E TELECOMUNICAZIONI.
 
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
 
Viste le memorie difensive;
 
Visti tutti gli atti della causa;
 
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 dicembre 2009 il consigliere di Stato Manfredo Atzeni e uditi per le parti gli avvocati Pafundi per se e per delega dell’avv. De Pretis, e De Vergottini;
 
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
 
Con ricorso al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino Alto Adige, sede di Trento, la società Teleimpianti snc, operante nel settore della realizzazione delle strutture edilizie funzionali all’insediamento di impianti di radiotelediffusione, impugnava il provvedimento prot. n. 256/03-U223 in data 20.1.2003 con il quale il Direttore sostituto dell’U.O. tutela dell’aria e degli agenti fisici dell’Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente – Settore tecnico – della Provincia autonoma di Trento aveva risposto alla richiesta di installazione ad opera della medesima Società di un nuovo impianto di radiodiffusione sulla p.f. 22/3 in località Monte San Martino nel Comune di Bleggio Superiore, rendendo noto che il competente Comitato per l’autorizzazione all’installazione di nuovi impianti radiotelevisivi e delle telecomunicazioni aveva dichiarato, nella seduta del 13 gennaio 2003, l’impossibilità a pronunciarsi nel merito della richiesta per carenza della titolarità di concessione di radiofrequenza.
 
Lamentava sotto vari profili la ritenuta correlazione obbligatoria tra concessione di radiodiffusione e concessione edilizia all’edificazione dei relativi impianti, chiedendo quindi l’annullamento del provvedimento impugnato.
 
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa del Trentino Alto Adige, sede di Trento, respingeva il ricorso.
 
Avverso la predetta sentenza insorge Teleimpianti snc di Pilati Lino & C., in persona del legale rappresentante, chiedendo il suo annullamento e la riforma, previa sospensione, deducendo l’illegittimità per violazione di legge ed eccesso di potere, conseguente all’erronea interpretazione dell’art 16 legge 223/1990 nella parte in cui attribuirebbe ai soli titolari di concessione di radiodiffusione la legittimazione a richiedere la concessione all’edificazione dei relativi impianti di supporto. L’interpretazione della disposizione seguita dai primi giudici si porrebbe infatti in contrasto con gli articoli 3, 10 e 82 Trattato UE in materia di tutela della libera concorrenza degli operatori economici e con gli articoli 3, 21 e 41 Cost. dettati a garanzia della libertà di iniziativa economica privata.
 
Con ordinanza n. 1430 in data 30 marzo 2004 è stata respinta l’istanza cautelare.
 
Si è costituita in giudizio la Provincia Autonoma di Trento nonché la TCA srl, chiedendo il rigetto dell’istanza cautelare e dell’appello.
 
Alla pubblica udienza dell’11 dicembre 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
 
DIRITTO
 
1. L’appellante opera nella realizzazione di strutture edilizie funzionali all’insediamento di impianti di radiotelediffusione e non è concessionaria di frequenze di radiodiffusione; ha presentato istanza di costruzione di un nuovo impianto di radiodiffusione nel Comune di Bleggio Superiore.
 
La Provincia Autonoma di Trento, pronunciandosi sull’istanza, ha riportato la determinazione del competente Comitato per l’autorizzazione all’installazione di nuovi impianti radiotelevisivi e delle telecomunicazioni con cui lo stesso affermava l’impossibilità a pronunciarsi nel merito della richiesta per carenza della titolarità di concessione di radiofrequenza, requisito prescritto dall’art. 16 della legge 6 agosto 1990, n. 223.
 
L’appellante sostiene che l’interpretazione della disposizione appena richiamata seguita dall’Amministrazione e confermata dai primi giudici non può essere condivisa in quanto la disposizione, così intesa, violerebbe sotto vari profili il trattato UE e la Costituzione della Repubblica.
 
In particolare l’appellante afferma che se la norma prevede una correlazione necessaria tra concessione al servizio di radiodiffusione e concessione edificatoria dei relativi impianti creerebbe, per l’effetto, situazioni di privilegio tra operatori del settore lesive della libertà di iniziativa economica e della libera concorrenza.
 
L’argomentazione è articolata in diverse censure, di seguito esaminate partitamente.
 
2. Con la prima censura l’appellante contesta l’interpretazione dell’art. 16 della legge 6 agosto 1990, n. 223, seguita dal giudice di prime cure in quanto riconoscerebbe un diritto esclusivo all’edificazione degli impianti di radiodiffusione in favore dei soli concessionari del servizio di radiodiffusione, affermando che la disposizione si applica ai soli esercenti attività di radiodiffusione, mentre gli altri operatori economici, interessati alla realizzazione degli impianti di cui si discute, sarebbero assoggettati alla sola disciplina propria dell’attività edilizia.
 
In sostanza, ad avviso dell’appellante la norma consente il rilascio della concessione esclusivamente a quanti dispongono degli impianti di trasmissione, mentre non esclude che quanti non siano titolari di concessione siano autorizzati a realizzare gli impianti medesimi.
 
Osserva il Collegio che la norma assoggetta a regime concessorio tanto l’esercizio della radiodiffusione sonora o televisiva quanto l’installazione dei relativi impianti. In un settore – radiodiffusione – al tempo dei fatti per sua natura tecnica costretto nei limiti delle frequenze all’uopo utilizzabili, il regime pubblicistico di concessione appare un ragionevole strumento utilizzato dal legislatore al fine di regolamentare lo sviluppo ed esercizio del servizio e dell’attività stessa. Tale ratio, sottesa alla norma, e al più generale impianto della legge, postula che l’attività edilizia di costruzione degli impianti non possa essere considerata funzionalmente autonoma ma accessoria all’attività di radiodiffusione.
 
Il motivo è quindi infondato.
 
3. L’appellante, contestando l’opposta tesi, seguita dai primi giudici, afferma che all’art 4 della stessa legge 223 del 1990 dovrebbe essere riconosciuta valenza limitata all’efficacia di dichiarazione di pubblica utilità della concessione rilasciata ai sensi del richiamato art. 16; l’appellante nega che dal richiamato art. 4 possa invece evincersi, in via interpretativa, una correlazione diretta tra concessione alla radiodiffusione e legittimazione ad ottenere i permessi edilizi per l’attività di impianto delle relative strutture.
 
Al contrario, quanto precedentemente sostenuto da questo Collegio sull’interpretazione dell’art 16 trova conforto in un’interpretazione sistematica con l’art 4 dello stesso impianto normativo, dettato nello specifico profilo delle implicazioni edilizie della radiodiffusione, che, nel richiamare espressamente l’art. 16, pone la concessione alla radiodiffusione quale necessario titolo di legittimazione all’istanza edilizia (Cass. Pen., III, 06 novembre 2007, n. 172).
 
L’art 4 della legge 223 del 1990 riprova che l’attività di costruzione di impianti di radiodiffusione incide sull’ordinario regime proprietario dei suoli a ragione del fatto che tale attività è attratta nel più ampio sistema di disciplina del servizio di radiodiffusione che risponde ad interessi differenti e, in un giudizio di comparazione effettuato dal legislatore, superiori.
 
Tale assunto appare altresì confermato dalla normativa provinciale dettata in materia: infatti la Provincia Autonoma di Trento, competente ai sensi dell’art 4 dello Statuto Speciale in materia di espropriazione per pubblica utilità, nel disciplinare l’individuazione di siti per la localizzazione di impianti di radiodiffusione, espressamente riconosce la finalità di fornire un adeguato servizio radiotelevisivo assicurando al contempo tutela agli interessi paesaggistici e storici e a tal fine subordina il rilascio della concessione ad edificare gli impianti di radiodiffusione sonora e televisiva al rispetto delle disposizioni di cui all’ articolo 4 della legge 6 agosto 1990, n. 223 (art 2 comma quinto della legge provinciale 28 aprile 1997, n. 9, integrata dal decreto del Presidente della Giunta Provinciale 29 giugno 2000, n. 13-31/Leg. in materia di protezione da campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici).
 
Tale impianto sistematico normativo non può dirsi superato dall’abrogazione dell’art 4 legge 223 del 1990 ad opera dell’art 58 del D. Lgs 325/2001 efficace, ai sensi del D. Lgs 302 del 2002, a far data dal 30 giugno 2003 e quindi non applicabile ai fatti de quo.
 
Anche questa argomentazione deve pertanto essere respinta.
 
4. Con il terzo motivo di ricorso l’appellante censura la sentenza di prime cure nella parte in cui giudica inconferente il richiamo, da lui proposto, all’art. 4 della legge 31 luglio 1997, n. 249 che, in materia di reti e servizi di telecomunicazione, opererebbe una distinzione tra società che installano o esercitano le reti di telecomunicazioni e gli operatori che su tali reti forniscono servizi, in ciò legittimando le istanze pretensive, di analogo contenuto, della stessa appellante.
 
Afferma il Collegio che la legge 249/1997 non ha voluto superare il sistema autorizzatorio previsto dalla legge 223/1990 – richiamata anzi in più punti – ma ha voluto tenere distinte, nel settore della telecomunicazioni e sotto il profilo contabile, le attività di installazione delle reti da quelle di servizio di telecomunicazione che restano funzionalmente connesse secondo un meccanismo di necessaria accessorietà delle prime alle seconde.
 
Sostiene l’appellante che la lettura proposta è imposta dalla normativa comunitaria.
 
Richiama, in particolare la direttiva autorizzazioni (2002/20/CE), che all’art 3 comma primo prevede che “gli Stati membri garantiscono la libertà di fornire reti e servizi di comunicazione elettronica, fatte salve le condizioni stabilite nella presente direttiva. A tal fine, gli Stati membri non impediscono alle imprese di fornire reti o servizi di comunicazione elettronica” e la direttiva concorrenza (2002/77/CE) che all’art 2, comma primo, dispone che “agli Stati membri è fatto divieto di accordare o mantenere in vigore diritti esclusivi o speciali per l’installazione e/o la fornitura di reti di comunicazione elettronica…”.
 
La tesi non è condivisibile.
 
La suddetta normativa comunitaria è stata recepita, nell’ordinamento nazionale dal D. Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, il cui art. 25 nuovamente accomuna ed unisce nell’autorizzazione generale ivi disciplinata l’autorizzazione edilizia e la concessione alla diffusione, in tal modo evidenziando il necessario collegamento fra i due elementi; l’impostazione del legislatore nazionale non appare in contrasto con la normativa comunitaria in quanto la concentrazione delle autorizzazioni è suggerita dalla necessità di autorizzare la realizzazione di impianti impattanti quali quelli di radiodiffusione senza la certezza del loro utilizzo, in tal modo evitando, inoltre, di condizionare la libertà di trasmissione dei concessionari alle pretese di soggetti terzi, proprietari degli impianti stessi.
 
5. Con il quarto motivo l’appellante censura l’interpretazione restrittiva dell’art 16 legge 223/1990, già censurata nei primi motivi di impugnazione, sotto l’ulteriore profilo del contrasto con gli artt. 3, 10 e 82 del Trattato UE che istituzionalizzano quali fini della Unione Europea la garanzia della concorrenza e l’eliminazione di posizioni dominanti sui mercati. L’appellante in subordine alle argomentazioni appena svolte propone istanza di rimessione alla Corte di Giustizia della questione relativa alla compatibilità della disposizione, intesa nel senso affermato dai primi giudici, con il trattato istitutivo dell’Unione Europea.
 
Facendo seguito alle considerazioni già svolte precedentemente, l’appellante sostiene che la configurazione in via interpretativa della correlazione obbligatoria tra concessione al servizio di radiodiffusione e concessione all’installazione degli impianti creerebbe una distorsione del mercato mediante il riconoscimento di posizioni dominanti nel settore della costruzione di impianti di radiodiffusione.
 
Al riguardo il Collegio ribadisce che, come già osservato, l’interpretazione letterale e sistematica esclude qualsiasi lettura della disposizione diversa da quella affermata in precedenza non potendo rimettere l’attività edificatoria di impianti di radiodiffusione a un regime di mera attività edilizia. Le considerazioni svolte in relazione al terzo motivo di ricorso sono qui riproponibili: anche la normativa comunitaria in materia di comunicazioni elettroniche così come recepita dal legislatore nazionale subordina comunque l’attività di installazione – e più in generale di fornitura – di reti elettroniche a un regime autorizzatorio peculiare e specifico del sistema cui accede l’inerente attività edilizia (art 25 D. Lgs. 259/2003 in materia di autorizzazione generale per le reti e i servizi di comunicazione elettronica).
 
La normativa nazionale, quindi, ha coordinato l’interesse alla realizzazione degli impianti di radiodiffusione con gli altri interessi implicati.
 
Atteso che la normativa comunitaria non impone affatto la considerazione esclusiva di quest’ultimo interesse, la suddetta questione si appalesa superflua.
 
6. Con il quinto motivo l’appellante sostiene l’illegittimità costituzionale dell’art 16 legge 223 del 1990 per violazione degli art 3, 21 e 41 della Costituzione. Ad avviso dell’appellante la contestata interpretazione dell’art 16 comporterebbe una lesione della libertà di iniziativa economica privata nella forma di una discriminazione nei confronti dei soggetti operanti nel settore edilizio ma non concessionari di titoli all’esercizio dell’attività di radiodiffusione.
 
Ad avviso del Collegio, la disciplina del settore necessariamente si appalesa quale punto di contemperamento dei vari interessi coinvolti. L’attività di radiodiffusione, attività economica apprezzabile e sottratta negli anni alla prevalente posizione del gestore esercente pubblico, coinvolge interessi che vanno dalla libera iniziativa economica alla garanzia di pluralismo dell’informazione e comunicazione, dalla regolamentazione urbanistica di impianti e reti alla valutazione dell’impatto paesaggistico e sulla salute dei cittadini. Alla luce degli interessi coinvolti non appare irragionevole (art 41 terzo comma Cost.) l’opzione del legislatore di subordinare l’attività di costruzione di impianti di radiodiffusione a un regime concessorio peculiare al fine di un regolamentato sviluppo ed esercizio del servizio stesso, nel presupposto che una differente disciplina sarebbe foriera di distorsioni del mercato e del più generale servizio di comunicazione/informazione.
 
Anche l’ultima doglianza, deve, in conclusione, essere respinta.
 
7. L’appello deve, conseguentemente, essere respinto.
 
In considerazione della complessità della controversia sussistono giusti motivi per compensare integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti.
 
P.Q.M.
 
il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.
 
Compensa integralmente spese ed onorari del giudizio fra le parti costituite.
 
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
 
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2009 con l’intervento dei Signori:
 
Giuseppe Barbagallo, Presidente
Roberto Garofoli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere, Estensore
Claudio Contessa, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
 
L’ESTENSORE
 
IL PRESIDENTE
 
Il Segretario
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/03/2010

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