Android, la sfida a Nokia e Microsoft

La coppia Brin e Page lanciano il software open source per cellulari; forse non è così “open”


Google invita il mondo della telefonia ad un’altra rivoluzione. Dimostrando così la propria capacità di infiltrazione in un mercato, quello dell’Internet mobile, nel quale, per pura e semplice volontà, non aveva ancora avuto accesso, la società di Larry Page e Sergey Brin, ha lanciato Android, il nuovo sistema operativo per telefoni cellulari. La grande G ha preferito snobbare la produzione di un vero e proprio cellulare, inteso come hardware (del resto questo mercato appare già saturo), scegliendo invece di concentrarsi sulla produzione di un nuovo programma, un software di natura open source, la cui realizzazione è affidata anche alla collaborazione con un consorzio di 34 imprese del settore battezzata Open Handset Alliance. L’ambizione di Android, programma basato sul sistema operativo Linux, non è solo quella di sfidare sul campo Nokia e Microsoft, madrina quest’ultima di Windows Mobile, software che ha registrato un incremento del 125%, ma anche quello di “donare” ai clienti un programma fondamentalmente gratuito (saranno le inserzioni pubblicitarie a ripagarlo) e, sulla base di licenze Gpl, modificabile da qualunque sviluppatore. L’intenzione di Google è tanto radicata da aver indetto un concorso da dieci milioni di dollari per le migliori proposte provenienti da imprese operanti nell’ambito della telefonia (l’Italia è attualmente esclusa a causa di complicazioni sulla normativa in merito alla partecipazione a concorsi). Tanta generosità è però frenata dagli interrogativi di due fonti assolutamente affidabili. Da un lato Bruce Perens, uno dei leader storici dell’open source, sottolinea la mancanza, nella licenza di Android, dell’obbligo di restituire le conoscenze acquisite, dagli eventuali sviluppi, alla comunità: questo permetterebbe all’Open Handset Alliance (il consorzio promosso da Google di cui sopra) di monopolizzare tutte le nuove modifiche apportate al software, limitandone l’uso condiviso pubblicamente ostentato. Inoltre, dall’Oxford Internet Institute, Ian Brown evidenzia la possibilità che avrebbe il programma androide di salvare cronologie dettagliate di ogni ricerca effettuata con il proprio telefonino, una minaccia alla privacy necessaria forse ad estendere la diffusione pubblicitaria di Google e dei suoi partner. Che l’open source Android non sia così “open” come amano dichiarare i produttori? Ma si parla di Google, un impero cresciuto così tanto in soli dieci anni da pensare che…comunque vada sarà un successo. (Marco Menoncello per NL)

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