L’escalation di diffide sul web per presunte violazioni del diritto d’autore minaccia la libera circolazione delle immagini storiche e mette a rischio la memoria culturale condivisa.
Sintesi
Negli ultimi anni si è sviluppato un fenomeno che sta alterando profondamente l’ecosistema dell’editoria digitale: un crescente numero di contestazioni per l’uso di vecchie locandine, bozzetti e materiali grafici storici all’interno di articoli informativi e di critica.
Un patrimonio visivo che per decenni è stato liberamente condiviso e tramandato dagli stessi appassionati, oggi diventa terreno di scontro, complici nuove società che acquistano diritti dagli eredi degli autori ed attivano richieste risarcitorie spesso elevate, nonostante l’esimente prevista dall’art. 70 LDA.
Il risultato è un clima di timore che induce blog, testate e micro-editori a transare anche quando non vi sarebbero responsabilità reali, alimentando un circuito speculativo che scoraggia l’uso delle immagini autentiche e spinge verso surrogate creazioni A.I.
Il rischio, senza interventi legislativi e strumenti pubblici di verifica, è quello di cancellare progressivamente la memoria visiva del Novecento, sacrificata sull’altare di interpretazioni distorte della tutela del diritto d’autore.
Cortocircuito culturale
Negli ultimi anni si sta consolidando un fenomeno che, nel mondo dell’editoria digitale, inizia a essere percepito come un vero e proprio cortocircuito culturale. Sempre più frequentemente, testate giornalistiche online, blog storici, associazioni culturali e micro-editori sono destinatari di contestazioni per il presunto utilizzo illecito di immagini archiviate in articoli di approfondimento, pezzi di critica cinematografica, ricostruzioni storiche o semplici narrazioni culturali.
Locandine cinematografiche, bozzetti grafici, still promozionali
In particolare, il materiale nel mirino è quasi sempre lo stesso: vecchie locandine cinematografiche, bozzetti grafici, fotografie di scena, still promozionali e materiali pubblicitari prodotti tra gli anni ’50 e gli anni ’80, frutto del lavoro di illustratori, grafici e artisti che, all’epoca, incarnavano un modo artigianale e visionario di concepire la comunicazione visiva.
Terreno minato
Quello che sarebbe un patrimonio culturale da preservare, condividere, contestualizzare e tramandare, rischia oggi di trasformarsi in un terreno minato dove l’uso di un’immagine – spesso a bassa risoluzione, priva di qualità commerciale e inserita in un contesto meramente informativo (quindi rientranti nelle esimenti ex art. 70 L. 633/1941, cioè la legge sul diritto d’autore, cd. LDA – può innescare richieste risarcitorie nell’ordine delle migliaia di euro. È il sintomo di un fenomeno più ampio, in cui la tutela del diritto d’autore sembra piegarsi a logiche privatistiche, generando situazioni paradossali, se non, in alcuni casi, addirittura veri e propri abusi del diritto.
Nuovo mercato speculativo
Alla base di questa dinamica si colloca un nuovo mercato, in crescita costante, che vede alcune società specializzate acquisire dagli eredi degli illustratori dell’epoca i diritti economici relativi alle opere originali: bozzetti, layout, pitture, fotografie, materiali di scena e tavole grafiche. Nulla di illegittimo, naturalmente. Ma ciò che sorprende è il modo in cui questi diritti vengono poi esercitati. Una larga parte del materiale acquistato è già ampiamente diffusa, spesso da decenni, e si trova facilmente in circolazione sui social network, nei forum di appassionati, nelle collezioni digitalizzate, negli archivi amatoriali o nelle ricostruzioni online di appassionati di cinema, musica e cultura pop.
Massima circolazione
Una diffusione, questa, che non solo non è mai stata ostacolata, ma che anzi è stata, negli anni, favorita dallo stesso ecosistema culturale dell’epoca: le case di produzione distribuivano i materiali promozionali con lo scopo esplicito di incentivarne la massima circolazione possibile, affinché il film o l’opera risultassero ovunque riconoscibili. La stessa logica è proseguita nel mondo digitale, con una trasmissione spontanea e incontrollata di queste immagini, condivise da appassionati e studiosi senza finalità commerciali.
Fenomeno inquietante
Oggi, però, questo patrimonio condiviso è al centro di un fenomeno inquietante. Dopo aver favorito – o comunque mai scoraggiato – la circolazione delle immagini, alcune società titolari dei diritti monitorano sistematicamente la rete attraverso software di web crawling e, una volta individuati usi non autorizzati, intervengono con richieste di rimozione immediata e di risarcimenti talvolta molto elevati.
Migliaia di euro
Parliamo di importi che possono oscillare tra mille e diverse migliaia di euro per un numero di immagini che stanno sulle dita di una mano, calcolati sulla base di tariffari SIAE generalmente privi di forza cogente e accompagnati da voci di danno che, nella maggior parte dei casi, non trovano alcun riscontro oggettivo.
Il paradosso
Il paradosso maggiore è che molte delle immagini contestate sono state rese disponibili proprio dalle reti culturali, dagli archivisti amatoriali, dai collezionisti e dai primi digitalizzatori del web che, nel tentativo di salvare un patrimonio altrimenti destinato all’oblio, ne hanno favorito la sopravvivenza. Oggi, quegli stessi materiali vengono reinterpretati come fonte di lucro, trasformando un lavoro di salvaguardia culturale in una potenziale responsabilità economica a carico di chiunque li abbia condivisi in buona fede.
Reazione
La reazione delle realtà editoriali, soprattutto quelle medio-piccole, è comprensibilmente prudente. Nonostante molte volte l’uso delle immagini ricada in pieno nelle libere utilizzazioni previste dall’art. 70 LDA – che consente la riproduzione di parti di opere per finalità di critica, discussione, cronaca e contestualizzazione storica, purché non si crei concorrenza all’opera originale – il timore del contenzioso porta alla scelta più semplice: transare. Anche quando la pretesa risarcitoria appare infondata, si preferisce pagare per evitare l’incertezza, i tempi lunghi della giustizia civile, gli oneri legali e l’effetto psicologico di una potenziale causa.
L’art. 70 LDA
“L’articolo 70 LDA è inequivocabile – spiega l’avvocato Stefano Cionini, co-founder e senior partner di MCL Avvocati Associati, tech-law firm con focus in ambiente editoriale, che ha difeso diversi editori da tali contestazioni – nella misura in cui dispone che “Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali”.
Bassa risoluzione
E ciò soprattutto se le immagini sono pubblicate in forma ridotta, a bassa risoluzione, senza finalità strettamente commerciali, per illustrare contenuti storico-culturali-artistici relativi ai temi trattati dalla testata, senza sostituire, pregiudicare, sfruttare l’opera originaria, con chiaro fine di contestualizzazione giornalistica e quindi assolutamente entro i limiti della correttezza e della continenza, senza che ciò possa costituire una nuova comunicazione al pubblico.
La giurisprudenza
La costante giurisprudenza, del resto, riconduce l’uso di immagini a fini di informazione storica e culturale nel perimetro della libera utilizzazione, quando si tratti di utilizzo non sostitutivo, non pregiudizievole per il mercato dell’opera e strettamente necessario alla comprensione del fatto narrato.
Il Compendio SIAE
Peraltro, la nuova edizione (03/05/2025, con novella dal 12/06/2024 ) del Compendio delle norme e dei compensi per la riproduzione di opere delle arti figurative di SIAE, alla voce “Diritto di cronaca”, oggi prevede quanto segue: “sono esenti dal pagamento le riproduzioni fino ad un numero massimo di quattro riproduzioni di opere tutelate per ogni articolo, su carta, digitale e online, senza alcuna limitazione di dimensioni. Sono escluse dall’esenzione le riproduzioni di opere tutelate a corredo di articoli con finalità diversa dalla cronaca, come articoli con finalità illustrativa, documentaristica o scientifica o che in qualche modo abbiano carattere promozionale, pubblicitario, pubbliredazionale, ovvero si tratti di recensioni a pagamento, ecc.”, conclude l’avvocato Cionini.
Il rischio più grande
È tuttavia in questa dinamica che si nasconde il rischio più grande. Ogni transazione diventa, involontariamente, un precedente. Ogni pagamento, anche se effettuato senza ammissione di responsabilità, legittima ulteriormente l’idea che tali richieste siano fondate, spingendo altre società a replicare lo stesso modello e alimentando un sistema che, di fatto, trae beneficio dalla paura di contestazioni più che dall’effettiva violazione del diritto d’autore.
Risultato devastante sul piano culturale
Il risultato sul piano culturale è devastante. Consapevoli di questo rischio, molte testate stanno abbandonando progressivamente l’utilizzo di materiali storici autentici, sostituendoli con immagini generate artificialmente. L’intelligenza artificiale diventa così un escamotage per evocare un’epoca senza utilizzare le opere originali, un modo per raccontare il passato senza correre rischi, ma al prezzo di un tradimento della verità storica.
Reinterpretazioni infedeli
Le immagini A.I. non sono copie (come quella in apertura di questo articolo), ma reinterpretazioni, spesso infedeli, di un patrimonio visivo che viene così progressivamente sostituito da surrogati. Una riscrittura involontaria della memoria iconografica collettiva.
Assenza di database pubblici, accessibili e certificati
Il pericolo, dunque, non riguarda solo le testate giornalistiche o i blog di settore, ma l’intero ecosistema culturale. Se la condivisione di immagini storiche diventa una potenziale fonte di responsabilità economica, allora la conoscenza stessa del passato rischia di impoverirsi. In assenza di database pubblici, accessibili e certificati, è praticamente impossibile risalire al titolare effettivo dei diritti su molte opere minori. E quando l’incertezza diventa l’unica certezza, l’autocensura diventa inevitabile.
Necessità di un intervento legislativo
Per uscire da questo impasse, non basta affidarsi alla prudenza degli operatori o alla buona fede degli appassionati. Sarebbe necessario un intervento più chiaro e incisivo del legislatore, volto a rafforzare ed esplicitare la portata dell’art. 70 LDA, riaffermando il principio per cui l’uso informativo, critico e storico delle opere – specialmente se a bassa risoluzione e prive di finalità commerciali – costituisce un diritto e non una concessione subordinata a interpretazioni arbitrarie.
Database pubblico
Ma, soprattutto, la realizzazione di un elenco accessibile di opere tutelate, dove chiunque possa accertare a chi l’opera è attribuita in termini di titolarità del diritto d’autore, di modo da consentire una citazione che diversamente sarebbe impossibile (e quindi comunque contestata).
Tutelare la creatività, non soffocare la memoria
Il diritto d’autore deve tutelare la creatività, non soffocare la memoria. Se l’attuale clima di contenzioso dovesse consolidarsi, rischieremmo di trovarci in un mondo in cui la storia visiva del Novecento non è più accessibile, non perché sia protetta, ma perché è diventata troppo rischiosa da mostrare.
Arte ridotta al silenzio
E sarebbe un esito davvero paradossale: l’arte nata per essere vista, ricordata e tramandata, ridotta al silenzio dall’uso distorto di uno strumento pensato, in origine, per proteggerla. (E.G. per NL)














































