Web e diritto d’autore. I provider internet potrebbero essere obbligati ad inibire l’accesso ai siti che lo violano

È probabile che la Comunità Europea, dopo che il Parlamento Europeo aveva deciso la bocciatura dell’ACTA (Anti Counterfeiting Trade Agreement), avvenuta nel luglio del 2012, sia costretta a tornare sui propri passi per una decisione della Corte di Giustizia.

È in arrivo, infatti, un’importante decisione in materia di tutela del diritto d’autore in internet; l’alta Corte, infatti, qualora recepisse le conclusioni dell’avvocato generale Pedro Cruz Villalón, potrebbe sancire l’obbligo degli Isp a bloccare l’accesso ai siti internet che violano il diritto d’autore. L’avvocatura generale della Corte di Giustizia Ue, intervenuta sul ricorso della Suprema Corte austriaca (Oberste Gerichtshof) – che chiedeva inoltre chiarimenti sull’adozione di un eventuale provvedimento inibitorio per porre fine alle violazioni e prevenirne delle altre – è pervenuta a tale conclusione: il provider, pur non intrattenendo alcun rapporto con i gestori dei siti, dovrebbe essere considerato come un intermediario i cui servizi sono utilizzati da un terzo – segnatamente il gestore del sito internet – per violare il diritto d’autore e di conseguenza deve essere preso in considerazione quale destinatario del provvedimento inibitorio. Inoltre l’avvocato generale Villalón ritiene che "non sia compatibile con il necessario bilanciamento tra i diritti fondamentali delle parti coinvolte, vietare a un provider in modo totalmente generale e senza prescrizione di misure concrete di consentire ai suoi clienti l’accesso a un determinato sito internet che viola il diritto d’autore". Qualora venisse recepito ed attuato tale principio, il provider potrebbe evitare le conseguenti sanzioni per la violazione di tale divieto dimostrando di aver adottato ogni idonea misure per il relativo rispetto; spetterebbe poi ai giudici nazionali, nei contenziosi interni, compiere e rendere effettivo l’equilibrato bilanciamento tra i diritti fondamentali delle parti interessate: l’avvocato generale Cruz Villalón, infatti, evidenzia che il titolare dei diritti ritenuti violati dovrebbe anzitutto citare in giudizio direttamente – ove possibile – i gestori del sito internet illegale o, in subordine, i propri provider. La vicenda trae origine da un contenzioso austriaco: la Corte Suprema di oltralpe è stata investita quale giudice di legittimità di una controversia tra la UPC Telekabel Wien (internet provider austriaco di grandi dimensioni) da un lato, e la Constantin Film Verleih e la Wega Filmproduktionsgesellschaft dall’altro: su domanda di questi ultimi i giudici dei precedenti gradi di giudizio avevano proibito al provider (attraverso un provvedimento cautelare – nel caso del giudice d’appello, senza menzionare le concrete misure da adottare) di fornire un accesso ai suoi clienti al sito kino.to che permette agli utenti di vedere in streaming o scaricare film i cui diritti sono di Constantin e Wega. Il provider austriaco si è difeso limitandosi a sostenere di non avere alcun rapporto giuridico con i gestori del sito; ad avviso della Suprema Corte austriaca, tuttavia, si può ritenere "con quasi assoluta certezza che alcuni clienti dell’UPC abbiano fruito dell’offerta di kino.to". Da qui l’esigenza di investire della vicenda la Suprema Corte di Giustizia, alla quale, dopo il parere dell’avvocato generale, spetterà di deliberare nel merito. È probabile che i Giudici sovranazionali possano avviare un’auspicabile “inversione di tendenza” in materia di tutela del diritto d’autore in internet, dopo la deludente bocciatura dell’Acta decretata dal Parlamento europeo nel luglio del 2012: l’ACTA (Anti Counterfeiting Trade Agreement) nasceva dalla necessità di rimodulare ed aggiornare gli accordi internazionali che, fin dal 1994, regolano i rapporti e gli scambi commerciali tra gli stati. Gran parte dei paesi interni alle organizzazioni WTO (World Trade Organization) e WIPO (World Intellectual Property Organization) hanno tollerato la “pirateria” e la contraffazione al punto tale di farne un punto saldo della loro economia; soprattutto i paesi in via di sviluppo, nei quali la proprietà intellettuale è debole – ma nei quali le potenzialità produttive sono enormi – non accettano alcun nuovo compromesso. L’Europa, dal canto suo, pur essendo considerata la “culla della cultura”, radicata nei valori dell’intelletto e della tutela della proprietà intellettuale, ha mostrato di accogliere le ragioni degli oppositori dell’ACTA, secondo i quali la negoziazione in segreto (da parte un piccolo numero di Paesi ricchi e poteri aziendali) lasciava presagire l’istituzione di un’intesa anticontraffazione che avrebbe consentito ai detentori del “potere” privato di sorvegliare tutte le attività online degli utenti. Forse la Suprema Corte, qualora recepirà le conclusioni dell’avvocatura generale, potrà porsi in ‘controtendenza’ almeno nella fissazione di saldi principî nella gestione di internet; e porre rimedio alla necessità di tutela della proprietà intellettuale, del diritto d’autore e della proprietà privata, anteponendone il rango primario rispetto alla generalizzata ed incontrollata “libertà” del web. (Italo Mastrolia – avvocato del Foro di Roma esperto di diritto d’autore e diritti connessi – fiduciario Consultmedia.it)
 

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