La comunicazione di avvio del procedimento è comunque dovuta ove la P.A. non deduca ragioni di urgenza

Il T.A.R. Marche ha svolto alcune importanti considerazioni in merito all’obbligatorietà della comunicazione di avvio del procedimento, nonché alle conseguenze della sua omissione sulla legittimità del provvedimento finale adottato dalla P.A.


Studio Cataldi Newsletter 8 – 14 Aprile 2008

Con alcune sentenze coeve (nn. 26, 27 e 28 del 01/02/2008), tutte rese nella forma “breve” di cui all’art. 21, c. 10, L. n. 1034/1971, il T.A.R. Marche ha svolto alcune importanti considerazioni in merito all’obbligatorietà della comunicazione di avvio del procedimento, nonché alle conseguenze della sua omissione sulla legittimità del provvedimento finale adottato dalla P.A.. Le pronunce cui trattasi sono tutte relative a ricorsi proposti avverso un’ordinanza di rimozione e smaltimento di rifiuti emessa ai sensi dell’art. 192, D.Lgs. 152/2006. In esse, viene ribadito come la comunicazione di avvio del procedimento, obbligatoria ex art. 7 L. n. 241/90 e s.m.i., non possa essere mai omessa dalla P.A., se non nei casi espressamente previsti dalla norma stessa, ovvero qualora sussistano “ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento”. Peraltro – come ribadito dal T.A.R. Marche – tali esigenze debbono essere comunque valutate, in concreto, e, se possibile, esplicitate da parte dell’Amministrazione, non essendo sufficiente che la stessa faccia riferimento ad una generica contingibilità dell’atto stesso o, meno ancora, che ne presupponga l’urgenza in considerazione della particolare natura del provvedimento stesso (in tal senso, già Cons. Stato, Sez. IV, 25/09/98, n. 569, ove si statuiva che “l’obbligo di comunicazione prescinde dal procedimento avviato, con la sola eccezione dei casi in cui ricorrano particolari esigenze di celerità, la cui preminenza deve essere dimostrata con rigorosa motivazione da parte dell’amministrazione”). Questo, specie ove vi sia – come nel caso de quo – un erroneo inquadramento normativo della fattispecie, da cui consegue un evidente vizio di travisamento dei fatti e di violazione di legge, che si ripercuote nell’ordinanza opposta, la quale “non dà atto di alcun accertamento diretto a verificare la concentrazione della sostanza in questione, né vi è alcun riferimento all’epoca di trattamento del materiale rinvenuto presso il ricorrente, al fatto se il medesimo provenisse dal mercato dei prodotti usati e se il legno in questione fosse utilizzato in conformità a quanto la suddetta normativa prevede, cosicché l’illiceità della detenzione finisce per essere asserita senza tuttavia poggiare su alcun supporto motivazionale”. In merito, si segnala come il Giudice Amministrativo, pur non facendone espressa menzione, mostra di superare il possibile rilievo rappresentato dell’applicabilità del disposto dell’art. 21-octies, c. 2, ult. cpv. (in virtù del quale “il provvedimento adottato non è comunque annullabile per mancata comunicazione di avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto dell’atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”). Infatti, nel caso specifico, viene messa in evidenza proprio la mancata instaurazione del c.d. contraddittorio procedimentale, preliminare e funzionale alla corretta adozione del provvedimento finale, il quale consegue – appunto – all’inoltro della comunicazione ex art. 7 L.P.A.. Essa, infatti, avrebbe consentito ai destinatari del provvedimento sanzionatorio di mettere in evidenza, mediante gli strumenti tipici della partecipazione, previsti dall’art. 10 (presentazione memorie scritte e documenti, che debbono essere considerati dall’amministrazione), elementi, sia in fatto che in diritto, decisivi ai fini della ponderazione degli interessi in gioco, e, di più, della corretta interpretazione della fattispecie. E, come precisato sempre dalla pronuncia de qua, “la considerazione dei suddetti elementi poteva evidentemente condurre il procedimento ad un esito tutt’altro che scontato, il che evidenzia come il contraddittorio con l’interessato avrebbe potuto consentire l’acquisizione di elementi utili ai fini di una compiuta valutazione della fattispecie. La necessità di assicurare la partecipazione dell’interessato discendeva infatti dalla possibilità che la contestata detenzione fosse lecita, il che implicava l’esigenza di consentire l’allegazione di elementi di valutazione in tal senso”. (Data: 08/04/2008 – Autore: Salvatore Menditto)

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