CGE: la ritrasmissione di programmi televisivi da parte di un hote ai clienti è comunicazione al pubblico

La ritrasmissione di programmi televisivi da parte di un hotel ai clienti delle varie camere sembrerebbe doversi considerare comunicazione al pubblico, ai sensi dell’art. 3(1) della direttiva 2001/29/CE


www.dirittodautore.it/news.asp?IDNews=3657

Il principio è stato affermato dall’Avvocato Generale Sharpston della Corte di Giustizia Europea, alla quale l’Audiencia Provincial de Barcelona aveva sottoposto una serie di questioni pregiudiziali circa l’interpretazione della norma suddetta, sospendendo una causa davanti ad essa pendente. La controversia verteva tra la società spagnola di gestione collettiva dei diritti, S.G.A.E., e l’Hotel Rafael. La prima aveva citato in giudizio l’hotel lamentando il fatto che questi avrebbe effettuato atti di comunicazione al pubblico, aventi ad oggetto opere appartenenti al repertorio gestito da S.G.A.E., tramite televisioni installate nelle stanze di albergo, che permettevano agli ospiti di vedere programmi su canali i cui segnali erano ricevuti dall’antenna principale dell’albergo e poi distribuiti a ciascun televisore nelle varie stanze. S.G.A.E. chiedeva la condanna dell’hotel Rafael al pagamento dei compensi ad essa spettanti per l’utilizzazione delle opere i cui diritti sono da questa gestiti.
Il giudice di primo grado aveva respinto la domanda di S.G.A.E., sostenendo che, in base alla più recente giurisprudenza spagnola, l’uso dei televisori nelle stanze di un albergo non implicherebbe atti di comunicazione al pubblico, poiché la camera sarebbe qualificabile come “ambito strettamente domestico”: ai sensi dell’art. 15 della legge spagnola sulla proprietà intellettuale (Regio decreto legislativo 12 aprile 1996, n. 1/1996), la comunicazione che avvenga “in un ambito strettamente domestico non integrato o connesso ad una rete di diffusione di qualsivoglia genere” non sarebbe qualificabile come comunicazione al pubblico.
S.G.A.E. proponeva così appello alla Audiencia Provincial de Barcelona, la quale riteneva che legislazione e giurisprudenza spagnole potrebbero violare la direttiva 2001/29/CE e rinviava pregiudizialmente la questione circa l’interpretazione del concetto di “pubblico” alla Corte di Giustizia CE.
Si domandava, in particolare:
1. se l’installazione nelle stanze di un albergo di apparecchi televisivi, ai fini della distribuzione via cavo del segnale televisivo captato, via satellite o terrestre, costituisca un atto di comunicazione al pubblico ai sensi dell’art. 3 della direttiva 2001/29/CE;
2. se sia possibile intendere la stanza di albergo come “ambito strettamente domestico”, ai sensi della normativa spagnola, escludendo così dal concetto di comunicazione al pubblico ex art. 3 della direttiva 2001/29/CE quella realizzata a mezzo di apparecchi televisivi per mezzo dei quali venga distribuito il segnale captato dall’albergo;
3. se, ai fini della tutela del diritto d’autore, a fronte di atti di comunicazione al pubblico ai sensi della direttiva 2001/29/CE, la comunicazione realizzata per mezzo di un televisore collocato in un stanza d’albergo possa considerarsi pubblica in quanto consenta al pubblico l’accesso all’opera in più tempi.
Queste le conclusioni dell’Avv. Generale Sharpston:
questione n. 1: la mera installazione di apparecchi televisivi nelle camere d’albergo cui vengono inviati via cavo segnali televisivi captati via satellite o via etere non costituirebbe atto di comunicazione al pubblico: ciò alla luce di quanto si legge nel considerando n. 27 della direttiva e nell’art. 8 del Trattato WIPO;
questioni nn. 2 e 3: la comunicazione per mezzo di apparecchi televisivi cui sia inviato un segnale inizialmente ricevuto dall’albergo costituisce “comunicazione al pubblico” nell’accezione di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva 2001/29/CE.
L’Avv. Generale ha messo in luce che l’esigenza di armonizzazione alla base della direttiva 2001/29/CE non tollera il rinvio alle legislazioni nazionali per la definizione del concetto di “pubblico”. Nel riscontrare che la direttiva non contiene una chiara definizione del concetto di “pubblico”, ha ritenuto che la norma di riferimento debba essere il WCT. L’art. 8 del WCT si proporrebbe di potenziare il diritto degli autori ad autorizzare la comunicazione delle proprie opere, in circostanze in cui i progressi tecnologici abbiano consentito che una comunicazione, già autorizzata, sia ritrasmessa ad una cerchia di persone diversa dagli individui cui la comunicazione iniziale era destinata. Inoltre, la direttiva stessa, al considerando n. 23, stabilisce che il concetto di pubblico debba intendersi in senso lato. Nel caso di specie, l’Avv. Generale ha considerato anche che il proprietario dell’albergo sarebbe il responsabile della possibilità di accesso all’opera protetta offerta agli ospiti dell’hotel: in assenza dell’utilizzazione secondaria da parte sua, i clienti non potrebbero fruire dell’opera radiodiffusa, quindi essi costituirebbero, in questo senso, un pubblico “nuovo” rispetto a quello dell’emissione primaria. Inoltre, non dovrebbe sottovalutarsi il fatto che l’operazione, complessivamente considerata, riveste notevole importanza economica per l’autore e che il proprietario dell’albergo la pone in essere per il proprio tornaconto personale. Infine, l’Avvocato Generale Sharpston ha sottolineato, sposando la tesi già sostenuta dall’Avv. Generale La Pergola nel caso EGEDA, che il titolare dei diritti di autore viene remunerato non per il godimento effettivo dell’opera, bensì per la mera possibilità giuridica di tale godimento. Si pensi, per esempio, all’editore, che è tenuto a corrispondere le royalties convenute all’autore sulle copie vendute di un romanzo, a prescindere dal fatto che queste siano poi effettivamente lette dagli acquirenti.

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