Intercettazioni: ben venga un provvedimento che stronchi un giornalismo degenerato

Non è l’ampliamento dei reati per cui le intercettazioni saranno ammissibili il problema, quanto la necessità di evitare di pungolare processi mediatici con la pubblicazione pruriginosa di conversazioni estranee ai presunti illeciti


Saremo in controtendenza rispetto alla maggioranza del mondo giornalistico italiano, ma per noi il proposto provvedimento legislativo sulle intercettazioni è sacrosanto. Che poi si decida di consentire l’ambito di applicazione a fattispecie di reato più numerose di quelle ipotizzate in prima battuta (e quindi anche a corruzione e concussione), poco importa. Ciò che deve essere assolutamente annientata è la deleteria abitudine di pubblicare i testi di conversazioni raccolte nel corso delle indagini, favorendo così un’informazione morbosa e pruriginosa che nulla ha a che vedere col giornalismo ed arricchendo una casta di soggetti dediti allo “sparlare a prescindere”. E crediamo sia assolutamente condivisibile punire, oltre ai giornalisti che pubblicano intercettazioni in corso d’indagine (che inevitabilmente finiscono per fomentare il funesto processo mediatico pregiudiziale), anche coloro che ai giornalisti hanno passato le informazioni e i magistrati che le hanno ordinato per indagini futili, che già dagli esordi si palesano come destinate all’archiviazione (salvo determinare comunque costi esorbitanti a carico degli italiani: quelli sì, non archiviati, ma ben contabilizzati…). Finiamola con inchieste ridicole della magistratura requirente, destinate più alle pagine dei giornali che alle aule dibattimentali, alimentando un chiacchiericcio insano di cui questo paese non ha certo bisogno, impegnando organi di polizia giudiziaria che dovrebbero essere destinati a ben più edificanti missioni investigative ed una magistratura giudicante già oberata da carichi di lavoro insostenibili.

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