Giornalisti, caso Farina: il ricorso del Pg depositato con due giorni di ritardo?

Negli ambienti legali di Milano e Roma girano dubbi e perplessità


di Franco Abruzzo (P. OdG Mi)

Le incertezze sono collegate alla notifica (al Pg) della delibera avvenuta anche per via telematica il 29 settembre 2006. Il ricorso del Pg doveva essere presentato entro 30 giorni, il 28 ottobre e non il 30. La legge richiede il rispetto del principio dell’uguaglianza: non vale il detto partigiano secondo il quale “la legge si interpreta per gli amici e si applica solo ai nemici”.

Milano, 1 novembre 2006. Negli ambienti legali di Milano e Roma serpeggiano dubbi e perplessità sul ricorso del Pg contro la delibera Farina. Il ricorso potrebbe essere dichiarato nullo, perché sarebbe stato presentato con due giorni di ritardo. Il ritardo, se accertato, potrebbe rendere definitiva la delibera di condanna di Farina alla sospensione dall’Albo per 12 mesi. Il dibattito tra gli “esperti” nasce dalla circostanza che gli Ordini territoriali decidono in punto di diritto amminist rativo (per quanto riguarda i giornalisti vale l’articolo 20 della legge 69/1963): in sostanza sono parificati di fatto ai tribunali amministrativi. Conseguentemente ai procedimenti davanti agli Ordini professionali si applicano le regole del processo amministrativo e del processo civile. Una conferma autorevole e insuperabile viene dalla sentenza 505/1995 della Corte costituzionale: “Va pertanto ribadito quanto già più volte rilevato da questa Corte, e cioè che l’esercizio della funzione disciplinare nell’ambito del pubblico impiego, della magistratura e delle libere professioni si esprime con modalità diverse, che caratterizzano i relativi procedimenti a volte come amministrat ivi, altre volte come giurisdizionali, in relazione alle predette peculiarità derivanti anche da ragioni storiche proprie dei diversi settori ovvero in rispondenza a scelte del legislatore, la cui discrezionalità in materia di responsabilità disciplinare spazia entro un ambito molto ampio (sentenze nn. 71 e 119 del 1995).. Vero è che il principio del giusto procedimento amministrativo “non è assistito in assoluto da garanzia costituzionale”, nemmeno in base all’art. 97 della Costituzione (così l’ordinanza n. 503 del 1987). Tuttavia questa Corte, fermo restando che la discrezionalità del legislatore nel regolare i procedimenti disciplinari non può comunque superare il limite della ragionevolezza, ha rilevato le affinità delle diverse procedure disciplinari, sottolineando “come il procedimento che si tiene dinanzi ai consigli amministrativi di disciplina offre numerosi punti di contatto con i procedimenti giudiziari, tanto che la regola è la conformità del primo a questi” (sentenza n. 71 del 1995). La recente sentenza ora richiamata stabilisce altresì che “tale accostamento trova ragione nella natura sanzionatoria delle ‘pene disciplinari’, che sono destinate ad incidere sullo stato della persona nell’impiego o nella professione. L’irrogazione di queste sanzioni, che toccano le condizioni di vita della persona incidendo sulla sua sfera lavorativa, richiede il rispetto di garanzie nella contestazione degli addebiti, nell’istruttoria, nella partecipazione dell’interessato al procedimento, nella valutazione e nel giudizio, in attuazione di principi spesso elaborati prima dalla dottrina e dalla giurisprudenza e poi legislativamente definiti. Da queste considerazioni, nonché dalla ratio che è alla base di numerose norme tra le quali l’art. 6 della Convenzione dei diritti dell’uomo, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 84 8, la legge 7 agosto 1990, n. 241 sul procedimento amministrativo, le norme sui ricorsi amministrativi (da ultimo d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199), gli artt. 111 e 112 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico degli impiegati civili dello Stato) può desumersi che nella vigente disciplina del procedimento amministrativo sia del nostro ordinamento che di quello comunitario (regolamento CEE n. 99/63 del 25 luglio 1963, artt. 2 e 3) trovano diretta e necessaria applicazione i principi relativi al diritto dell’interessato di conoscere gli atti che lo riguardano, una sua, pur limitata, partecipazione alla formazione degli stessi, e soprattutto la possibilità dell’interessato medesimo di contestarne il fondamento e difendersi di fronte agli addebiti che gli vengono mossi. Tali principi, comuni a tutti i procedimenti amministrativi, devono ancor più tro vare applicazione nello speciale procedimento finalizzato all’accertamento della responsabilità disciplinare, atteso che esso può comportare conseguenze che incidono sull’esercizio di fondamentali diritti da parte dei soggetti coinvolti”. Quello davanti agli Ordini territoriali è, quindi, un procedimento amministrativo al quale vanno applicate tutte le regole del procedimento amministrativo compreso l’istituto della notifica delle decisioni (delibere o sentenze) per via telematica (art. 12 della legge 205/2000).

Veniamo ora ai fatti. La “delibera Farina” è stata notificata il 29 settembre 2006 per posta elettronica certificata alla Procura generale della Repubblica di Milano così come disposto dal presidente-estensore nell’ultima parte della delibera stessa: “Si incarica la segreteria dell’OgL di provvedere alla notificazione di questa delibera anche per mezzo della posta elettronica certificata ai soggetti pubblici e privati in possesso di indirizzo telematico (art 151 Cpc; art 12 l. 205/2000; art. 3/bis l. 241/1990; art. 12 Dlgs 82/2005)”.

Il ricorso del Pg, ex art. 60 della legge 69/1963, è stato depositato soltanto il 30 ottobre 2006 presso la segreteria dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia con due giorni di ritardo sul termine dei 30 giorni previsto dallo stesso articolo 60.

Il termine decorre per il pubblico ministero dal giorno della notificazione. La delibera è stata notificata al Pg anche a mezzo ufficiale giudiziario il 2 ottobre 2006. Tra le due notificazioni – quella prevista dalla legge professionale e quella prevista sia dal Cpc sia dalla legge sul processo amministrativo – qual è quella che prevale? Dalla risposta a questo interrogativo, dipende l’esito del ricorso del Pg. Se il ricorso dovesse risultare presentato fuori dal termine dei 30 giorni, la delibera di sospensione per 12 mesi diventerebbe definitiva. E’ indubbio che l’Ufficio del Pg abbia ricevuto la delibera il 29 settembre e che quel giorno ne abbia preso piena consapevolezza. La legge richiede il rispet to del principio dell’uguaglianza: non vale il detto partigiano secondo il quale “la legge si interpreta per gli amici e si applica solo ai nemici”. (F. AB.)

Notifica/ricerca di base

(artt. 136 e 151 Cpc; art 12 l. 205/2000; art. 3/bis l. 241/1990; art. 12 Dlgs 82/2005).

Legge 69/1963. Articolo 57. Provvedimenti disciplinari: notificazione.

I provvedimenti disciplinari sono adottati a votazione segreta.

Essi devono essere motivati, e sono notificati all’interessato ed al pubblico ministero a mezzo di ufficiale giudiziario entro trenta giorni dalla deliberazione.

Legge 69/1963. Articolo 60. Ricorso al Consiglio nazionale.

Le deliberazioni del Consiglio dell’Ordine relative alla iscrizione o cancellazione dall’albo, dagli elenchi o dal registro e quelle pronunciate in materia disciplinare possono essere impugnate dall’interessato e dal pubblico ministero competente con ricorso al Consiglio nazionale dell’Ordine nel termine di trenta giorni.

Il termine decorre per l’interessato dal giorno in cui gli è notificato il provvedimento e per il pubblico ministero dal giorno della notificazione per i provvedimenti in materia disciplinare e dal giorno della comunicazione eseguita ai sensi dell’articolo 44 per i provvedimenti relativi alle iscrizioni o cancellazioni.

I ricorsi al Consiglio nazionale in materia elettorale, di cui agli articoli 8 e 16, non hanno effetto sospensivo.

Legge 205/2000. Articolo 12. Mezzi per l’effettuazione delle notifiche.

Il presidente del tribunale può disporre che la notifica del ricorso o di provvedimenti sia effettuata con qualunque mezzo idoneo, compresi quelli per via telematica o telefax, ai sensi dell’articolo 151 del Codice di procedura civile.

Legge 241/1990. Articolo 3-bis. Uso della telematica.

1. Per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l’uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati (10).

(10) Articolo aggiunto dall’art. 3, L. 11 febbraio 2005, n. 15.

Codice di procedura civile. Articolo 136. Comunicazioni.

Il cancelliere, con biglietto di cancelleria in carta non bollata, fa le comunicazioni [c.p.c. 47, 50, 58, 133, 134, 289, 485, 525, 574, 582, 630, 631, 709, 723, 728, 739; disp. att. c.p.c. 70] che sono prescritte dalla legge o dal giudice al pubblico ministero [c.p.c. 71, 80, 418], alle parti [c.p.c. 170, 176, 267, 292], al consulente [c.p.c. 192] agli altri ausiliari del giudice [c.p.c. 68] e ai testimoni, e dà notizia di quei provvedimenti per i quali è disposta dalla legge tale forma abbreviata di comunicazione.

Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, o è rimesso all’ufficiale giudiziario per la notifica.

Le comunicazioni possono essere eseguite a mezzo telefax o a mezzo posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi.

Codice di procedura civile. Articolo 151. Forme di notificazione ordinate dal giudice.

Il giudice può prescrivere, anche d’ufficio, con decreto [c.p.c. 131] steso in calce all’atto, che la notificazione sia eseguita in modo diverso da quello stabilito dalla legge, e anche per mezzo di telegramma collazionato [c.c. 2706] con avviso di ricevimento quando lo consigliano circostanze particolari o esigenze di maggiore celerità, di riservatezza o di tutela della dignità (1) (2).

(1) Comma così modificato dall’art. 174, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a decorrere dal 1° gennaio 2004 ai sensi di quanto disposto dall’art. 186 dello stesso decreto. Con D.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123 (Gazz. Uff. 17 aprile 2001, n. 89) è stato approvato il regolamento che disciplina l’uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti. Il testo del presente comma in vigore prima della suddetta modifica era il seguente: «Il giudice può prescrivere, anche d’ufficio, con decreto [c.p.c. 131] steso in calce all’atto, che la notificazione sia eseguita in modo diverso da quello stabilito dalla legge, e anche per mezzo di telegramma collazionato [c.c. 2706] con avviso di ricevimento quando lo consigliano circostanze particolari o esigenze di maggiore celerità.».< /P>

(2) Per la definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia vedi l’art. 17, D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, in vigore dal 1° gennaio 2004.

Dlgs 82/2005. Articolo 12. Norme generali per l’uso delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni nell’azione amministrativa.

1. Le pubbliche amministrazioni nell’organizzare autonomamente la propria attività utilizzano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione.

2. Le pubbliche amministrazioni adottano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati, con misure informatiche, tecnologiche, e procedurali di sicurezza, secondo le regole tecniche di cui all’articolo 71.

3. Le pubbliche amministrazioni operano per assicurare l’uniformità e la graduale integrazione delle modalità di interazione degli utenti con i servizi informatici da esse erogati, qualunque sia il canale di erogazione, nel rispetto della autonomia e della specificità di ciascun erogatore di servizi.

4. Lo Stato promuove la realizzazione e l’utilizzo di reti telematiche come strumento di interazione tra le pubbliche amministrazioni ed i privati.

5. Le pubbliche amministrazioni utilizzano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, garantendo, nel rispetto delle vigenti normative, l’accesso alla consultazione, la circolazione e lo scambio di dati e informazioni, nonché l’interoperabilità dei sistemi e l’integrazione dei processi di servizio fra le diverse amministrazioni nel rispetto delle regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71.

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