CdS: parere su principio di reciprocità in tema di attribuzione dei diritti d’uso delle frequenze radio da destinare ad attività di diffusione televisiva

Ecco il testo del parere reso dal Consiglio di Stato al quesito posto dal MSE-Com sulla partecipazione di Sky alla gara per l’assegnazione delle frequenze del cd. dividendo interno.

 
Numero 00872/2011 e data 25/02/2011
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
Consiglio di Stato
 
Commissione Speciale del 10 febbraio 2011
 
NUMERO AFFARE 05365/2010
 
OGGETTO:
 
Ministero dello sviluppo economico – ufficio legislativo.
 
Quesito relativo al principio di reciprocità in tema di attribuzione dei diritti d’uso delle frequenze radio da destinare ad attività di diffusione televisiva
 
LA SEZIONE
 
Vista la relazione 26840 del 07/12/2010 con la quale il Ministero dello sviluppo economico – ufficio legislativo ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’ affare consultivo in oggetto;
 
Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Consigliere Giancarlo Montedoro;
 
Premesso:
 
Con nota in data 7 dicembre 2010, l’Ufficio Legislativo del Ministero dello sviluppo economico faceva pervenire al Consiglio di Stato una richiesta di parere in ordine all’applicazione del principio di reciprocità ( art. 16 delle disp. prel. cod. civ. ) in tema di attribuzione dei diritti d’uso delle frequenze radio da destinare ad attività di diffusione televisiva.
 
In detta nota si precisava che “sono attualmente in corso di definizione le procedure per l’assegnazione delle frequenze disponibili in banda televisiva per sistemi di radiodiffusione digitale terrestre ( delibere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 181/09/CONS del 7 aprile 2009; 487/10/CONS del 23 settembre 2010).
 
Ai fini del corretto esercizio dei poteri autorizzatori in materia di attribuzione dei diritti di uso delle frequenze radio in questione, questo Ministero ha necessità di definire l’esatta portata del principio di reciprocità di cui all’art. 16 delle disposizioni sulla legge in generale, nonché all’art.25 del decreto legislativo 1 agosto 2003 n. 259, recante codice delle comunicazioni elettroniche.
 
Siccome l’esame della materia in questione coinvolge profili di particolare delicatezza e complessità tecnico-giuridica e può laddove non correttamente impostato, dare origine ad esiti contenziosi, si ritiene opportuno acquisire il preventivo, qualificato avviso di un Alto Organo consultivo nazionale.
 
In tale prospettiva, può essere opportuno ricordare che nel settore della diffusione di contenuti televisivi su frequenze terrestri è frequente che gli ordinamenti giuridici nazionali ( anche di Paesi extra UE ) prevedano disposizioni che inibiscono o comunque limitano investimenti di soggetti esteri o, in ogni caso, di società controllate da soggetti di nazionalità o cittadinanza estera.
 
Conseguentemente, qualora un investitore italiano o di un altro Paese dell’UE volesse acquisire partecipazioni significative o di controllo in società che svolgono attività di diffusione televisiva su frequenze terrestri in Paesi extraeuropei, potrebbe trovarsi dinanzi a restrizioni derivanti da tali normative o dal modo in cui le stesse vengono applicate dalle competenti autorità amministrative.
 
In questo contesto le clausole di reciprocità garantiscono un’ effettiva equiparazione della posizione giuridica del soggetto nazionale a quello straniero e viceversa e condizione di parità di trattamento nei due diversi ordinamenti.
 
Tenuto conto di quanto precede, anche in vista della prossima attribuzione di diritti d’uso risultanti dalla digitalizzazione delle reti televisive analogiche, occorre stabilire se – coerentemente con quanto già espressamente previsto con riferimento al regime delle concessioni radiotelevisive private dall’art. 3 , comma 2, della legge 31 luglio 1997 n. 249, recante Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisive – i diritti di uso delle frequenze radio d destinare ad attività di diffusione televisiva in tecnica digitale possano essere attribuiti :
 
alle sole società costituite conformante alla legislazione italiana ovvero di uno Stato appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo;
 
e, fermo restando che qualora le società di cui al precedente trattino siano in ultima istanza controllate da soggetti aventi cittadinanza o nazionalità di Stati non appartenenti all’Unione europea o allo Spazio economico europeo, l’attribuzione del diritto d’uso è , sì , consentita, ma sul presupposto essenziale che detti Stati pratichino nei confronti dell’Italia un trattamento di effettiva reciprocità.
 
In pari data il Presidente della Terza Sezione del Consiglio di Stato chiedeva osservazioni in merito al quesito al Ministero degli Affari esteri ed all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
 
Il Ministero per gli affari esteri Unità per il contenzioso diplomatico e dei Trattati rispondeva ricostruendo il quadro normativo di riferimento con nota del 16 dicembre 2010.
 
A giudizio del Dicastero degli esteri l’assegnazione delle frequenze da destinare ad attività di diffusione televisiva trova le proprie fonti normative a tre livelli : nel diritto internazionale, nell’ordinamento dell’UE e nella legislazione interna.
 
Con riferimento al primo livello, nota il Ministero degli Esteri che in seguito ai negoziati del Post-Uruguay round ( 1994-1997) gli Stati membri dell’Organizzazione mondiale per il commercio hanno adottato il Quarto protocollo annesso al General Agreement on Trade and Services ( GATS ) avente ad oggetto i “servizi di telecomunicazione di base” nel quadro di una tendenza alla generale liberalizzazione a livello globale dei servizi.
 
Ulteriori norme sono contenute nel Reference Paper, un insieme di principi giuridicamente vincolanti per i Paesi OMC che lo hanno accettato, aggiungendolo in tutto od in parte, ai propri impegni GATS, l’UE che ha seguito i negoziati ha lasciato ai singoli Stati membri la possibilità di apporre eccezioni ad hoc per quanto concerne il settore audiovisivo.
 
Il diritto comunitario ha un quadro giuridico di riferimento costituito dalla direttiva 2009/140 CE il cui termine per il recepimento interno è il 26 maggio 2011. In tale direttiva, così come nelle precedenti 2002/21 /CE e 2002/20/CE viene lasciata una notevole autonomia regolamentare agli Stati membri : manca una regolamentazione stringente dei diritti di uso dello spettro radio, venendo solo definite le finalità generali di garantire il coordinamento, la disponibilità e l’suo efficiente dello spettro radio per l’istituzione ed il funzionamento del mercato interno, in vista del raggiungimento degli obiettivi dell’Unione.
 
La direttiva ha vigore esclusivamente nei rapporti tra gli Stati membri dell’UE ed in essa non è presente alcun riferimento al principio di reciprocità nei confronti di Stati terzi.
 
Sul piano dell’ordinamento interno la materia è disciplinata dal d.lgs. n. 259 del 2003 ( codice delle comunicazioni elettroniche ) che ai sensi del Capo II assoggetta l’attività di forniture di reti o servizi di comunicazione elettronica ad un regime di autorizzazione generale, ed, all’art. 25, delinea una bipartizione tra gli operatori italiani o UE e quelli di Paesi terzi, ritenendo applicabile a questi ultimi il regime autorizzatorio solo ove l’ordinamento di appartenenza preveda per le imprese italiane o UE condizioni di piena reciprocità.
 
La piena reciprocità – secondo la prospettazione del Dicastero degli esteri – comporta un confronto punto per punto fra le discipline dei diversi ordinamenti, mentre l’art. 16 delle preleggi prevede una condizione di reciprocità generale , che si accontenta della presenza nell’ordinamento estero di analoghi istituti di carattere non discriminatorio.
 
Giova altresì ricordare che in data 31 agosto 2010 il MAE attraverso contatti con il Dipartimento di Stato, il Dipartimento della Giustizia e la Federal Communications commission aveva accertato e comunicato al MISE che negli Stati Uniti la Federal Communications commission è l’Autorità competente al rilascio di licenze per la fornitura di reti e servizi di comunicazione radiotelevisiva.
 
Inoltre aveva accertato che la disciplina statunitense è contenuta nella Sezione 310 del Communications Act del 1934 che vieta ad un Governo straniero ad un ente o società di capitali straniera di possedere una licenza radiotelevisiva o di possedere più del 20% del capitale azionario di un società american a detentrice di una licenza o più del 25 % della quota di controllo di un’azienda che detiene la licenza, anche se quote più elevate sono autorizzabili dalla FCC.
 
In data 17 dicembre 2010 l’Ufficio Legislativo del Ministero degli affari esteri faceva pervenire le proprie osservazioni.
 
In primo luogo l’Ufficio Legislativo del MAE riteneva che l’art. 16 delle preleggi non fosse stato superato dalla Costituzione.
 
Poi procedeva , ai fini della risposta puntuale al quesito in materia di principio di reciprocità e frequenze radio, alla ricostruzione storica della disciplina in materia di appalti pubblici fino all’art. 47 del d.lgs. n. 163 del 2006 che prevede la condizione di reciprocità con certi limiti, con norma dettata per la sola materia degli appalti di lavori pubblici, ma ritenuta estensibile dalla giurisprudenza amministrativa di primo grado, per analogia legis, anche agli appalti di forniture e servizi.
 
Concludeva l’Ufficio legislativo del Dicastero che l’art. 25 del d.lgs. n. 259 del 2003 “sembra ricalcare” la previsione di cui all’art. 47 in materia di clausola di reciprocità.
 
Con nota del 14 dicembre del 2010 l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ricostruiva il quadro normativo speciale nella materia radiotelevisiva, notando che, in materia di televisione digitale terrestre la legge attribuisce rilievo al solo requisito dello stabilimento, sia per ciò che attiene l’attività di fornitore di contenuti, sia per ciò che attiene l’attività di fornitore di rete, non consentendo quindi limitazioni nei confronti di società controllanti le società di diritto italiano operanti nel settore ( delibera AGCOM 451/01 / Cons ).
 
Quanto poi all’art. 25 del codice delle comunicazioni elettroniche, ritiene l’Autorità che vada distinta la nazionalità dell’impresa da quella del soggetto controllante, che non viene menzionato nella disposizione che pur prevede il principio di piena reciprocità.
 
Con parere interlocutorio reso nell’adunanza del 20 dicembre 2010 n. 5591 del 2010, il Consiglio di Stato Sezione Terza, chiedeva al Dicastero dello Sviluppo economico di chiarire :
 
se, a seguito delle osservazioni formulate dalle richiamate amministrazioni potessero dirsi sciolti i dubbi operativi che avevano indotto a formulare l’iniziale richiesta di parere ;
 
( in caso negativo ) di riformulare il quesito “tenendo conto delle osservazioni pervenute e puntualizzando specificamente gli aspetti che si ritengono problematici;
 
in ogni caso assumendo in relazione a ciascun aspetto in esame un’argomentata posizione in merito alla possibile soluzione, in modo tale che il parere del Consiglio di Stato sia espresso con piena cognizione di causa.
 
Con nota pervenuta il 18 gennaio 2011 il Dicastero dello sviluppo economico ricostruiva il quadro normativo specifico al fine di meglio delimitare il thema decidendum.
 
Specificava il Dicastero per lo sviluppo economico che la questione riguarda la definizione delle procedure e dei criteri per l’assegnazione delle frequenze disponibili in banda televisiva per sistemi di radiodiffusione digitale terrestre, ossia per l’assegnazione delle cinque reti nazionali ( oltre un’eventuale rete DVB-H ) che si renderanno disponibili a seguito del definitivo passaggio al sistema del digitale terrestre ( cd. dividendo digitale ).
 
Ricorda il Dicastero richiedente che :
 
l’art. 1 comma 6, sub c ) , n. 6 della legge n. 249 del 1997 prevede che il Consiglio dell’AGCOM propone al MISE i disciplinari per il rilascio delle concessioni e delle autorizzazioni in materia radiotelevisiva, sulla base dei regolamenti approvati dallo stesso Consiglio.
 
l’art. 29 , comma 1, del codice delle comunicazioni elettroniche ( d,lgs. n. 259 del 2003 ) stabilisce che , quando debba valutare l’opportunità di limitare il numero dei diritti d’uso da concedere per le frequenze radio l’AGCOM stabilisce procedure basate su criteri di selezione, obiettivi, trasparenti proporzionati e non discriminatori.
 
L’art.29, comma 3 della medesima legge, stabilisce poi che “ qualora sia necessario concedere in numero limitato i diritti individuali di uso delle frequenze radio, il Ministero invita a presentare domanda per la concessione dei diritti di uso e ne effettua l’assegnazione in base a procedure stabilite dall’Autorità. Tali criteri di selezione devono tenere in adeguata considerazione gli obiettivi di cui all’art. 13.
 
In base a tale quadro normativo l’AGCOM , con delibera n. 181/09/CONS del 7 aprile 2009, ha fissato i criteri per la completa digitalizzazione delle reti televisive terrestri, ribadendo ( allegato A punto 9) il riparto di competenze fra l’Autorità cui spetta il compito di adottare le procedure per l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze radiotelevisive ed il Ministero cui spetta il compito di adottare i relativi provvedimenti attuativi quali il bando ed il disciplinare di gara per l’assegnazione dei richiamati diritti di uso.
 
Fra i criteri in questione figura un criterio specifico in tema di partecipazione alle gare, che così recita : la partecipazione alla gara per l’assegnazione dei diritti di uso, è consentita a qualsiasi impresa stabilita nello SEE in possesso dell’autorizzazione generale di operatore di rete televisivo ai sensi dell’art. 25 del codice delle comunicazioni elettroniche, cui il nuovo articolo d15 del d.lgs. n. 177 del 2005 rinvia ( delibera AGCOM 181/2009 /CONS del 7 aprile del 2009 ) .
 
Il contenuto della delibera da ultimo richiamata è stato – in qualche misura – “legificato” dall’art. 8 novies comma 4, del d.l. 8 aprile 2008 n. 59 conv, in l. 6 giungo 2008 n. 101 come modificato dall’art. 45 comma 1 della legge 7 luglio 2009 n. 88.
 
Detta disposizione recita : “ nel corso della progressiva attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive in tecnica digitale terrestre… i diritti di uso delle frequenze per l’esercizio delle reti televisive digitali saranno assegnati, in conformità ai criteri di cui alla deliberazione n. 181/09 /CONS dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni del 7 aprile 2009… nel rispetto dei principi stabiliti dl diritto comunitario , basate su criteri obiettivi, proporzionati, trasparenti e non discriminatori.”
 
Con la successiva deliberazione 497/10/CONS del 23 settembre 2010 , l’AGCOM ha fissato le procedure per l’assegnazione delle frequenze disponibili in bada televisiva per sistemi di radiodiffusione digitale terrestre e misure atte a garantire condizioni di effettiva concorrenza.
 
Il Capo IV dell’allegato A alla delibera in questione, nel definire le procedure di assegnazione, include un articolo 6 ( “Presentazione della domanda” ), che fa riferimento all’impresa stabilita nell’UE.
 
In sostanza il Ministero ritiene sia opportuno inserire nel bando e nel disciplinare di gara una previsione la quale, pur non negando la valenza di principio del c.d. principio di stabilimento, trasfuso nelle citate delibere AGCOM vi apporti un temperamento fondato sul principio di reciprocità al fine di salvaguardare in modo sostanziale ed effettivo il principio di pluralismo dell’informazione e di tutelare (secondo un principio di parità di trattamento a livello transnazionale ) il valore della diversità culturale europea.
 
In particolare il MISE intende prevedere in sede di bando che i diritti di uso delle frequenze radio da destinare ad attività di diffusione televisiva in tecnica digitale possano essere attribuiti :
 
alle sole società costituite conformemente alla legislazione italiana ovvero di uno Stato appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo;
 
e fermo restando che qualora le società di cui al precedente trattino siano in utlima istanza controllate da soggetti aventi cittadinanza o nazionalità di Stati non appartenenti all’Unione europea o allo Spazio economico europeo, l’attribuzione del diritto di uso è, sì, consentita, ma sul presupposto essenziale che detti Stati pratichino nei confronti dell’Italia un trattamento di effettiva reciprocità.
 
Ciò anche al fine di evitare squilibri nei rapporti con ordinamenti stranieri – come quello statunitense – che stabiliscono importanti divieti per gli investitori stranieri nel settore delle telecomunicazioni.
 
In particolare il MISE domanda se tale possibilità :
 
a) sia consentita in base al riparto di competenze fra AGCOM e MISE ai sensi degli artt. 1 e 3 della legge n. 249 del 1997 , dell’art. 29 della legge n. 259 del 2003 e dell’art. 8 novies del d.l n. 59 del 2008.
 
b) se ( dal punto di vista sostanziale ) sia consentita dal diritto nazionale e comunitario.
 
Con decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 20 gennaio 2011, l’affare era devoluto all’esame di una Commissione speciale per la sua particolare complessità.
 
Con nota del 24 gennaio 2011 dell’AGCOM 0003262 veniva trasmessa la copia della decisione della Commissione del 20 luglio 2010 sul caso SKY Italia, del quale l’Autorità aveva tenuto conto nello stabilire le procedure di gara del c.d. beauty contest ( gara per l’assegnazione del dividendo digitale ).
 
Considerato:
 
1.Va in primo luogo ricostruito il quadro normativo e disciplinare che regola la materia del passaggio dalla televisione analogica a quella digitale terrestre.
 
1.1. In particolare,in materia di passaggio al digitale terrestre, la prima fonte normativa va rinvenuta nell’art. 2 bis del d.l. 23 gennaio 2001 n. 5 conv. in legge n. 66 del 2001, che , al comma 7, ha previsto che le licenze e le autorizzazioni per la diffusione di trasmissioni televisive in tecnica digitale, sulla base dei piani nazionali di assegnazione delle frequenze , sono rilasciate dal Ministero, nel rispetto delle condizioni definite in un regolamento , adottato dall’Autorità sulla base dei principi e criteri direttivi previsti dalla stessa legge, tra cui lett. a ) la distinzione fra soggetti che forniscono contenuti e soggetti che provvedono alla diffusione, con individuazione delle rispettive responsabilità, anche in relazione alla diffusione dei dati, e previsione del regime della licenza individuale per i soggetti che provvedono alla diffusione.
 
1.2 Il regolamento previsto dalla legge n. 66 del 2001 (rectius : dall’ art 2bis comma 7 del d.l. n. 5 del 2001 conv. in l. n. 66 del 2001 ) è stato approvato con la delibera n. 435 del 2001 /CONS .
 
Quanto alle autorizzazioni per la fornitura dei programmi televisivi, l’Autorità ha stabilito , all’art. 2 della citata delibera n. 435 del 2001 /CONS che essa sia di competenza del Ministero ma ha anche stabilito che sia un’autorizzazione “a carattere comunitario” ( art. 2 comma 2, del citato regolamento ) e che sia rilasciata sulla base delle norme del presente regolamento. Inoltre ( al comma 3 ) ha individuato i soggetti legittimati a presentare domanda per ottenere detta autorizzazione facendo riferimento a “soggetti che abbiano la propria sede legale in Italia ovvero in uno Stato dello Spazio economico europeo ( SEE ) ; con ciò dando rilievo alla libertà di stabilimento tutelata dai Trattati comunitari.
 
1.3 Lo stesso regolamento ha poi precisato che “il rilascio di autorizzazione a soggetti che non abbiano la propria sede in Italia ovvero in uno Stato dello Spazio economico europeo , è consentito a condizione che lo Stato ove il soggetto richiedente ha la propria sede legale pratichi un trattamento di effettiva reciprocità nei confronti di soggetti italiani”.
 
1.4 Per gli operatori di rete provvede l’art. 14, comma 1, della delibera n. 435/2001 /CONS che recita : “Possono presentare domanda per il rilascio di licenza di operatore di rete per blocchi di diffusione televisivi in ambito nazionale o locale i soggetti di cittadinanza o nazionalità di uno degli Stati membri dell’Unione Europea o dello Spazio economico europeo ( SEE ). Il rilascio di licenza a società di capitali che non abbiano la propria sede in Italia, ovvero in uno Stato dello Spazio economico europeo, è consentito a condizione che lo Stato ove il soggetto richiedente ha la proprie sede legale pratichi un trattamento di effettiva reciprocità nei confronti di soggetti italiani. Sono salve in ogni caso le disposizioni contenute negli accordi internazionali.”
 
1.5 Anche in questo caso si dà rilievo al diritto comunitario, alla libertà di stabilimento, al criterio della sede legale.
 
1.6 Ulteriori disposti normativi rilevanti sono gli artt. 24 e 25 della legge 3 maggio 2004 n. 112 che disciplinavano , rispettivamente, la fase di avvio delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale che demandava all’Autorità di garantire il principio del pluralismo e , più specificamente , di prevedere procedure e termini per la presentazione delle domande e per il rilascio delle licenze e delle autorizzazioni per l’esercizio della radiodiffusione sonora in tecnica digitale e l’accellerazione ed agevolazione della conversione alla trasmissione in tecnica digitale .
 
1.7 L’art. 3 della delibera 26 novembre 2009 n. 664/09/CONS , dettato in esecuzione dell’art. 24 della legge n. 112 del 2004, conferisce sempre rilievo alla sede legale in Italia o nello Spazio Economico Europeo ( SEE ), ossia il principio di libertà di stabilimento .
 
1.8 La transizione al digitale terrestre nel settore radiotelevisivo avveniva con modalità diverse e più complesse, ed, in un primo tempo, la licenza individuale poteva essere richiesta solo da soggetti già attivi nel settore delle reti televisive analogiche che acquistassero impianti o rami d’azienda per l’esercizio di reti digitali terrestri o riconvertissero le reti analogiche in reti digitali ( in una sorta di congelamento dell’esistente volto anche a garantire la “conversione” delle reti analogiche esistenti in reti digitali ).
 
1.9 Nel frattempo, in sede comunitaria, si apriva la procedura d’infrazione n. 2005/5086 contro l’Italia, per la situazione del sistema radiotelevisivo, nel cui contesto l’Autorità per le comunicazioni adottava i nuovi criteri per l’implementazione della distribuzione delle frequenze del digitale terrestre ossia la delibera n. 181 /09/CONS ( vedasi decisione della Commissione del 20/7/2010 paragrafo 2 “I fatti” punto 9 ).
 
1.10 Successivamente, con d.l. 8 aprile 2008 n. 59 conv. in l. n. 101 del 2008, all’art. 8 novies , recante disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, al fine di rispondere al parere motivato di cui alla procedura d’infrazione n. 2005/5086 , si poneva fine al regime transitorio di congelamento e conversione ( art. 8 novies, comma 2 , ultimo inciso, del d.l. n. 59 del 2008) si sottoponeva l’attività di operatore di rete su frequenze terrestri in tecnica digitale al regime dell’autorizzazione generale di cui all’art. 25 del codice delle comunicazioni elettroniche ( d.lgs. n. 259 del 2003 ) , nel rispetto delle direttive comunitarie in materia.
 
1.11 Ancora assuccessivamente con l’art. 45 , comma 1 della legge 7 luglio 2009 n. 88 si legificava la delibera n. 181/09/CONS prevedendo che l’assegnazione dei diritti di uso delle frequenze per l’esercizio delle reti televisive digitali saranno assegnate in conformità ai criteri di cui alla deliberazione n. 181/09 /CONS prima citata e nel rispetto dei principi stabiliti dal diritto comunitario, basati su criteri obiettivi, proporzionati, trasparenti e non discriminatori.
 
1.12 L’art. 25 del codice delle comunicazioni elettroniche prevede che l’attività di fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica sia libera, salve le eventuali limitazioni introdotte da disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini e le imprese di Paesi non appartenenti all’Unione Europea o allo Spazio Economico Europeo o che siano giustificate da esigenze della difesa o della sicurezza dello Stato e della sanità pubblica, compatibilmente con le esigenze della tutela dell’ambiente e della protezione civile, poste da specifiche disposizioni ivi comprese quelle vigenti alla data di entrata in vigore del codice.
 
1.13 Inoltre la stessa norma ( art. 25, comma 2, del codice delle comunicazioni elettroniche ) prevede, con dettato rilevante nel caso di specie, che : “le disposizioni del presente capo si applicano anche ai cittadini o imprese di Paesi non appartenenti all’Unione Europea, nel caso in cui lo Stato di appartenenza applichi, nelle materia disciplinate dal presente titolo, condizioni di piena reciprocità. Rimane salvo quanto previsto da Trattati internazionali cui l’Italia aderisce o da specifiche convenzioni”.
 
1.14 In sostanza il codice delle comunicazioni elettroniche prevede un’ipotesi specifica di reciprocità, legata al requisito formale della nazionalità dell’impresa e non alle condizioni di controllo delle imprese.
 
1.15 Va anche ricordato che l’originario testo dell’art. 8 novies del d.l. n. 59 del 2008, prima della modificazione apportata dalla legge n. 88 del 2009, (“legificante” la delibera n. 181/09/CONS ) , demandava all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il potere di definire le “procedure” in base alle quali procedere all’assegnazione dei diritti di uso delle frequenze di cui all’art. 15 del d.lgs. 31 luglio 2005 n. 177 , adattando e modificando la propria precedente delibera 603/207/CONS relativa alla definizione dello switch off provvisorio per la Regione Sardegna
 
2. Così ricostruito il quadro normativo , a questo punto può essere data risposta al quesito relativo alle competenze di AGCOM e MISE nella predisposizione degli atti di gara e delle relative potestà discrezionali, ritenendo il Ministero, in particolare, di non avere un ruolo meramente esecutivo nella redazione del bando e del disciplinare di gara ma di potere introdurre criteri ulteriori rispetto a quelli individuati dall’Autorità nelle proprie delibere n. 181 /09/CONS del 7 aprile 2009 ( recante approvazione dei Criteri per la completa digitalizzazione delle reti televisive terrestri ) e n. 497/10/CONS del 23 settembre 2010 ( recante approvazione delle procedure per l’assegnazione delle frequenze disponibili in banda televisiva per sistemi di radiodiffusione digitale terrestre e misure atte a garantire condizioni di effettiva concorrenza ) , in base ad un potere integrativo-attuativo che può desumersi dal sistema.
 
2.1 Per esaminare a fondo tale problematica non si può prescindere dall’inquadramento sistematico del ruolo dell’Autorità rispetto alla struttura ministeriale, connotata dalla presenza di un vertice politico ( art. 95 Cost. ); occorre quindi stabilire le coordinate del rapporto fra politica e tecnica nel fenomeno delle amministrazioni indipendenti.
 
2.2 Le autorità indipendenti, come è noto, sono organizzazioni titolari di poteri pubblici che si caratterizzano per un grado notevole di indipendenza dal potere politico, esercitando funzioni neutrali nell’ordinamento giuridico, specie in delicati settori economici, mediante l’utilizzazione di elevate competenze tecniche.
 
2.3 In sostanza le autorità indipendenti hanno funzioni di regolazione di determinati settori della vita economica mediante attribuzione di poteri normativi, amministrativi e giustiziali.
 
2.4 Esperienza tecnica e neutralità pongono i settori economici regolati al riparo da inframettenze politiche, tutte le volte che il legislatore decida di istituire un regolatore riconducibile al genus dell’amministrazione indipendente.
 
2.5 Sul piano costituzionale con il fenomeno delle amministrazioni indipendenti si verifica una scissione fra amministrazione soggetta a guida del vertice politico ( art. 95 Cost. ) ed amministrazione intesa in senso oggettivo e neutrale ( art.97 Cost. ).
 
2.6 Le amministrazioni indipendenti , ovviamente, rientrano in quest’ultima specie, potendosi qualificare soggettività amministrative titolari di funzioni pubbliche in senso oggettivo e neutrale.
 
Giova considerare che l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, istituita dall’art. 1 della legge n. 249 del 1997, è un’Autorità indipendente , dotata ormai di piena “copertura comunitaria” , nel senso che le direttive in materia di comunicazioni elettroniche impongono e legittimano la presenza di un regolatore nel settore delle comunicazioni elettroniche.
 
2.7 L’istituzione dell’Autorità predetta ha comportato l’attribuzione ad essa di funzioni di regolazione e vigilanza nel settore delle comunicazioni.
 
2.8 Naturalmente nel rapporto politica –tecnica la presenza del regolatore determina che a quest’ultimo, in linea di massima, spetta la conformazione del mercato mediante l’esercizio della funzione di regolazione.
 
2.9 Ciò al fine di evitare che il mercato sia definito secondo criteri mutevoli, soggetti al variare degli orientamenti delle maggioranze politiche.
 
2.10 Per questo motivo l’art. 1 comma 1 della legge n. 249 del 1997 prevede che l’Autorità operi in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione.
 
2.11 L’art. 1 comma 6 della legge istitutiva prevede poi le competenze dell’Autorità, che possono riassumersi nella regolazione e vigilanza del settore, fra di esse, alla lettera c) n. 6, che disciplina le competenze del consiglio, è previsto che esso proponga al Ministero i disciplinari per il rilascio delle concessioni e delle autorizzazioni in materia radiotelevisiva, sulla base dei regolamenti approvati dallo stesso consiglio.
 
2-12 Il codice delle comunicazioni elettroniche poi , all’art. 29 comma 1 lett. d), prevede che l’Autorità stabilisca procedure basate su criteri di selezione obiettivi, trasparenti, proporzionati e non discriminatori , quando debba valutare l’opportunità di limitare il numero dei diritti di uso da concedere per le frequenze radio.
 
2.13 Tale originaria previsione era chiara quanto al riparto delle competenze, all’Autorità spetta definire le “procedure” al Ministero spetta rilasciare la concessione per i diritti di uso.
 
2.14 Sulla base del disposto originario dell’art. 29 , puntualmente confermato dall’art. 8 novies prima citato ( che demanda all’Autorità la competenza in materia di fissazione delle procedure di gara), l’Autorità ha adottato la deliberazione n. 181/09/CONS che, all’allegato 1 punto 8, prevede,circa la partecipazione alla gara per l’assegnazione del c.d. dividendo digitale, che “sulla base del quadro normativo vigente essa è consentita a qualsiasi impresa stabilita nello SSE in possesso dell’autorizzazione generale di operatore di rete televisivo ai sensi dell’art . 25 del codice delle comunicazioni elettroniche, cui il nuovo articolo 15 del decreto legislativo n. 177 del 2005 rinvia.”
 
2.15 La delibera n. 181/09/CONS, come si è detto, è stata “legificata” dall’art. 8 novies comma 4 come modificato dalla legge n. 88 del 2009, con il risultato di legificare anche l’allegato 1 punto 8 della delibera predetta .
 
2.16 Con successiva delibera 497/10/CONS venivano definite le procedure per l’assegnazione delle frequenze disponibili in banda televisiva per sistemi di radiodiffusione digitale terrestre e misure atte a garantire condizioni di effettiva concorrenza, prevedendosi ,all’art 6 dell’allegato A della citata delibera, che la presentazione della domanda alla gara sia consentita a “qualsiasi impresa stabilita nella SEE …” con definitivo rilievo dato al principio della libertà di stabilimento.
 
2.17 Ritiene la Sezione, a fronte del quadro giuridico così ricostruito, che non possa riconoscersi alcun potere integrativo attuativo del Ministero dello Sviluppo economico, nella redazione del bando e del disciplinare di gara, in ordine ai soggetti legittimati a presentare domanda, individuati dall’Autorità in relazione al principio comunitario della libertà di stabilimento, al di fuori del quale può operare la verifica di piena reciprocità ammissibile solo per soggetti ( persone giuridiche ) di nazionalità straniera e non per soggetti di diritto italiano controllati da società estere.
 
2.18 In particolare poi tale potere integrativo ed attuativo, come ipotizzato dal Dicastero richiedente, si tradurrebbe in un temperamento sostanzialmente riduttivo delle possibilità di partecipazione alla gara comunitaria, quale definite dall’Autorità, che si vorrebbe legittimato dalla condizione di reciprocità.
 
2.19 Ciò risulterebbe distonico rispetto ai principi di separazione fra politica e tecnica, insiti nell’adozione del modulo organizzativo dell’Amministrazione indipendente, volti a garantire la conformazione neutrale del mercato e ad evitare inframettenze politiche nelle gare pubbliche e nelle procedure selettive.
 
2.20 Né vale richiamare la natura di principio delle decisioni dell’Autorità; la non irragionevolezza delle limitazioni indicate dal Dicastero in ragione dell’operatività della condizione di reciprocità, la possibilità generale delle amministrazioni di introdurre requisiti più rigorosi rispetto a quelli previsti dalla legge.
 
2.21 Infatti l’Autorità nella specie non ha fissato solo principi ma ha definito con precisione, nell’esercizio dei suoi poteri regolatori, il quadro giuridico per la partecipazione alla gara ( c.d. beauty contest ) per l’assegnazione delle frequenze ( arrivando anche a disciplinare i soggetti e le modalità di presentazione della domanda ).
 
2.22 La definizione è avvenuta con riferimento alla nozione di impresa comunitaria, individuata in relazione all’avvenuto esercizio della libertà di stabilimento nello spazio economico europeo, inteso come spazio aperto, a certe condizioni, agli investimenti esteri.
 
2.23 Rispetto a tale nozione, indifferente all’ esistenza di situazioni di controllo, quali quelle rappresentate dal Dicastero, non sono ammesse limitazioni volte a rimettere in discussione la nazionalità di un’impresa stabilitasi nello spazio economico europeo.
 
2.24 Né si tratta di introdurre ulteriori requisiti più rigorosi in uno spazio non definito da una disciplina legge o da atti di regolazione, trattandosi , nella specie, di “temperare” , secondo quanto rilevato dallo stesso Ministero ( nota 18/1/2011 pag. 7) , la valenza di principio del c.d. principio di stabilimento. Sennonché il principio di stabilimento non è un principio ma una libertà fondamentale protetta dal Trattato e, quindi, è fonte di precise posizioni giuridiche soggettive che, alle condizioni stabilite, non ammettono temperamenti in forza di previsioni di legge nazionale, per cui , in definitiva, il supposto “temperamento” di un principio si risolverebbe in un’ obiettiva deroga alla normativa europea sull’impresa e le gare pubbliche .
 
2.25 Il quadro giuridico definito dall’Autorità, con piena indipendenza ed autonomia , è stato poi costruito nell’ambito della procedura di infrazione n. 2005/5086, sottoposto alla Commissione europea, validato da essa, che aveva dubitato nel proprio parere motivato del 18 luglio 2007 circa la conformità di alcune norme in materia televisiva previste dalla legge n. 66 del 2001, dalla legge n. 112 del 2004, e dal decreto legislativo n. 177 del 2005 in relazione alle direttive quadro 2002/21/ CE , autorizzazioni 2002/20/CE e concorrenza 2002/77/CE in materia di comunicazioni elettroniche.
 
2.26 Anche in considerazione dell’avvenuto confronto in sede comunitaria, si è avuta poi la legificazione, più volte richiamata, della delibera 181/09/CONS sicché un potere integrativo attuativo del genere, si tradurrebbe in obiettiva ed inammissibile deroga ad un preciso disposto di legge ormai da considerarsi originato da valutazioni rappresentate alla Commissione europea.
 
2.27 Tale confronto comunitario poi è costante – data la procedura d’infrazione relativa all’assetto del nostro sistema radiotelevisivo – e si consideri a titolo esemplificativo che la Commissione con propria decisione 20 luglio 2010 – di cui l’Autorità ha tenuto conto nella formulazione della delibera n. 427/09/CONS- modificato gli impegni allegati alla decisione della stessa Commissione del 2 aprile 2003 ( caso n. COMP/M 2876 ) con ciò legittimando SKY Italia a chiedere un’autorizzazione alle autorità italiane quale operatore di rete o servizi nel campo del digitale terrestre in deroga alla clausola 9.1 limitativa dell’operatività di Sky Italia, quale condizione di legittimità della concentrazione Newscorp – Telepiù -Stream operante nella televisione satellitare.
 
2.28 La revisione della clausola 9.1 è stata motivata con riferimento agli effetti positivi che la partecipazione di Sky Italia alla gara in esame potrebbe avere sulla concorrenza nel mercato televisivo ( punti 38-40 e 75 della decisione della Commissione ) oltre che con riferimento all’eccezionalità delle circostanze derivante dal passaggio al digitale terrestre ( punto 78 della decisione della Commissione ).
 
2.29 Vi è quindi una decisione della Commissione che riguarda una società italiana ( Sky Italia ) facente parte di un gruppo controllato da società straniere che ammette la partecipazione della stessa al beauty contest e, quindi, se ne deve desumere che la Commissione abbia dato rilievo al principio della libertà di stabilimento in modo che, allo stato ( la decisione è stata impugnata da imprese contro-interessate cfr. ricorso RTI and Elettronica industriale c. Commissione causa T-506 /10 ; ricorso Prima TV c. Commissione causa TI 504/10; ricorso TI Media Broadcasting e TI Media c. Commissione causa T 501/10 ), non può essere rimesso in discussione dal Dicastero.
 
2.30 In sintesi, in considerazione del quadro giuridico sopra ricostruito, non sussiste il potere del Dicastero di rivedere, in attuazione ed integrazione delle delibere dell’Autorità, all’atto della redazione del bando e del disciplinare di gara i requisiti di partecipazione alla gara fissati dalla stessa Autorità e “validati” dalla Commissione europea con gli atti richiamati.
 
2.31 Soccorrono altresì a conforto della conclusione raggiunta ulteriori argomentazioni di tipo esegetico e sistematico:
 
all’Autorità ( argomento esegetico ) spetta – ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. n. 259 del 2003 ( codice delle comunicazioni elettroniche ) e dell’art. 8 novies del d.l. n. 59 del 2008, -di stabilire le procedure di gara per l’assegnazione del c.d. dividendo digitale, che comprendono anche la fissazione dei soggetti legittimati a parteciparvi;
 
nel rapporto fra politica e tecnica esistente nel settore delle comunicazioni ( argomento sistematico ), dopo l’istituzione dell’ Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ( AGCOM ) , deve ritenersi che spetti all’Autorità la disciplina diretta a conformare il mercato, mentre spetta al Dicastero l’adozione, sul piano meramente gestionale, degli atti di gara, nonché il rilascio dei titoli abilitativi;
 
ciò appare, su un piano generale, conforme alla distinzione fra indirizzo politico ( nella specie “neutralizzato” dalla presenza dell’Autorità e divenuto indirizzo fissato in atti di regolazione neutrale ) e gestione ( che comporta ad es. negli enti locali la competenza dei dirigenti sugli atti di gara e si pensi all’art.107 del t.u. enti locali ai sensi del quale “sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente: a) la presidenza delle commissioni di gara e di concorso; b) la responsabilità delle procedure d’appalto e di concorso; c) la stipulazione dei contratti” );
 
in conclusione, essendo il Dicastero ormai spogliato dei poteri conformativi del mercato, alle sue strutture spettano solo gli atti di gestione da adottarsi in conformità al quadro regolatorio stabilito dall’Autorità ( che è titolare di un potere regolatorio neutrale, esercitato nel rispetto delle regole comunitarie proprio al fine di sottrarre gli atti di gara a pericoli di inframettenza politica);
 
la gara, improntata alla libertà di stabilimento, quanto a requisiti di partecipazione, è da considerarsi satisfattiva di esigenze e valori ( ad es. la concorrenza, il pluralismo informativo) valutati anche in sede europea dalla Commissione europea con apposita decisione prima richiamata;
 
il temperamento che si vorrebbe introdurre non è finalizzato al criterio del favor per la massima partecipazione alla gare ed è foriero di contenzioso;
 
in ultimo non rileva nemmeno il potere del Dicastero di autorizzare l’attribuzione dei diritti di uso delle frequenze, poiché tale potere deve essere esercitato in armonia con le risultanze della gara e non può condurre a risultati distonici da essa, che innescherebbero ulteriore contenzioso sicché il potere di far valere la condizione di reciprocità non può essere esercitato nemmeno in sede di autorizzazione all’attribuzione dei diritti di uso delle frequenze.
 
2.32 In sostanza il potere integrativo non può riconoscersi nella specie, poiché sarebbe contrario alla disciplina speciale di cui all’art. 8 nonies d.l. n. 59 del 2008, nonché contrario all’assetto dei poteri e funzioni che il sistema ha delineato fra Autorità e Ministero.
 
2.33 Tale intervento integrativo-attuativo come ipotizzato si rivela in realtà riduttivo del diritto di stabilimento, e sarebbe illegittimamente modificativo delle condizioni di accesso al mercato poste dall’Autorità.
 
2.34 In conseguenza di ciò non si tratterebbe di un vero potere integrativo ( che suppone che l’assetto disciplinare rimanga inalterato ) né di un intervento attuativo ( che suppone di portare a compimento il precetto attuato, senza toccarlo o modificarlo) . A ben vedere si tratterebbe di un intervento manipolativo delle condizioni che solo l’AGCOM – per quanto prima rilevato – può stabilire.
 
2.35 L’intervento poi, sarebbe in violazione non solo delle competenze ma anche delle procedure fissate dall’Autorità con la delibera n. 497/2010 ed, in particolare, della norma sulla presentazione della domanda.
 
2.36 Ciò rischierebbe anche di violare disposizioni comunitarie generali in materia di diritto di stabilimento e la decisione specifica intervenuta in materia di legittimazione alla partecipazione alla gara al digitale terrestre nella situazione italiana ( notoriamente descritta come meritevole di nuna soluzione country specific che allarghi il mercato e non lo restringa).
 
2.37 In conclusione, per quanto riguarda il quesito sub A) di pag. 8 della nota del 18 gennaio 2011 ) il riparto di competenze fra AGCO e MISE , come delineato dalle leggi di settore, non consente l’intervento integrativo attuativo della lex specialis ipotizzato dal Ministero richiedente.
 
3. Nel merito poi del quesito sub B) ossia sulla legittimità dal punto di vista nazionale e comunitario dell’invocazione del principio di reciprocità la Sezione osserva che l’intervento integrativo –attuativo ipotizzato contrasta, per quanto prima osservato, con il diritto nazionale ( cfr. l’art. 8 novies prima citato che conduce a ritenere illegittima una modifica delle procedure stabilite in modo neutrale dall’Autorità ) e con il diritto comunitario ( una volta che sia stato stabilito che l’accesso alla selezione deve essere costruito conformemente al diritto di stabilimento e si sia richiamata la nozione di impresa operante nello SEE spazio economico europeo ).
 
3.1 Inoltre , a chiusura dell’argomentazione , vanno ricostruite due questioni, quella delle condizioni di applicabilità dell’art. 16 delle preleggi recante la c.d. condizione di reciprocità e quella della qualificazione della persone giuridiche straniere.
 
3.2 Sulla prima delle due questioni va notato che l’art. 16 delle preleggi può considerarsi, come norma preliminare , di ordine pubblico, allo stesso funzionamento del sistema del diritto internazionale privato, anche se non strettamente legata ad esso, perché operante come limite all’applicazione del diritto interno e non solo del diritto straniero.
 
3.3 Il legislatore , prima di dettare le varie norme che consentono di risolvere conflitti normativi dipendenti dalla presenza , nella fattispecie, di elementi di estraneità vincola l’interprete a considerare allo straniero, ammesso a godere dei diritti civili, ( ed alle persone giuridiche straniere); tali diritti sono riconosciuti solo a condizione di reciprocità.
 
3.4 Si tratta di una forma di ritorsione promozionale in funzione degli interessi e dei diritti degli italiani all’estero ( espressiva del diritto internazionale classico post pace di Westfalia ) che consente di non applicare agli stranieri tutele giuridiche previste dall’ordinamento interno per i cittadini, se non sia stata provata l’esistenza della condizione di reciprocità.
 
3.5 Tale principio non era previsto nell’epoca dello Stato liberale, nel codice civile del 1865, che ritenne di riservare un trattamento paritario , a tutti gli effetti , allo straniero.
 
3.6 Esso è stato poi nel complesso fortemente ridimensionato, per effetto della Costituzione ( artt. 10 ed 11 Cost. ) che contiene regole di apertura internazionalistica del nostro ordinamento quali quella dell’adattamento dell’ordinamento giuridico italiano alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute ( art. 10 comma 1 Cost. ), della garanzia della condizione giuridica dello straniero ( regolata per legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali art. 10 comma 2 Cost. ), del diritto di asilo ( art. 10 comma 3 Cost . ), del divieto di estradizione dello straniero per reati politici ( art. 10 comma 4 Cost. ) del ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali ( art. 11 Cost. ) del consenso alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che voglia assicurare la pace e la giustizia fra le Nazioni ( art. 11 Cost. ) della promozione e del favore per le organizzazioni internazionali rivolte allo scopo di assicurare la pace e la sicurezza fra le Nazioni( art. 11 Cost.) .
 
3.7 Nello stesso tempo la Costituzione ha garantito i diritti inviolabili dell’uomo ( art. 2 Cost . ) che vanno riconosciuti allo straniero senza il limite della condizione di reciprocità ed ha altresì sancito il principio di uguaglianza che vale anche per gli stranieri quando si tratti di rispettare i loro diritti fondamentali.
 
3.8 Lo straniero ha incondizionatamente il potere di agire ex art, 24 Cost. ( Corte Cost. n. 72/50 ; Cass. 93/1681 ) il diritto ad una retribuzione adeguata, al riposo ed alle ferie ( Cass. Sez. Un. 88/2265; Corte Cost. 98/454 ) il diritto al risarcimento del danno per violazione dell’integrità psicofisica o per violazione di altri diritti inviolabili.
 
3.9 Lo straniero extracomunitario è poi tutelato dal t.u. sull’immigrazione dlgs. n. 286/1998 e successive modifiche ed integrazioni ) che riconosce allo straniero che soggiorna regolarmente in Italia i medesimi diritti civili del cittadino.
 
3.10 La Carta di Nizza del 7 dicembre 2000 poi incorporata nel Trattato di Lisbona ha esteso ai cittadini di paesi terzi muniti di regolare permesso di soggiorno alcuni diritti sociali c.d. di seconda generazione, in materia di tutela del lavoro.
 
3.11 Ciò al fine di evitare, come è stato con efficacia, che la cittadinanza da fattore di uguaglianza si trasformi in fattore di disuguaglianza.
 
3.12 L’avvento del diritto comunitario poi ha determinato un ulteriore ridimensionamento della condizione di reciprocità dovuta all’esistenza della cittadinanza comunitaria o dell’Unione (introdotto dall’art. 8 del Trattato di Maastricht ).
 
3.13 La cittadinanza dell’Unione conferisce nuovi diritti agli europei, complementari ai diritti nazionali, fra cui il diritto di circolare e risiedere stabilmente nella Comunità ( sviluppo civico della libertà economica di stabilimento ).
 
3.14 La condizione di reciprocità è incompatibile con il diritto comunitario, che vieta ogni discriminazione basata sulla nazionalità e si fonda sulle libertà di circolazione delle persone e dei capitali, sulla libertà di stabilimento e su quella di prestazione dei servizi ( C. G. C. E. 2/10/2003 C- 148/02 ; C.G. C. E. 6/6/2002 C- 360/00 ; C. G.C. E. 20/10/1993 C-92/92 ).
 
3.15 In questa chiave le imprese comunitarie, che possono essere anche imprese straniere che, mediante l’esercizio del diritto di stabilimento, si sono radicate nel territorio europeo, non possono essere considerate persone giuridiche straniere ai sensi dell’art. 16 comma 2 delle preleggi al codice civile.
 
3.16 Anche l’Accordo sullo Spazio economico europeo di Oporto del 1992, reso esecutivo con l- 28 luglio 1993 n. 300 prevede ( art. 16) la disapplicazione delle eventuali restrizioni nazionali.
 
3.17 Nell’ordinamento internazionale la condizione di reciprocità non è di per sé in contrasto con il diritto internazionale generale, ma va segnalato che si è sviluppato in modo tumultuoso negli ultimi anni il diritto globale delle liberalizzazioni degli scambi , legato alla costituzione del WTO e di uno spazio giuridico comune per gli scambi commerciali, legati alle dinamiche della globalizzazione dei mercati ed all’affermazione della lex mercatoria.
 
3.18 Di ciò porta segni il diritto dei Trattati, ad es. ai sensi del Trattato italo cinese del 1985 ( la cui ratifica è stata autorizzata con l. 109 del 1987 ) i cittadini cinesi possono costituire società in Italia, e, più in generale, svolgere attività autonome, consentite ai cittadini italiani a prescindere dalla condizione di reciprocità.
 
3.20 Ciò che sta accadendo è l’emersione di nuove soggettività nel diritto internazionale – organizzazioni internazionali, organizzazioni non governative, movimenti di liberazione, privati cittadini – per cui il diritto internazionale non è più solo il campo di azione degli Stati (in cui gli individui sono considerati solo un “riflesso” dello Stato).
 
3.21 Si diffonde l’idea che i soggetti che operano in una dimensione transnazionale hanno un valore in sé ( anche dal punto di vista economico apportando lavoro o investimenti ) al di là dei rapporti esistenti fra i rispettivi Stati.
 
3.22 Alla stregua di tali mutamenti normativi, operanti a livello costituzionale, comunitario e del diritto internazionale, si è ritenuto da una parte della dottrina che l’art. 16 delle preleggi sia stato oggetto di un’abrogazione implicita.
 
3.23 Tuttavia tale tesi non appare fondata poiché la recente riforma del diritto internazionale privato, operata con l. n. 218 del 1995, ha abrogato le disposizioni 17-31 delle preleggi ) ma non ha toccato l’art. 16 in esame ritenuto evidentemente funzionale alla tutela dell’interesse nazionale.
 
3.24 In ogni caso la clausola di reciprocità è recessiva nell’ordinamento interno, comunitario ed internazionale ( in quest’ultimo caso in forza del sorgere, da più parti segnalato in dottrina, di istituzioni ed istituti giuridici, riconducibili al diritto globale dei mercati ), sicché deve essere considerata disposizione avente un ambito di applicazione ormai assai ristretto e del tutto residuale.
 
3.25 Si è ritenuto così che la condizione di reciprocità non sia proprio applicabile nella materia degli appalti comunitari ( Tar del Lazio n. 13609/2004 non riformata , sul punto, da CdS n. 3068/2005) ciò al fine di favorire investimenti stranieri essendo anche l’ordinamento comunitario un ordinamento internazionalmente aperto a certe condizioni ( radicamento sul territorio europeo dell’impresa straniera mediante creazione di una persona giuridica avente nazionalità in uno Stato europeo ) .
 
3.26 L’ordinamento europeo degli appalti, in tale chiave , è stato ricostruito come ordinamento mirante ad ottenere le offerte più convenienti nell’interesse pubblico anche se contrastanti con la condizione di reciprocità.
 
3.27 In ultimo va rilevato che persona giuridica straniera, per l’art. 16 delle preleggi, è la società di diritto estero ( cfr. anche art. 2508 cod. civ.), extracomunitaria, e che essa, per giurisprudenza prevalente è da considerarsi tale quanto non è costituita o disciplinata secondo il diritto italiano ma sia soggetto di diritto secondo l’ordinamento giuridico dello Stato estero in cui esso ente è sorto ( Cass. Sez. Un. n. 3147/1971 ) .
 
3.28 Straniera è la società del Paese secondo le cui leggi si è perfezionato il procedimento di costituzione e che è regolata dal diritto estero nelle sue vicende modificative ed estintive ( arg. da. Cass. 20 maggio 1985 n. 3089).
 
3.29 Vale un criterio formale per l’individuazione delle persona giuridica straniera, con indifferenza , in via normale, delle relazioni di controllo societario e del tema delle holding, come risulta dall’art. 2510 del codice civile, che, nel regolare le società con prevalenti interessi stranieri, fa salve disposizioni di leggi speciali, che vietino o sottopongano a particolari condizioni l’esercizio di determinate attività da parte di società nelle quali siano rappresentate interessi stranieri.
 
3.30 La presenza nell’ordinamento civile, di una norma come l’art. 2510 del codice civile, attesta la normale indifferenza, ai sensi dell’art. 16 delle preleggi, della relazione di controllo da parte di società estera su società italiana, poiché la disposizione in materia di società, rinviando a leggi speciali – nella specie inesistenti – per la previsione di specifici ed eccezionali divieti, rende normalmente indifferenti, al di fuori di tali ipotesi le relazioni di controllo.
 
3.31 Leggi speciali nazionali nella specie , inoltre, non sarebbero ammissibili nemmeno de futuro essendo , per quanto detto, la disciplina della gara c.d. beauty contest integralmente conformata dal diritto europeo, interessato alla soluzione dell’anomalia del sistema radiotelevisivo italiano ( cfr. decisione della Commissione del 20 luglio 2010 più volte citata ) connotato dalla presenza di due incumbents RAI e MEDIASET.
 
3.32 Deve quindi ritenersi che la condizione di reciprocità non sia invocabile nella specie, ai sensi del diritto nazionale e comunitario per una serie di ragioni che possono qui sintetizzarsi :
 
la disciplina che rileva nella specie è quella relativa al diritto di stabilimento;
 
la stessa disciplina nazionale , quando richiama il principio di reciprocità postula l’esistenza di leggi speciali ( art. 2510 del cod. civ .) che , nella specie , non si ravvisano;
 
la clausola di reciprocità sarebbe in contrasto con il diritto di stabilimento;
 
la ricostruzione del principio di reciprocità derivante dalla considerazione evolutiva del diritto internazionale e comunitario implica che tale principio sia recessivo e residuale
 
la sentenza Corte Cost, n. 86 del 2004 è stata pronunciata nel vigore di un diverso sistema amministrativo di regolazione del mercato televisivo basato sul modello concessorio, ed , inoltre, nella parte in cui ha menzionato l’esigenza di salvaguardare la diversità culturale europea ha rinviato alle valutazioni dell’ordinamento sovranazionale intervenute a seguito della decisione della Commissione del luglio del 2010 in atti .
 
Il parere della Sezione è reso nei termini innanzi espressi.
 
P.Q.M.
 
Esprime il parere nei sensi di cui in parte motiva.
 
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giancarlo Montedoro Alessandro Pajno
 
IL SEGRETARIO

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