Giornalisti: tre anni senza contratto. A chi giova?

Per la seconda campagna elettorale consecutiva il mondo dell’informazione italiana affronterà un periodo così delicato senza la certezza dell’accordo con la Fieg per il contratto


Il 28 febbraio del 2005, esattamente tre anni fa, scadeva il contratto nazionale dei giornalisti. Da allora è iniziato un susseguirsi di scontri, anche duri, tra la Federazione nazionale della stampa (Fnsi) e quella degli editori (Fieg), che in 1095 giorni non ha portato ad alcun risultato. In realtà, dopo il muro contro muro dei primi tempi, l’autunno caldo del 2006, gli scioperi nazionali, la posizione della Fnsi si è decisamente ammorbidita nei confronti degli editori, è stato deciso di sedersi ad un tavolo per discutere, anche modificando alcune delle richieste per venire incontro all’altra parte in causa, ma niente. La Fieg ha tenuto la propria ferrea posizione e, a distanza di tre anni, la situazione pare più che mai statica. La verità, diceva stamane Alberto Donati, nel corso di una discussione a “Vivavoce”, trasmissione d’approfondimento in onda la mattina dalle 9 alle 10 su Radio24, è che i giornalisti professionisti sono una categoria eccedente, ce ne sono più di quanti realmente ve ne sia necessità, ed è da qui che nascono i problemi con gli editori, che non possono né vogliono tutelare una categoria così strabordante (16 mila circa sono i giornalisti professionisti regolarmente assunti con contratto Fieg; altrettanti sono i free lance e coloro soggetti a contratto a progetto; il resto della galassia, quasi 50 mila, sono i pubblicisti, i giornalisti non professionisti). Donati è il capo della delegazione Fieg per le trattative sul contratto nazionale con i giornalisti e ha partecipato questa mattina alla trasmissione di Alessandro Milan assieme a Franco Siddi, Segretario nazionale della Fnsi, Ricardo Franco Levi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’editoria, Luigi Bacialli, direttore di “Canale Italia” ed autore del libro “La Casta stampata” ed Angelo Agostini, professore associato di Teorie e tecniche del linguaggio giornalistico all’Università Iulm di Milano e coordinatore del Master in giornalismo. La discussione verteva proprio sulla situazione stantia del contratto e sulle possibili prospettive che questo potrebbe assumere in periodo di campagna elettorale e con l’avvento di un nuovo governo. Il governo Prodi uscente, infatti, sollecitato ripetutamente da Napolitano, aveva assunto un ruolo di mediazione nel conflitto tra editori e giornalisti e, pur senza ricavarne grandi risultati, aveva aperto un dibattito (nel corso del quale la Fnsi aveva aperto le porte ad una contrattazione, osteggiata dall’altra parte della barricata), che ora si è arrestato per l’ennesima volta. La caduta del governo e le elezioni anticipate hanno bloccato ogni trattativa e ora, con le elezioni alle porte, i giornalisti si trovano ad affrontare la campagna elettorale in una situazione ancora una volta difficile. È la seconda volta che il mondo dell’informazione italiana affronta il periodo pre elettorale senza un contratto. E nonostante questo è ripetutamente chiamata da più parti ad esercitare il proprio importantissimo ruolo di bilancia dei voti, di altoparlante delle parti in causa. La Fnsi ha più volte discusso sulle problematiche relative all’autonomia, alla libertà ed al pluralismo dell’informazione, in una fase politica così delicata per il Paese. Ma l’attuale condizione di indeterminatezza rende tutto molto più difficile. L’incertezza circa i risultati delle prossime elezioni, poi, rendono pressoché impossibile fare una previsione su quello che sarà il comportamento del futuro governo in merito a questa situazione. Le richieste della Fnsi continuano a riguardare la necessità di una legislazione specifica per il settore, che preveda adeguate leggi di sistema; la riforma dell’ordinamento professionale; una regolamentazione del mercato delle risorse pubblicitarie che non penalizzi nessuno dei soggetti in campo; una legislazione che garantisca anche un’adeguata e reale autonomia del servizio pubblico radiotelevisivo; una riforma del sistema degli ammortizzatori sociali per l’industria dell’informazione, oltre ai soliti nodi del conflitto di interessi e dello statuto dell’impresa editoriale. Le posizioni della Federazione, ben note da tempo, sono queste. Ma dall’altra parte c’è ancora, soltanto, silenzio.(Giuseppe Colucci per NL)

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