Roma – Lo streaming di BBC intasa la rete, iPlayer sta rovinando i provider britannici, incapaci di contenere la fame di banda dei propri utenti: se BBC non è disposta a sopportare che il traffico che genera venga ridimensionato, è necessario che contribuisca economicamente, chiedono gli ISP. Ma BBC non è disposta a sottostare ai filtri né intende cedere al ricatto che potrebbe compromettere la neutralità della rete: “sarebbe quantomeno strano che BBC finanziasse un tale upgrade”.
iPlayer, il discusso progetto che BBC ha sviluppato per mettere a disposizione i propri contenuti, piace ai netizen: se ne servono soprattutto in streaming, sono stati 17 milioni i programmi tv visti nelle prime settimane dall’avvio. Ma BBC non ha fatto i conti con i provider, coloro che materialmente devono sostenere il carico delle passioni degli utenti: OFCOM, l’Authority britannica per le TLC, aveva previsto che l’iniziativa BBC avrebbe impattato sugli ISP con oltre un miliardo di euro in costi aggiuntivi.
Le prime avvisaglie dello scontro erano affiorate già nel mese di febbraio: Plusnet aveva definito iPlayer una bomba ad orologeria che se ora si accaparra il cinque per cento della banda resa disponibile ai propri utenti, potrebbe far detonare la fornitura di servizi forniti ai netizen. Anche Tiscali e Carphone Warehouse si erano accodate alla protesta chiedendo che BBC foraggiasse gli ISP per irrobustire i propri servizi di connettività, irrimediabilmente ingolfati dal successo di iPlayer.
BBC aveva replicato definendo trascurabile l’impatto del servizio sulle capacità dei provider di fornire i servizi ai cittadini della rete. A questa rassicurazione, la Beeb ha fatto seguire un serie di invettive indirizzate ai provider, che il dirigente Ashley Highfield ha postato sul proprio blog. Quello che gli ISP non dicono, spiegano da BBC, è che non sono in grado di fornire ai propri utenti servizi di qualità perché imbellettano le proprie proposte commerciali con assicurazioni di banda infinita che non possono in realtà permettersi di fornire: gli ISP dovrebbero garantire la banda minima e non vendere banda oltre le proprie possibilità, contando sul fatto gli utenti non siano in grado di sfruttarla. Sono i provider a doversi sobbarcare l’onere di un upgrade della rete o di offerte più trasparenti per i propri utenti.
Ma BBC si spinge oltre le raccomandazioni e scaglia diffide. Gli ISP che dovessero pensare di arginare il problema con il traffic shaping, stiano in guardia: BBC e i content provider “potrebbero iniziare ad indicare sui propri siti gli ISP sui quali il proprio servizio funziona al meglio, e quali ISP sono invece da evitare”.
Tiscali non intende sottostare a questa minaccia: il dirigente Simon Gunter non è disposto a tollerare che “un ente pubblico spieghi ad un’azienda come gestire i propri affari”. “Non servono a nulla i commenti provocatori riguardo alle liste nere di ISP” ha spiegato, confermando la propria intenzione di non voler investire alcunché solo per garantire a BBC un servizio di qualità. Tuttalpiù si potrebbe pensare di introdurre un sovrapprezzo per gli utenti che desiderino fruire dei servizi streaming di iPlayer, di imporre loro una BBC tax.
Ma il problema appare ben più vasto rispetto ai soli servizi BBC che, sebbene stiano riscuotendo un successo dirompente, non sono gli unici a pesare sulle promesse che i provider stipulano con i loro utenti. La rete è sempre più affollata di contenuti, la sete degli utenti è sempre più incontenibile: iPlayer non è che la punta dell’iceberg di un problema che secondo molti andrebbe affrontato a monte lavorando sulle infrastrutture, senza costruire corsie preferenziali.
Gaia Bottà