MSE e Agcom: gli User Generated Content esclusi dalla normativa sui servizi audiovisivi. Ma i dubbi rimangono

In una interrogazione parlamentare a risposta immediata, svoltasi alla Camera il 12 gennaio scorso, l’onorevole Flavia Perina (FLI) ha posto al Ministro dello sviluppo economico il quesito che agita il mondo della rete dal momento in cui sono state pubblicate la delibera Agcom 607/10/CONS sulla regolamentazione della fornitura di servizi di media audiovisivi a richiesta.

Ovvero, sapere se YouTube, Dailymotion, Vimeo e simili siti e servizi di aggregazione di contenuti generati dagli utenti (comunemente detti UGC – User Generated Content) rientrino o meno nell’ambito della disciplina individuata dai regolamenti dell’Autorità. A rispondere è stato delegato il ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, il quale ha escluso che tali servizi possano rientrare nei regolamenti Agcom. La notizia ha fatto immediatamente il giro della rete, facendo tirare un sospiro di sollievo a quanti pensavano all’ennesimo tentativo di tarpare le ali alla rete e alla libertà di espressione dei cittadini-utenti. Vito ha chiarito di parlare a nome del Ministero dello sviluppo economico, il quale a sua volta avrebbe consultato l’Agcom, perciò andrebbe escluso qualsiasi dubbio sulla competenza dell’interlocutore. Qualche motivo di preoccupazione rimane, peraltro, in quanto leggendo la risposta del ministro ci si rende conto che altro non è che la citazione di quanto espressamente scritto nell’art. 2 della delibera, che esclude i servizi UGC tranne “nel caso in cui sussistano, in capo ai soggetti che provvedono all’aggregazione dei contenuti medesimi, sia la responsabilità editoriale, in qualsiasi modo esercitata, sia uno sfruttamento economico”. Il nocciolo della questione rimane, come del resto era già stato ampiamente notato dai commentatori, l’interpretazione del concetto di “responsabilità editoriale”. Secondo il parere del MSE, riportato da Vito, “i siti che non selezionano ex ante i contenuti generati dagli utenti, ma effettuano una mera classificazione dei contenuti stessi, non rientrano nel campo di applicazione della norma”. Si tratta evidentemente di una mera interpretazione, confortata dalle già citate f.a.q. pubblicate sul sito dell’Agcom, ma ancora una volta apparentemente in contraddizione con il testo della delibera stessa; laddove tra l’altro, nelle osservazioni dell’Autorità all’art.1, si parla in questi termini di responsabilità editoriale in capo al soggetto che mette a disposizione il contenuto agli utenti finali: “tale soggetto, benché in astratto non sia in condizione di determinare la scelta di ogni singolo prodotto audiovisivo all’interno delle sezioni di catalogo dallo stesso direttamente offerte, in concreto risulta pienamente in grado di pre-ordinarne la tipologia a livello contrattuale, almeno in termini di qualità e di genere, in relazione alla complessiva linea editoriale del catalogo proposto agli utenti”. Ottimismi precoci e questione ancora aperta, quindi, in attesa della concreta applicazione delle nuove norme nella realtà dell’internet italiana. (E.D. per NL)

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