Radio: fiore all’occhiello dei gruppi multimediali. Nessuna esigenza di divisione dei ruoli produttivo e distributivo

La crisi economico-finanziario non risparmia nessuno, nemmeno nel campo dell’editoria, intesa in senso generale. Ma punisce soprattutto i vecchi editori della carta stampata, già aggredita dalle nuove tecnologie ben prima dell’avvento della recessione mondiale. Così quei gruppi aventi il core-business incentrato sulla carta, ma che hanno saputo per tempo diversificare, presidiando settori attigui come web, televisione e soprattutto radio, ora soffrono meno. O, quanto meno, le cifre negative a bilancio impattano in misura inferiore, in quanto la debacle della carta viene bilanciata dai risultati positivi degli altri comparti (sempre che i presidi alternativi siano in grado di incidere a bilancio, ovviamente). Un esempio in questo senso viene dal gruppo L’Espresso, cui ha dedicato ieri un’analisi dei conti dello scorso esercizio il quotidiano economico-finanziario Italia Oggi. Infatti, se le testate locali de L’Espresso (che fanno capo a Finegil) hanno fatturato nel 2008 ben 270,5 mln di euro a fronte però di una redditività del 21,3%, le radio (Dee Jay, Capital e m2o, di proprietà di Elemedia), con un fatturato di 79 mln di euro, hanno garantito al gruppo una redditività del 40%, che, pur in discesa dall’incredibile 51,2% del 2007, rimane sempre un valore che la carta stampata si sogna. Insomma, le radio, per l’Espresso (ma il discorso vale per tutti i gruppi multimediali), sono il pezzo forte (anche se il grosso del volume d’affari deriva pur sempre da Repubblica, con 492 mln di fatturato), sicché, privarsene, significherebbe mandare al mercato (in generale) un segnale altamente negativo, quasi un preavviso di disimpegno generale che passa dalla vendita dei gioielli di famiglia per poi giungere ai pezzi di meno valore. Nessun gruppo (quotato o meno) si sognerebbe di farlo. Tale ragionamento, da solo, la dice lunga sul fondamento di certe voci girate nelle scorse settimane a riguardo della volontà di alcuni operatori attivi con più media di disimpegnarsi in tutto o in parte dal settore radiofonico. Figurarsi. Anzi, posta la necessità di lanciare segnali positivi al mercato, i maggiori player della multimedialità spingono in direzione opposta, evidenziando, in ogni occasione possibile, l’intenzione di presidiare ancor di più i comparti con maggiori potenzialità di sviluppo e di redditività. Cioè la radio, ancor prima del web, che ha sì buone speranze di crescita, ma dispone di una redditività ancora (troppo) bassa. Diverso invece il caso della televisione, ammazzata dai costi elevati di produzione per garantirsi un appeal significativo. Tuttavia, mentre per la carta stampata non appaiono evidenti speranze di cambiamento di rotta, in tv potrebbe presto cambiare lo scenario, con l’avvento dell’ambiente digitale. Il contesto numerico prevede infatti la divisione, netta, dei ruoli editoriale e distributivo. studio%20radiofonico(1) - Radio: fiore all'occhiello dei gruppi multimediali. Nessuna esigenza di divisione dei ruoli produttivo e distributivoE’ probabile quindi che gran parte delle stazioni locali e delle nazionali minori si convertano all’attività prevalente di network provider, cioè di carrier di prodotti editoriali altrui, favorendo l’ingresso nel settore, quali fornitori di contenuti – cioè gli editori in senso stretto -, di soggetti che fino ad oggi non hanno potuto farlo per gli elevatissimi costi per rilevare le infrastrutture tecniche (difficilmente ammortizzabili in un periodo finanziariamente accettabile). Una modifica così rilevante del modo di fare televisione non potrà non avere effetti sull’economia generale del mezzo, cosicché è lecito attendersi che i criteri di valutazione applicati sino ad oggi siano completamente da rivedere. Non sarà così, invece, e ancora a lungo, per la radio. In primo luogo perché essa non ha l’immediata esigenza di digitalizzarsi e, quand’anche lo facesse, avendo costi produttivi enormemente inferiori a quelli della tv, la divisione dei ruoli tra fornitore di contenuti e operatore di rete avrebbe poco rilievo, cosicché gli attuali radiofonici continuerebbero a rivestire il duplice ruolo di produttori e veicolatori. E’ quindi probabile che l’assalto alla diligenza radiofonica, non appena l’economia internazionale uscirà dalle sabbie mobili, riprenderà con foga.

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