DTT, dividendo interno. UE non convinta: non è detto che col bando la procedura d’infrazione sia chiusa. “Stiamo a vedere”

Il commissario UE per la Concorrenza, Joaquin Almunia, ha dichiarato ieri di non essere ancora certo che la Commissione europea possa chiudere la procedura d’infrazione sull’assegnazione delle frequenze tv DTT a seguito dell’indizione della gara per l’assegnazione del cd "dividendo digitale interno".

"Attendiamo l’asta e l’assegnazione definitiva dei canali multiplex da molto tempo", ha detto Almunia, ricordando che il caso è sul tavolo della Commissione da diversi anni. "Ho avuto a che fare con diversi ministeri italiani, diverse autorità, tutti con diversi approcci. Spero che si arrivi ad una proposta finale da parte delle autorità italiane e che saremo in grado di adottare la nostra decisione definitiva. Ma a oggi non sono ancora sicuro", ha dichiarato, con una sfumatura evidentemente critica, Almunia durante una conferenza stampa a Bruxelles sul tema delle frequenze tv. Alla gara, il cui termine per la presentazione delle manifestazioni d’interesse scadeva il 15 aprile, ha partecipato solo il Gruppo Cairo, content provider de La 7. Peraltro, il bando stesso è stato impugnato al TAR da Prima Tv, la società di Tarak Ben Ammar, proprietaria del multiplex DFree che ospita contenuti Mediaset. Il network provider ha infatti presentato un ricorso per chiedere l’annullamento (previa sospensione) dell’asta con cui il ministero dello Sviluppo Economico intende assegnare tre multiplex per la trasmissione del segnale televisivo in digitale terrestre. La manifestazione di interesse di Cairo (che non è detto che non corra forte di preaccordi con terzi per la successiva cessione di capacità) aveva confermato l’ipotesi avanzata per primo da questo periodico a riguardo della volontà del fornitore di servizi di media audiovisivi di divenire network provider, presumibilmente in proprio. Appariva infatti lecito attendersi l’implementazione sul piano editoriale di programmi marchiati La 7 (e magari un Toro Channel, posto l’impegno sportivo del patron della rete) sull’eventuale mux di proprietà, anche se ciò potrebbe avvenire non prima di tre anni, stante il vincolo contrattuale con Telecon Italia per il trasporto (ma, d’altra parte, il triennio servirebbe ad allestire l’infrastruttura tecnica). Il ministero valuterà ora i requisiti amministrativi della domanda, mentre il gruppo Cairo "avrà trenta giorni di tempo per presentare l’offerta economica per uno o più dei tre lotti di frequenze messi a gara, con il vincolo della copertura del 51% della popolazione italiana entro 5 anni". A riguardo della procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea avviata nei confronti del nostro paese nel 2005, il sottosegretario allo Sviluppo economico con delega alle comunicazioni, Antonello Giacomelli, in una nota di commento aveva riferito che "è certamente positivo che la gara per le frequenze tv non sia andata deserta, anche se è presto per dire se l’esito sarà sufficiente per chiudere la procedura d’infrazione della Commissione europea, come noi ci auguriamo". Per parte nostra, osservavamo come ciò fosse una magra consolazione per chi, in tempi migliori, contava di raccogliere oltre un miliardo di euro dall’assegnazione della (si pensava) ghiotta riserva frequenziale. Poi, tra sottrazioni dal tesoretto delle migliore risorse radioelettriche, cordoni della borsa serrati per via della crisi, surplus di capacità trasmissiva sul mercato (con aspettative di ulteriore moltiplicazione nel 2015 con l’avvento del DVB-T2) e pasticci tecnico-politici che disencentivano chiunque dall’investire in Italia, si è scesi agli attuali 90 mln, che se va bene si tradurranno in 30. «Quella del passaggio dall’analogico al digitale terrestre è una vicenda lunga, fatta di aggiustamenti successivi, perdite di tempo e occasioni mancate, a partire dalla deludente gestione dello switch off», aveva ammesso Giacomelli, secondo il quale, però, «Ora guardiamo avanti. L’interesse del gruppo Cairo è un segnale di vitalità di un settore che si sta rapidamente evolvendo, come confermano le notizie di questi giorni nel segno della convergenza tra tv e telecomunicazioni. Il governo intende favorire questa evoluzione con una riforma organica del settore che premi competitività, innovazione e volontà di investimento». Alla gara non avevano potuto partecipare Rai, Mediaset e Telecom Italia Media Broadcasting (che ha concluso nelle scorse settimane l’aggregazione con il provider DTT de L’Espresso, Rete A) e, da subito, questo periodico aveva evidenziato come difficilmente qualche network provider minore si sarebbe imbarcato nell’acquisto di diritti d’uso ventennali di dubbia qualità (sia per la collocazione nella banda VHF che per l’afflizione di problematiche interferenziali sulle aree di confine), ancorché a cifre contenute rispetto ai parametri cui fino ad ora eravamo stati abituati (30 milioni circa per mux, contro quello tipico di 100/120 mln), anche se bisognava considerare che all’esborso per le frequenze andava sommato quello (ben più consistente) per la realizzazione delle infrastrutture diffusive nel quinquennio a seguire per conseguire un’illuminazione non inferiore al 51% della popolazione (a condizione che venisse raggiunto il 10% dei residenti di ogni regione). Il bando, che era suddiviso nei lotti L1 (VHF 6 e UHF 23 per una copertura della popolazione stimata all’89,5%), L2 (VHF 7 e VHF 11 con una copertura del 91,1%) e L3 (UHF 25 e UHF 59 – da liberare però entro il 2015 – con una copertura del 96,6%), rimane comunque in forse, perché è probabile che Cairo sia interessato all’acquisizione di un solo mux, nel quale caso occorrerà decidere la destinazione delle frequenze non collocate. L’ipotesi principale, ovviamente, è che venga bandita una nuova asta ribassata, alla quale potrebbero partecipare i soggetti che, in qualche modo, non avrebbero escluso un interesse. In tal senso, oltre al nome di Cairo, era circolato quello di Discovery Channel e addirittura (ma l’ipotesi appariva decisamente improbabile) della BBC. Esclusa invece la partecipazione di Sky, non tanto per un disinteresse nei confronti del DTT in veste di network provider (anche se la società di Murdoch ha stretto un importante accordo con Telecom per lo sviluppo della IP Tv dal 2015), quanto per i limiti normativi che avrebbero imposto l’utilizzo in proprio per un solo programma free. Sul punto, la scorsa settimana, Eric Gerritsen, executive vice president communication e pubblic affair della società televisiva del gruppo Murdoch aveva dichiarato: "Mettono all’asta tre multiplex e ci dicono che possiamo partecipare solo per uno, il peggiore, voi lo fareste?". E’ comunque una notizia non smentita che Sky stia valutando lo sbarco terrestre di Sky TG 24, che in molti vedono come possibile (se non probabile) sui rinnovati mux Telecom-L’Espresso… L’alternativa ad una nuova asta potrebbe essere quella della ridistribuzione delle risorse del dividendo agli operatori di rete esistenti in vista della sottrazione pianificata delle frequenze nel range 50/60 UHF per il potenziamento della tecnologia LTE, anche se l’imminente avvento del DVB-T2 fa presagire una sovrabbondanza di capacità trasmissiva anche al netto dell’alienazione di canali per lo sviluppo dell’Internet mobile. (E.G. per NL)
 

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