D.Lgs recepimento direttiva europea sui servizi media audiovisivi: Gentiloni attacca Decreto Romani per eccesso di delega

Si fanno sempre più duri gli attacchi dell’opposizione nei confronti delle modalità con cui la maggioranza sta provvedendo a recepire, nel nostro ordinamento, la normativa europea sui servizi di media audiovisivi.

Come noto, a seguito dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, lo scorso 17 dicembre, dello schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva 2007/65/CE (in materia, appunto, di tv e servizi audiovisivi), il testo del decreto ha iniziato in questi giorni il suo iter parlamentare, che lo porterà a ricevere, entro il prossimo 26 gennaio, il parere (non vincolante) delle competenti commissioni parlamentari, per poi essere varato, in via definitiva, dal Consiglio dei Ministri. In merito, Paolo Gentiloni (foto), responsabile comunicazioni del Partito Democratico, ha dichiarato che con il decreto di recepimento della Direttiva UE, il Governo sta compiendo un “vero e proprio blitz”, in quanto “si accinge a modificare una parte rilevante della normativa su tv e internet senza alcun coinvolgimento del Parlamento”. In particolare, secondo Gentiloni, il decreto “configura un evidente eccesso di delega. Stiamo parlando del recepimento di una direttiva comunitaria che riguarda il product placement, ossia forme di pubblicità diverse dagli spot. Nel recepire la direttiva e sulla base di una legge delega di 11 righe il governo fa un decreto di una ventina di articoli e 35-40 pagine. Sostanzialmente una riforma radicale delle norme tv nel nostro paese. Il tutto ancora una volta immaginando il Parlamento come una casella postale e lasciandogli solo un parere non vincolante”. A suo parere, dunque, il recepimento della direttiva UE sarebbe “solo un pretesto per accrescere gli affollamenti pubblicitari su Mediaset e diminuirli su Sky, nonché per cancellare le norme a sostegno della produzione indipendente di fiction e del cinema italiano, introdotte dai governi del centrosinistra nel ’98 e nel 2007”. Il riferimento di Gentiloni è a quelle norme del provvedimento in esame che prevedono modifiche ai limiti di affollamento pubblicitario per le pay tv, nonché variazioni agli obblighi a tutela della produzione televisiva indipendente. In particolare, tra i punti controversi del decreto all’esame del Parlamento vi è la previsione di una riduzione progressiva del tetto di affollamento pubblicitario orario per tutti i canali a pagamento (sia via satellite che in digitale terrestre), che passerà al 16% dal 2010, al 14% dal 2011 ed infine al 12% dal 2012. Secondo quanto dichiarato dal MSE-Comunicazioni, obiettivo di tale riduzione è quella di tutelare l’utente della pay tv, il quale sostiene già l’onere di pagare un abbonamento per accedere a contenuti ad alto valore aggiunto. Di opinione diversa l’opposizione, secondo cui la previsione si risolverebbe in un vantaggio per Mediaset e in un danno per Sky. Polemiche circondano anche le disposizioni che prevedono l’obbligo di investimento di almeno il 10% degli introiti netti annui delle emittenti in opere europee di produttori indipendenti, con riserva di determinate sottoquote a favore del cinema italiano. Se il ministero sottolinea come tali previsioni rafforzino la tutela della produzione televisiva indipendente, dovendosi calcolare la quota del 10% su tutti gli introiti e non solo sul bilancio destinato alla programmazione, secondo l’opposizione, invece, con queste disposizioni si otterrà il risultato di indebolire le norme attualmente in vigore che, ad esempio, stabiliscono in capo alla concessionaria pubblica una percentuale di investimento del 15% dei ricavi. Gentiloni ha inoltre parlato di blitz con riferimento alla rigida regolamentazione di Internet che il decreto introduce. Ad essere contestata dal responsabile comunicazioni del PD è la norma che richiederebbe una preveniva autorizzazione ministeriale per la trasmissione di immagini sul web, “con una incredibile limitazione dell’attuale modalità di funzionamento della rete”. A riguardo, il MSE-Comunicazioni ha parlato invece di una comunicazione di inizio attività, alla quale sarebbero tenuti i siti con prevalenza di trasmissione di immagini in movimento. Sempre in materia di disciplina del web, sotto accusa le disposizioni del decreto che attribuiscono all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni il compito di controllare che i contenuti diffusi on line rispettino la normativa sul diritto d’autore, nonché quelle che prevedono a carico dei fornitori di servizi informativi l’obbligo di rettificare eventuali errori, al pari dei telegiornali. A rispondete agli attacchi dell’opposizione è intervenuto Paolo Romani, viceministro allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni, che ha definito “del tutto priva di fondamento” e “ fantasiosa”  la tesi secondo cui l’intero provvedimento sarebbe viziato da un eccesso di delega in quanto avrebbe dovuto disciplinare solo il product placement. “La legge comunitaria n. 88 approvata dal Parlamento nel luglio del 2009 – ha spiegato Romani – prevede, come ogni anno, il recepimento di tutte le direttive dell’Unione Europea. Al suo interno, l’articolo 26 ci obbliga a recepire l’intera Direttiva sui Servizi di Media Audiovisivi – 2007/65/CE – (modificativa della precedente Direttiva Tv senza Frontiere – 89/552/CEE) intervenendo, in maniera inequivocabile, attraverso le necessarie modifiche al Testo Unico della Radiotelevisione (decreto legislativo 177/05)”. (D.A. per NL)

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