Pubblicità: il web cresce ma non abbastanza. La nuova frontiera è social… privacy permettendo

Nel quadro poco rassicurante degli investimenti nel mercato pubblicitario italiano di inizio 2012 (gennaio – dati Nielsen), l’unico trend positivo è ancora una volta quello di internet.

Il calo generale rispetto allo stesso mese dell’anno scorso è del 7,1 %. Crollano i quotidiani (-8,9%) e i periodici (-14,5%); la TV, pur rappresentando ancora quasi il 60% del mercato, fa registrare una flessione del 6,3%. L’advertising online invece cresce del 10,3%, raggiungendo la quota dell’8% circa sul totale degli investimenti. Secondo alcuni, peraltro, questi numeri non esprimono ancora appieno la potenzialità di sviluppo della pubblicità sul web. Colpa, a quanto pare, di modelli ancora in divenire che scontano la scarsa dimestichezza con i linguaggi e le pratiche comunicative dei nuovi media, e spesso si limitano a riproporre online le strategie utilizzate per la televisione e simili mezzi broadcast. Complice anche la crescita inesorabile del video online, che sta rapidamente egemonizzando il traffico sulla rete; tendenza che non solo obbliga a rivedere al rialzo i limiti di banda a disposizione degli utenti, ma facilita e suggerisce anche l’utilizzo di formati pubblicitari tipicamente televisivi, come il classico spot. Ovvio che questo tipo di messaggi, per quanto efficaci, non sfruttino per nulla le capacità interattive proprie del mezzo, producendo anzi la netta e a volte sgradevole sensazione di un’internet televisiva. Proprio per questo chi si muove negli scenari più avanzati dell’advertising si sta sforzando di trovare nuove vie per sfruttare fino in fondo la capillarità e l’interattività della rete e dei suoi servizi. Perciò, pur mantenendo e rafforzando l’apparato display (quello che, per intenderci, ci bombarda ogni giorno con rutilanti messaggi animati durante la navigazione in rete), in futuro gli operatori si concentreranno assai di più sul lato social, facendo a gara per trovare il modo di sfruttare l’enorme mole di dati messi a disposizione volontariamente dagli utenti delle comunità online per colpire in modo selettivo ed efficace i potenziali consumatori con messaggi mirati e personalizzati. E magari reclutando gli stessi internauti in più o meno consapevoli campagne di marketing virale. Ovvio che tutto ciò possa andare a impattare con problematiche di regolamentazione e privacy che, più che la grande massa degli utenti, potrebbero preoccupare organismi e istituzioni preposti alla tutela. Di questo fattore è ben consapevole IAB, associazione che riunisce investitori e operatori della comunicazione pubblicitaria interattiva, che ha recentemente rinnovato i suoi vertici e tra i suoi prossimi obiettivi ha proprio quello di interloquire con i più alti livelli istituzionali. Per far conoscere il proprio punto di vista sulla normativa di settore e possibilmente (come ha dichiarato a Italia Oggi la neo presidente Simona Zanette) “perchè si facciano leggi non penalizzanti, ma anche esplicative per i consumatori”. Non sarà un caso che la presa di posizione avvenga nel momento in cui, con un anno di ritardo, si comincia a discutere in Consiglio dei Ministri del Decreto legislativo di recepimento della Direttiva 2009/136/CE, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche. (E.D. per NL)

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