In Francia, la radio “perde le piume”. Questo il commento di un giornale agli ultimi dati pubblicati da Mediamétrie, l’Audiradio francese. Lo riferisce in questo articolo di Followthemedia Michael Hedges, che cita un calo dall’84 all’82,7% nella percentuale di cittadini francesi che dice di ascoltare la radio. Se qualche ascoltatore si è perso per strada (neanche pochissimi, visto che quell’1,3% rappresenta mezzo milione di persone), quelli che restano allungano il tempo di permanenza, con tre ore passate all’ascolto tra lunedì e venerdì.
Curiosamente, il calo di passione non riguarda l’emittente numero uno, RTL. La quale si permette il lusso di battere il canale pubblico France Inter. Male le stazioni musicali più giovanili, ad eccezione, anche qui, di Virgin Radio, che da gennaio ha preso il posto di Europe 2.
French radio audience tumbles, not RTL
Michael Hedges April 21, 2008
Each audience survey release seems to put broadcasters a bit more on edge. Some more than others, obviously; the French national radio audience is making a painfully obvious shift away from music to news and talk.
birdOne French newspaper writer, on last weeks’ release of the Médiamétrie January-March national audience survey, wrote, “la radio perd des plumes,” idiomatically, ‘got their fingers burnt.’ Noting that while French newspaper writers only like French newspapers, the story does carry a definite worry. Total radio listening in France dropped to 82.7% from 84% in the same period 2007. About 500,000 fewer French people didn’t turn on the radio. Aside from the always scant July-August traditional French holiday months, it’s the lowest listening level in five years.
There’s no panic at RTL. The number one French radio channel continues to gain audience, now 13.2% market share, up from 12.1% in the same period 2007, up from 10.8% in 2006. Just as UK broadcasters talk about the ‘gap’ between the BBC’s combined radio audience and that of commercial broadcasters, French broadcaster could start talking about a ‘gap’ between RTL and whichever channel is number two. That ‘gap’ is now 4.6% separating RTL from number two France Inter. In the same period 2007 it was 3.4%. In the same period 2006 it was 2.2%.
Four of the top 10 national channels gained audience share year on year. Of the six losing share, three dropped more than 0.1%: NRJ (-0.6%), France Bleu (-0.6%) and Nostalgie (-0.4%). While NRJ nominally targets young people the 25 year old brand attracts more listeners over 35 years than younger. Dropping out of the top 10 is Cherie FM, which targets 25 to 50 year olds. It fell to 3.2% market share from 4.0% one year on, the biggest loss of any of the rated French national channels.
Other than RTL, channels in the top ten gaining audience were RMC (+0.3%), Fun Radio (+0.4%) and Skyrock (+0.1%). Fun Radio, targeting 13 to 24 year olds, joined the top 10 at number 9 and has clawed its way up the charts for more than three years, proving that re-branding a national radio channel in France is a very long process.
While significantly fewer citizens of France tuned into radio during this winter reporting period, those who did listened longer. C’est n’pas normal! Time spent listening to all radio reached 180 minutes, Monday through Friday; three minutes longer than the same period one year on. Indeed, it, too, is a modern record. (See graphs here)
The French national general interest channels (RTL, France Inter, Europe 1, et.al.) generally have longer time spent listening than the national music channels (NRJ, Nostalgie, Fun Radio, et.al). The general interest channels increased time spent listening to 161 minutes from 156 minutes year on year while the music channels lost two minutes of average time spent listening to 121 minutes. RTL gained a whopping 12 minutes in time spent listening over the same period 2007. Low rated (but dearly loved) Rire et Chansons gained 7 minutes and Fun Radio gained 5 minutes. The great programming wisdom proves true. In a competitive market, marketing alone is no substitute for good programming that gives listeners reason to stay longer and come back often.
And, yes, Lagardères Virgin Radio posted its first ratings since the great switch from Europe 2 on January 1st. A 3.3% market share is respectable, and a gain from Europe 2’s final figure (2.9%) in November-December 2007.
Mi è piaciuta la cronaca degli interventi al convegno veneziano della concessionaria Radio e Reti e quindi riporto il comunicato stampa che ho trovato su diversi siti (per esempio quello di Nicola Franceschini, su Dada).
Rispetto alla Francia, l’audience radiofonica in Italia sembra più stabile, forse anche perché finalmente il panorama si è consolidato. Venti anni fa Audiradio rilevava 700 emittenti. Oggi sono solo 300. Se ci fosse un po’ d’ordine e meno ridondanza nelle frequenze, forse si aprirebbero nuovi spazi per le stazioni associative, orientate alle comunità di immigrati. Staremo a sentire…
Dal 1988, data di nascita di Audiradio, l’ascolto della radio in Italia è passato da 26 milioni di ascoltatori a 38,4 milioni. Della passione degli italiani per la radio e del futuro della veterana dei mass media si è discusso al meeting di Radio e Reti, storica concessionaria di pubblicità radiofonica, che si è aperto oggi a Venezia alla presenza dei principali operatori del mondo della pubblicità e a numerosi editori radiofonici nazionali e regionali.
La crescita del pubblico della radio in questi due decenni è andata di pari passo con l’incremento degli investimenti pubblicitari sul mezzo: dai 94 miliardi di lire del 1988 ai circa 500 milioni di euro previsti per l’anno in corso, la quota è passata da 1,7% del 1988 al 7% del 2008.
Le 700 radio rilevate da Audiradio nel 1988 sono scese alle circa 300 attuali.
“Il mercato della radio in questi venti anni, per effetto di acquisizioni e accorpamenti, si è semplificato in termini quantitativi ma è cresciuto dal punto di vista qualitativo e la crescita dell’ascolto globale del mezzo ne è la dimostrazione. Quella che era considerato un mezzo in via di estinzione a causa dell’esplosione della tivù privata si è invece rivelato il mezzo più dinamico e innovativo del sistema dei media. La novità dei prossimi anni si chiamerà radio.”, ha detto aprendo i lavori Enzo Campione, presidente di Radio e Reti.
A indagare sui motivi del successo della radio sono stati chiamati filosofi, musicisti, matematici e sociologi.
Coordinati da Claudio Sabelli Fioretti hanno discusso di radio il matematico Piergiorgio Odifreddi che, dopo aver raccontato i suoi esordi nel 1975 a Radio Cuneo Democratica come conduttore di un programma di free jazz, ha spiegato come in FM si possa fare anche divulgazione scientifica. “ A patto però che il ragionamento non si debba interrompere continuamente per trasmettere la musica”., ha precisato.
“Musica e ancora musica”, chiede invece alla radio Max Gazzè, musicista e compositore, che con il brano Il solito sesso, presentato a Festival di Sanremo, ha totalizzato il maggior numero di presenze radiofoniche negli ultimi mesi.
“Per un musicista la radio non è solo uno strumento di promozione del proprio lavoro ma è anche un indispensabile strumento di indagine su quello che altri artisti stanno facendo. A differenza di Odifreddi che vorrebbe una radio di sole parole io vorrei una radio di sola musica.”
La discussione non è stata solo sui modelli editoriali che si contrappongono nell’etere – radio di parola contro radio musicale – ma piuttosto sul ruolo della radio in un mondo della comunicazione che sembra ormai convergere non più sul computer, come si credeva fino a pochi anni fa, ma sul telefonino.
Maurizio Ferraris, docente di filosofia teoretica all’Università di Torino, autore del saggio “Dove sei? Ontologia del telefonino”, ha spiegato come tutte le forme di comunicazione, pubblica e privata, stiano convergendo verso i cellulari (50 milioni di esemplari nella sola Italia) che sono diventati, da strumento di comunicazione personale, uno strumento elettronico in cui si raccoglie il nostro essere sociale e la nostra identità individuale e collettiva.
“La radio indiscutibilmente sta vivendo una seconda vita”, ha concluso il sociologo Francesco Morace, presidente del Future Concept Lab, centro di studio sulle tendenze di consumo e sociali, “perché per la sua stessa natura lavora per affinità con il pubblico. Si ascolta una radio e ci si riconosce in essa per affinità di stili di vita, di gusti musicali. Questa adesione diventa fondamentale per orientarsi nel labirinto di informazioni e di emozioni che ci circonda quotidianamente. La radio ha una ‘buona reputazione’ e questo le ha consentito di guadagnare consenso più di altri media.