Radio. DAB: il consorzio DAB Italia veicolerà Radio Vaticana. Aggiudicato contratto trasporto dopo bando di cui è stato unico partecipante

Radio Vaticana

Radio Vaticana in DAB+ nazionale per i prossimi 19 anni (senza oneri per la Santa Sede a seguito dell‘Accordo con lo Stato italiano del 2010) su DAB Italia. La gara indetta il 16/06/2025 dal Ministero delle imprese e del made in Italy è stata vinta dall’unico partecipante dei tre abilitati a concorrere.

Sintesi

Il consorzio DAB Italia si è aggiudicato il trasporto in DAB+ dei programmi di Radio Vaticana in esecuzione dell’Accordo Italia–Santa Sede del 2010, al termine di una procedura avviata dal MIMIT il 16/06/2025 e rimasta priva di reale competizione.
Nonostante un appalto ventennale da oltre 6 milioni di euro e coperto da risorse statali, i vincoli tecnici, gli obblighi stringenti, l’assenza di subappalto e la necessità di garantire 36 CU a titolo gratuito hanno evidentemente reso l’offerta poco appetibile per gli altri due possibili operatori (RAI ed Eurodab Italia).
L’esito della gara — che prevedeva standard elevati, responsabilità dirette e margini di tolleranza ridotti — è comunque destinato a influenzare gli equilibri futuri del mercato DAB+ italiano, ponendo un benchmark per capacità trasmissiva, qualità del servizio e sostenibilità economica dei modelli di lungo periodo.

Il bando del 16/06/2025

Tre consorzi DAB+ nazionali (RAI, Eurodab Italia, DAB Italia) potevano concorrere al bando pubblicato il 16/06/2025 dal Ministero delle imprese e del made in Italy in attuazione delle previsioni di cui all’art. 12, commi 5 del D.L. n. 198/2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 30/12/2022 (Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi).

La norma d’origine

La norma stabiliva che, al fine di dare attuazione all’Accordo tra l’Italia e la Santa Sede in materia di radiodiffusione televisiva e sonora del 14 e 15/06/2010, il dicastero avrebbe avviato una procedura di gara con offerte economiche al ribasso per selezionare un operatore di rete titolare di diritto d’uso radiofonico nazionale in tecnica digitale che rendesse disponibile, senza oneri per la Città del Vaticano (perché a carico dello Stato italiano), per un periodo pari alla durata dell’Accordo (residui 19 anni), la capacità trasmissiva di un modulo da almeno 36 unità di capacità trasmissiva su un multiplex DAB+ con copertura nazionale.

Il valore economico dell’Accordo

La spesa autorizzata per la gara era pari a 338.000,00 euro a decorrere dal 2023, successivamente rideterminata, con la legge di bilancio 2025, in 321.000 euro annui a partire dall’anno 2026.

Appetibilità

Una opportunità evidentemente considerata poco appetibile (forse per vincoli considerati eccessivi rispetto al prezzo offerto dallo Stato italiano o – più improbabilmente – per indisponibilità di capacità trasmissiva da destinare a Radio Vaticana), se vi ha partecipato solo un consorzio (DAB Italia), che quindi si è aggiudicato il contratto con decreto ministeriale del 15/10/2025.

La Commissione per la decisione sul carrier di Radio Vaticana

Nel merito, ricordiamo che il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, a fine luglio 2025 (ma con pubblicazione ad agosto), aveva nominato la commissione che avrebbe valutato le offerte presentate per la gara sulla veicolazione in DAB+ di Radio Vaticana. In gioco vi era una concessione ventennale con parametri tecnici stringenti, risorse pubbliche ridotte e responsabilità importanti per l’operatore aggiudicatario.

Orizzonte temporale straordinariamente lungo

Un orizzonte temporale straordinariamente lungo, che, osservavamo questa estate, avrebbe reso questo affidamento non solo una questione tecnica legata alla diffusione di un servizio religioso e istituzionale, ma anche un tassello destinato ad incidere sugli equilibri del mercato radiofonico digitale italiano.

Un bando di alto impegno

L’avviso pubblicato il 16/06/2025, del resto, aveva già fissato condizioni di partenza molto dettagliate. Il futuro aggiudicatario avrebbe dovuto garantire a Radio Vaticana, a titolo gratuito (si sarebbe surrogato lo Stato italiano nel pagamento a seguito della rinuncia della Santa Sede allo sfruttamento delle frequenze digitali assentite al Vaticano in ambito internazionale), almeno 36 unità di capacità trasmissiva (CU) su un multiplex DAB+ con copertura minima pari al 70% della popolazione nazionale (essendo, come detto, tre i mux assegnatari e quindi la scelta si sarebbe ridotta ad uno di essi).

48 kbps

Le specifiche tecniche parlavano di un bitrate minimo di 48 kbps, disponibilità di piattaforme ridondate per la consegna dei contenuti, sistema di tracciamento e controllo della qualità, tempi di intervento tecnico non superiori a 8 ore lavorative.

Obblighi stringenti

A ciò si aggiungevano obblighi particolarmente vincolanti, quali divieto di subappalto, responsabilità civile e penale per eventuali danni, rispetto della normativa sulla tracciabilità dei flussi finanziari e delle disposizioni sulla protezione dei dati personali. Insomma, un bell’impegno da confrontare, sinallagmaticamente, con il prezzo di trasporto.

Valore dell’appalto

Prezzo che partiva (astrattamente scendendo), dal valore massimo dell’appalto, fissato in 6,116 milioni di euro. Una cifra che però teneva conto dell’arco temporale ventennale e della rideterminazione delle risorse disponibili, passate dai 338.000 euro annui previsti inizialmente ai 321.000 euro stabiliti a partire dal 2026 con la legge di bilancio.

I rischi per l’aggiudicatario

Come detto, se per la Santa Sede l’operazione non avrebbe comportato alcun costo, per lo Stato italiano e per l’operatore che sarebbe risultato vincente la partita sarebbe stata tutt’altro che leggera. Il MIMIT aveva infatti chiarito che il pagamento del corrispettivo annuo sarebbe stato subordinato alla certificazione dello Stato Vaticano circa il regolare svolgimento del servizio.

Margini di tolleranza ridotti

Ciò significava che l’operatore avrebbe avuto ridotti margini di tolleranza: eventuali disservizi, ritardi o mancato rispetto delle specifiche tecniche avrebbero potuto comportare il blocco dei pagamenti, oltre ad esposizioni sotto il profilo delle responsabilità legali.

Onerosità dell’impegno

Inoltre, l’assenza di possibilità di subappalto accentuava ulteriormente l’onerosità dell’impegno. Tutti i costi di manutenzione, assistenza tecnica, adeguamento tecnologico e garanzia di continuità sarebbero ricaduti direttamente sull’aggiudicatario, che avrebbe dovuto essere in grado di garantire standard elevatissimi di affidabilità per un arco temporale quasi ventennale.

Un laboratorio per il mercato DAB+ italiano

Ciò posto, nel precedente articolo sul tema osservavamo come, sebbene formalmente circoscritta alla diffusione dei programmi di Radio Vaticana, la gara avrebbe rappresentato un banco di prova con implicazioni più ampie.

Benchmark

I parametri fissati dal bando — dalle 36 CU alla copertura minima del 70%, fino alle ridondanze tecniche — costituivano un benchmark che avrebbe certamente influenzato le future gare o i rapporti contrattuali tra operatori di rete e fornitori di contenuti.

Test di sostenibilità economica

Scrivevamo ad agosto: “In un momento in cui il DAB+ in Italia sta vivendo una fase di consolidamento, con un progressivo aumento delle coperture e una crescente pressione competitiva tra operatori nazionali e locali, la procedura vaticana sarà anche un test di sostenibilità economica per un modello di lungo periodo”.

Esempio paradigmatico

Non a caso, fonti vicine al comparto avevano riferito a NL che «la rigidità delle clausole e la durata dell’impegno rendono questa gara un esempio paradigmatico di come il legislatore intenda regolare la distribuzione della capacità trasmissiva digitale in futuro».

Partecipazione sintomatica

Ora la conferma che alla gara ha partecipato solo un consorzio tra i tre abilitati a farlo (e non la RAI su cui molti avrebbero scommesso), apre a molte riflessioni su quella che ad osservatori generici pareva un’interessante opportunità economica.

Non solo una questione economica

Ma secondo alcuni, ad aver pesato sulla decisione di non partecipare potrebbe non essere stato solo il valore della spesa autorizzata associato a vincoli estremamente rigidi di trasporto, quanto l’opportunità di sfruttare altrimenti i 36 CU che avrebbero dovuto essere destinati a Radio Vaticana. (E.G. per NL)

 

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