Tv: l’ombra della Conferenza di Ginevra sull’Italia

La conferenza CRR06 ha stabilito, i canali definitivi dopo lo switch off della TV analogica


Un’altra ombra si affaccia sul panorama televisivo italiano. La recente Conferenza internazionale sulle tlc (Ginevra CRR06)ha (ri)disegnato l’occupazione dello spettro r.e. dopo lo switch-off analogico/digitale. E’ vero che è un problema di là a venire, considerato che il de prufindis della tecnica analogica dovrebbe essere intonato almeno tra sei anni (ma si sa che non se ne parlerà prima di dieci…), tuttavia le assegnazioni di frequenza all’Italia lasciano inquieti molti di quegli editori che hanno visionato il piano, nonché le associazioni di consumatori, considerato che si parla di risintonizzare e delocalizzare impianti regionali storici e quindi di modificare i sistemi di ricezione di gran parte dell’utenza. E’ altrettanto vero che c’è tutto il tempo per cercare soluzioni alternative (magari attraverso la formula degli accordi bilaterali con i paesi confinanti, diretti interessati), ma il recente sostanziale fallimento delle relazioni con la Confederazione elvetica per la soluzione del contenzioso storico in FM, inasprito dall’attivazione degli impianti di Castel San Pietro (qui per leggere l’evoluzione storica della questione) lascia dubbiosi (si è giunti al solito empasse…).Questo periodico è venuto in possesso del file contenente il piano completo delle emissioni trasfrontaliere in UHF approvato a Ginevra, da cui emerge che molte delle attuali emissioni potrebbero essere destinate ad altri siti (italiani e non). In modo particolare, tanto per fare qualche esempio lombardo, a Valcava si prevede la presenza di soli undici canali, mentre al Monte Penice dovrebbero essere localizzati sei canali; per Milano città dovrebbero invece essere previste emissioni attraverso quattro impianti. Nel merito, a parte i problemi tecnici derivanti per le emissioni attualmente presenti nei siti citati su canali non pianificati, vi sarebbero inconvenienti enormi per l’utenza, obbligata a cambiare i sistemi di ricezione. Certo, una via d’uscita sarà costituita da una pianificazione di secondo livello, basata sull’utilizzo di emissioni di ridotta potenza dai medesimi siti su canali compatibili con la pianificazione primaria, ma la scontata limitatezza della portata diffusiva non consentirà certamente sufficiente dignità imprenditoriale ai soggetti attualmente (o successivamente) esercenti gli stessi. Insomma un altro pasticcio che discende dalla mancata attuazione del Piano nazionale di assegnazione delle frequenze previsto dalla l. 223/90, fonte di quasi tutti i mali settoriali.(NL)

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