Cina: ancora più censura nei confronti di internet

Si stringono le maglie della censura da parte del governo cinese nei confronti di Internet, malgrado le promesse di Pechino di concedere maggiore libertà ai mezzi di informazione in vista dei Giochi Olimpici


da Franco Abruzzo.it

Tokyo, 26 giugno 2008. Si stringono le maglie della censura da parte del governo cinese nei confronti di Internet, malgrado le promesse di Pechino di concedere maggiore libertà ai mezzi di informazione in vista dei Giochi Olimpici. La denuncia viene dalla sezione cinese dell’International PEN, associazione indipendente di scrittori. ”La mia opinione è che nel corso di quest’anno la polizia che controlla Internet sia diventata molto più efficiente in termini di sorveglianza per reprimere la libertà d’espressione”, ha detto Zhang Yu, membro dell’associazione e cittadino cinese che attualmente vive in Svezia, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta a Tokyo. Il numero di arresti e condanne di giornalisti in Cina ha avuto il suo massimo storico negli anni 2003-2004, ma il fatto che siano diminuiti non significa che sia aumentata la libertà d’espressione. Da quando le autorità cinesi hanno cominciato a richiedere l’identificazione di chi utilizza il web tramite gli Internet cafe’, ”la gente è stata costretta ad auto-censurare le proprie attività nella rete”. (Fonte: Asca + Information Safety and Freedom/newsletter n. 180/anno 2°, giugno 2008).

da Odg.it

Del Boca ai giornalisti cinesi: il nostro dovere è raccontare sempre la verità

Una delegazione di giornalisti italiani, guidata dal presidente del Consiglio nazionale dell’Odg, Lorenzo Del Boca, ha incontrato a Pechino i dirigenti della All-China Journalist Association. Durante l’incontro, Del Boca ha rivolto ai colleghi cinesi un indirizzo di saluto, manifestando il dolore per il recente terremoto che ha colpito la Cina e la preoccupazione per quanto accaduto in Tibet:

“Quello che è appena trascorso, fra Italia e Cina, non è stato un periodo di relazioni troppo cordiali. Alcuni prodotti, soprattutto farmaceutici, in arrivo dall’Oriente sono stati bloccati alla frontiera perché contraffatti e pericolosi per la salute. Pechino ha impedito l’importazione di mozzarelle, olio e altri prodotti alimentari.

I Governi sviluppano politiche diverse – talvolta, anche conflittuali – perché seguono logiche suggerite dalla loro politica e dagli interessi economici che risultano sempre disomegenei. Perciò, spesso, i Paesi si trovano su fronti opposti, anche protagonisti di dialettiche anche accese.

Per i giornalisti è diverso. Fra i colleghi italiani e cinesi (con chi opera nell’informazione a qualunque latitudine) questa discriminante non esiste perché i giornalisti – ovunque si trovino e di qualunque servizio siano incaricati – non hanno interessi nazionali da proteggere. Si propongono unicamente lo scopo di servire la verità e di farlo nel modo più completo e più equilibrato possibile.

In ogni circostanza e qualunque sia la ragione del contendere.

La regione di Chen-du che, anni fa, avete avuto l’amabilità di farmi visitare è stata sconvolta da un terremoto che le fonti d’informazione hanno definito “di eccezionale intensità”. La politica locale e nazionale deve preoccuparsi di recuperare i morti per dare loro l’onore che meritano, di soccorrere i feriti per ricoverarli in ospedale, di accudire chi ha perduto casa e lavoro per alleviarne le sofferenze. Il giornalista – pur nel dolore e nella solidarietà che simili disastri producono – ha un’altra preoccupazione: raccontare ciò che vede e farlo con onestà. Certo, difficile in questi casi impedire di commuoversi e, tuttavia, senza che il coinvolgimento trasformi il resoconto in una propaganda.

Chen-du sta proprio sotto l’altopiano del Tibet e da lì, durante quella visita, abbiamo preso la rincorsa per salire in aereo fino a Lhasa. Ho provato, allora, una straordinaria emozione e mi sono sentito stringere il cuore quando ho saputo che la gente confrontava le rispettive ragioni, manifestando in piazza su fronti contrapposti. Anche qui: la politica ha le sue dinamiche e le sue ragioni, cerca soluzioni a lei favorevoli, tenta di spiegare cosa è accaduto, nel modo che le è più congeniale, più utile e più favorevole. I giornalisti, di per sé, hanno un compito più facile perché non devono preoccuparsi di come il loro resoconto verrà interpretato e per chi sarà vantaggioso. Ai giornalisti – a noi – basta coniugare quello che vedono, quello che sentono e quello che viene loro dichiarato. Anche qui, senza iattanza e senza la pretesa di avere delle verità in tasca, senza versioni precostituite ed evitando la tentazione di dare delle lezioni al mondo. Anzi, con garbo e con serenità: con pacatezza e con onestà intellettuale.

Niente affatto facile: a volte il lavoro del cronista si scontra con incomprensioni e con ostacoli che, a tutta prima, sembrano insormontabili. Ovviamente, se le autorità tengono i giornalisti lontano, il resoconto testimoniato risulta una fatica improba e il risultato non potrà che essere deludente.

Però, chi si oppone alla presenza dei giornalisti – nella comunità locali, in Parlamento, sui luoghi dei disastri o dove le crisi diventano acute – deve sapere che si espone al rischio di essere considerato, a prescindere, dalla parte del torto perché la sua reticenza a mostrarsi trasparente significa che ha qualche cosa da nascondere: magari anche solo qualche particolare sgradevole o qualche determinazione inopportuna.

Peggio ancora se il giornalista viene ridotto al silenzio con intimidazioni, censure violente o con il carcere. Non è il problema di uno o di pochi. E’ un affare che riguarda tutti. In Italia, proprio alla vigilia della nostra partenza, il Governo ha immaginato dei provvedimenti che prevedono tre anni di carcere per i giornalisti. Consideriamo che sia dannoso per le libertà e per la libertà di stampa e chiamiamo a raccolta i colleghi del mondo per una solidarietà professionale.

Fra gli operatori dell’informazione, il problema e la difficoltà di uno diventano il problema e la difficoltà di tutti.

Italia e Cina – come Stati – possono dividersi, polemizzare, litigare e persino dichiararsi guerra (dal punto di vista economico!). I giornalisti, al di qua e al di là degli Oceani, non possono che intendersi sul lavoro che svolgono, sulla loro deontologia, sulla serietà e onestà professionale del mestiere che si sono scelti”.

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