Diffamazione a mezzo stampa. Dieci anni è il termine di prescrizione per quantificare avanti al giudice civile il danno riconosciuto in sede penale

La Corte di Cassazione, sez. III civile, con sentenza 19 febbraio 2009 n. 4054, ha precisato quale sia il termine di prescrizione per agire in sede civile al fine di quantificare il danno già riconosciuto in una sentenza penale divenuta irrevocabile. In particolare, la S.C., in una causa avente ad oggetto la quantificazione dei danni subiti in conseguenza della commissione del reato di diffamazione a mezzo stampa, ha chiarito che, nel caso in cui il processo penale si sia concluso con una sentenza contenente anche la condanna generica al risarcimento dei danni a favore della parte civile, il termine di prescrizione per agire in sede civile per la quantificazione dei danni è di dieci anni, decorrenti dalla data in cui la sentenza penale è divenuta irrevocabile. La Corte di legittimità è stata investita della questione poiché la Corte d’Appello di Roma, ritenendo applicabile alla fattispecie il diverso termine di prescrizione di cinque anni di cui al primo comma dell’art. 2947 c.c. (prescrizione del diritto al risarcimento del danno), aveva rigettato l’appello proposto ritenendo la domanda prescritta. L’art. 2947 c.c. si occupa della prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito e prevede che questo si prescriva “in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato. Per il risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli di ogni specie il diritto si prescrive in due anni. In ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile. Tuttavia, se il reato è estinto per causa diversa dalla prescrizione o è intervenuta sentenza irrevocabile nel giudizio penale, il diritto al risarcimento del danno si prescrive nei termini indicati dai primi due commi, con decorrenza dalla data di estinzione del reato o dalla data in cui la sentenza è divenuta irrevocabile”. I giudici della Corte d’Appello di Roma hanno ritenuto applicabile alla fattispecie tale ultima parte dell’art. 2947 c.c., ossia hanno ritenuto che il termine di prescrizione fosse di cinque anni decorrenti dalla data in cui la sentenza penale, contenente la condanna generica al risarcimento del danno in favore della parte civile, era divenuta irrevocabile (le sentenze diventano irrevocabili quando non sono più soggette ai mezzi di impugnazione ordinari). La Corte di legittimità ha invece ritenuto che il termine di prescrizione applicabile al caso di specie debba essere quello di dieci anni ex art. 2953 c.c., norma che è di chiara e facile interpretazione: “I diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando riguardo ad essi è intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, si prescrivono con il decorso di dieci anni”. Nel caso di specie era infatti intervenuta una sentenza del giudice penale irrevocabile (ossia passata in giudicato) che, pur difettando dell’attitudine all’esecuzione forzata, poiché non conteneva la quantificazione del danno, conteneva comunque l’accertamento dell’obbligo da parte del colpevole a dovere risarcire il danno. La S.C. ha pertanto affermato che: “Nel caso in cui il giudizio penale si sia concluso con una sentenza che contiene anche la condanna generica al risarcimento dei danni a carico del responsabile civile ed in favore del danneggiato costituitosi parte civile, la successiva azione volta alla quantificazione del danno è soggetta al termine decennale di prescrizione, ex art. 2953 c.c., con decorrenza dalla data in cui la sentenza di condanna sia divenuta irrevocabile, e non al termine di prescrizione di cui all’art. 2947 c.c., comma 3”. In tali casi dunque la vittima ha dieci anni di tempo, decorrenti dal passaggio in giudicato della sentenza penale contenente la condanna generica, per decidere se agire avanti al giudice civile per la determinazione dei danni. (D.A. per NL)

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