Tempi di duro lavoro per Paolo Romani (foto), neosottosegretario con delega alle Comunicazioni del Ministero dello Sviluppo Economico. Romani, che certamente avrebbe ambito all’incarico di ministro e non di mero sottosegretario, si trova ad amministrare, praticamente da solo, la complessa materia affibbiatagli. Malgrado l’esperienza (un passato da editore della rivista specializzata Millecanali, di direttore di una delle prime tv locali milanesi, Canale 51 – Rete A e di editore di Lombardia 7), la missione appare, se non impossibile, quanto meno malagevole. Le aspettative su Romani sono altissime: la materia è arroventata (il conflitto d’interesse di Berlusconi aleggia sempre sul settore delle comunicazioni) e lui non può tradirle. Se lo facesse pagherebbe in prima persona, finendo sulla graticola politica. Romani, quindi, deve rispondere in ordine: all’Unione europea, agli italiani e, nella fattispecie, agli utenti ed agli operatori. All’UE il sottosegretario deve dimostrare che l’accesso all’etere italiano sarà reso più agibile, quand’anche solo in ambiente digitale. A questo riguardo egli ha annunciato la stesura di una road map in cui saranno messe per iscritto le scadenze per la digitalizzazione progressiva dell’etere tv. Il calendario dovrebbe prevedere, dopo Sardegna e Valle d’Aosta: il Trentino Alto Adige, il Piemonte, la pianura padana in generale (saranno dolori radioelettrici con la Lombardia e l’Emilia Romagna…) e Roma (per il resto del Lazio se ne parlerà più avanti), possibilmente con la somministrazione di incentivi agli operatori per ulteriormente favorire i processi di ammodernamento degli apparati analogici alla tecnologia numerica. Agli italiani-utenti, il nostro deve garantire misure politicamente corrette a riguardo dell’offerta radiotelevisiva, cercando di non cadere nel ridicolo come Gentiloni con l’utopico tentativo del suo ddl di riforma integrale del sistema o, ancora peggio, con il grottesco bando di assegnazione di presunti canali liberi. Romani deve inoltre stare attento a non cascare nel trappolone del geniale Murdoch (cfr. qui) favorendo il duopolio RAI-Mediaset, nonché dimostrare ai giustamente dubbiosi operatori di operare in trasparenza, riservando equità di trattamento. Per farlo, prima di tutto, deve ristrutturare il malandato ex dicastero delle Comunicazioni: una locomotiva sfiancata condotta da macchinisti demotivati che trascina vagoni di cui pare non conoscere occupanti, esigenze e finalità. Una metafora per descrivere la situazione della Direzione Generale del MSE-Com e degli Ispettorati Territoriali. Nel merito, mentre con la prima si è assistito, soprattutto nell’ultimo periodo, ad una grande confusione gestionale, con sovrapposizioni di attività e competenze con l’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, nel secondo caso i front-offices degli operatori sul territorio vivono da tempo enormi difficoltà finanziarie e in alcuni casi (come ad esempio Milano) sembrano quasi abbandonati al loro destino. Qualcuno aveva parlato di una riforma basata sulla connotazione giuridica degli organi periferici come agenzie regionali autofinanziate, sull’esempio positivo delle Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente, ma dell’argomento ormai alcuno sembra interessarsi più. Eppure molti ministri precedenti hanno pagato sulla propria pelle l’inefficienza di alcune sedi dell’ex MinCom in territori socioeconomicamente rilevanti. Improbabile pare quindi che un ex operatore come Romani non abbia considerato l’eventualità di una waterloo nelle trincee. Altro problema concreto del sottosegretario è il bassissimo livello di fiducia del cittadino nei confronti della P.A. Gli operatori lamentano, oltre ad enormi ritardi nelle istruttorie ministeriali, in diversi casi la presenza di funzionari poco propensi alle relazioni con il pubblico, più legati alla gestione della “carta” che ad un approccio cosiddetto del “problem solving”. E’ stata addirittura proposta l’introduzione della figura del difensore civico per la tutela non giurisdizionale del cittadino nei confronti dell’amministrazione, positivamente sperimentata negli enti locali, ma anche di questo suggerimento non si è saputo più nulla. Il problema è rilevante, come dimostra il gradimento dei cittadini verso la campagna stroncafannulloni nella P.A. del ministro della Funzione Pubblica Renato Brunetta. Difficile, anche in questo caso, che Romani non ne tenga conto. Abbiamo cercato di chiedere lumi a riguardo degli intendimenti specifici al delegato di Scajola alle Comunicazioni, ma, dopo una manciata di e-mail e di telefonate, ci siamo schiantati contro il suo ufficio stampa, purtroppo occupatissimo più a rispondere cerimoniosamente a telefonate di giornalisti di Panorama che a periodici specializzati (qui il resoconto della vicenda). Forse le nostre domande (che avevano cautelarmente voluto in anticipo) erano troppo cattive?