Digitale radio: mentre l’FM analogica galoppa, si azzoppa anche l’HD Radio

Radio Passioni pubblica l’emblematica vicenda di Clear Channel


da Radio Passioni

Venduta. Clear Channel ha accettato l’offerta di 37,60 dollari per azione. Un bel gruzzoletto di 18,7 miliardi di dollari, cui si aggiungono gli 8 miliardi di debiti di cui gli acquirenti, una cordata di fondi di investimenti guidata da Thomas H. Lee Partners e Bain Capital. La prima è una società di investimenti nota per essere un acquirente “buono”. Ricordate il film Pretty woman? Bene, un raider buono è come Richard Gere alla fine del film. Quelli cattivi rilevano le aziende in crisi, le fanno a pezzi, licenziano il licenziabile, vendono i mobili e non si fermano davanti a niente. Ricordiamo che Clear Channel rappresenta qualcosa come 1.150 stazioni radio e una divisione di cartellonistica pubblicitaria. Ma è già stato annunciato che per il 40% della scuderia, ovvero 448 stazioni “small market” (negli USA i centri urbani vengono classificati in base ai potenziali ricavi pubblicitari, se ti trovi a trasmettere in un posto sfigato la tua valutazione è inferiore) e per le stazioni televisive del gruppo, si cercheranno dei nuovi proprietari. Pubblico qui la storia raccontata dal Wall Street Journal, che non manca di osservare come Clear Channel sia uno dei promotori dello standard di radio digitale HD Radio. Difficile adesso se i nuovi padroni di casa spingeranno sul pedale dell’acceleratore o decreteranno la fine del sogno Ibiquity. Se nella casse io avessi un buco di 8 miliardi di dollari probabilmente mi focalizzerei su una migliore gestione di un medium che conosco, senza pensare che il possibile rilancio debba necessariamente dipendere da una tecnologia che semplicemente non è in grado di raggiungere più di qualche migliaio di persone. Non quando i miei concorrenti satellitari stanno conquistando milioni di abbonati paganti. Staremo comunque a vedere come si comporterà una Clear Channel così ridimensionata.

Quanto costa il lancio di HD Radio?

Mark Ramsey, autore del blog Hear 2.0 torna sulla questione dei Subscriber Acquisition Costs, il parametro di cui avevamo parlato commentando i risultati finanziari dei due operatori satellitari americani XM e Sirius. Questa volta però questa variabile viene calcolata per approssimazione nel contesto del sistema terrestre HD Radio di Ibiquity, che ha recentemente dichiarato un investimento di 200 milioni di dollari per il marketing dello standard tra gli ascoltatori. Ora, si chiede Ramsey, se ipotizziamo alla fine di questa campagna una vendita di 200 mila apparecchi (volume tra l’altro molto poco realistico), otteniamo un costo per “abbonato” di mille dollari. In pratica circa dieci volte tanto rispetto al costo dichiarato da XM o Sirius. Sono interessanti anche i commenti al post di Mark, che appunto propongono il confronto tra digitale satellitare e terrestre. Lo svantaggio per quest’ultimo è preoccupante, è la conclusione di Ramsey: tanto valeva regalare le radio e dare ai non acquirenti un bell’assegno, scrive il consulente radiofonico.
Ci ho riflettuto anch’io e posso aggiungere che forse le sue valutazioni sono meno indicative di quanto non possa sembrare. I dati che arrivano dall’industria della radio satellitare riguardano aziende quotate in borsa che hanno precisi obblighi di trasparenza. Voglio dire che nessuno sa come sono fatti veramente quei 200 milioni investiti per HD, nessuno sa se sono stati spesi veramente (o se i famosi spot pubblicitari concordati con le stazioni digitalizzate siano, come è verosimile, dei semplici cambi merce, cioè delle partite di giro). Ibiquity ha semplicemente fatto come fan tutti: quando si lancia una nuova tecnologia si parla sempre di faraoniche campagne di marketing per tenere vivo l’interesse. In questo caso però forse l’operazione si è trasformata in un boomerang, perché consente agli analisti finanziari di estrapolare un costo per cliente che non solo è davvero spropositato ma maschera la reale questione di fondo. Che riguarda i volumi di apparecchi effettivamente venduti. È questa massa critica il fattore fondamentale per innescare quel ciclo virtuoso di interesse reciproco (le stazioni radio che si attrezzano per HD Radio e gli ascoltatori che si attrezzano per ascoltarle), che può fare la fortuna della tecnologia. Finora Ibiquity ha probabilmente regalato o “prestato” in comodato d’uso molti degli impianti installati presso le stazioni (visto che HD Radio possono ascoltarla in pochissimi non si capisce come altrimenti avrebbero convinto i loro gestori). Se il numero di ascoltatori non cresce in modo significativo, o se lo standard dovesse lasciar trasparire troppe magagne (per esempio le interferenze alle stazioni analogiche vicine), la pragmatica industria americana potrebbe decretare il fallimento commerciale di questo sistema, che dopotutto è uno standard proprietario che non ha la stessa dignità di obiettivo nazionale che hanno da noi il digitale televisivo terrestre o negli Stati Uniti l’omologo sistema televisivo Advanced Television. Insomma, i percorsi di digitalizzazione della radio a partire da un sistema analogico maturo e tutto sommato efficace come la modulazione di frequenza, sono decisamente più complessi.

Clear Channel Unveils Deal to Be Acquired

By DENNIS K. BERMAN and SARAH MCBRIDE (Wall Street Journal)

November 16, 2006 1:49 p.m. NEW YORK — Radio giant Clear Channel Communications Inc. struck a deal for one of the biggest leveraged buyouts ever, accepting a bid from a group of private-equity firms of $37.60 a share, or about $18.7 billion, plus the assumption of about $8 billion in debt. The winning bid comes from a consortium led by Thomas H. Lee Partners and Bain Capital, which beat out a second group comprising Providence Equity Partners, Kohlberg Kravis Roberts & Co. and the Blackstone Group. Clear Channel owns more than 1,150 radio stations and a large outdoor advertising business. In a separate announcement, the San Antonio-based company said it intends to seek buyers for 448 small-market radio stations and its TV station division. But the sale to the private-equity investors is not conditioned on those moves. The first offers that came to the board were for around $36 for each share of Clear Channel, according to people familiar with the matter, and they were rejected. The investor groups came back with bids around $36.25, and then late Wednesday, the winning bidders came back with their higher offer. Clear Channel shares traded up 4.6% at $35.70 on the New York Stock Exchange early Thursday. The stock, which briefly traded above $90 in late 1999 and early 2000, traded as low as $27.17 in August. Clear Channel was a rumoured takover target for months, given its declining stock price and lack of dual-class voting shares that would have given more voting muscle to the family of Chairman Lowry Mays. He founded the company and now runs it with sons Mark Mays, who is Clear Channel’s chief exectuive, and Randall Mays, its president and chief financial officer. Providence Equity Partners, whose managing director, Paul Salem, was a Harvard Business School classmate of Randall Mays, approached the company in the spring, say people familiar with the matter. Blackstone and Providence partnered in late August. Shortly afterwards, KKR, which had had its own independent approach to Clear Channel, teamed up with the other two groups. Other bidders emerged, such as the Carlyle Group and Apollo, and Cerberus Capital Management and Oak Hill Capital Partners. But they dropped out before final bids were due on Monday. The Mays family members, all of whom serve on Clear Channel’s board, recused themselves from voting on the deal, according to people familiar with the matter. They did, however, participate in discussions. Clear Channel board member B.J. “Red” McCombs, a longtime associate of Lowry Mays, also recused himself from voting, but also participated in discussions. The company has long maintained that the stock market doesn’t value the company properly, given its steady cash flow and profitable underlying businesses. Last year, it earned $936 million on revenue of $6.61 billion; its outdoor-advertising division grew 9%. Along with other radio companies, Clear Channel has thrown its backing behind HD radio, a new technology that provides better sound and squeezes more stations onto the dial. But stock investors, cautious on all old-media stocks, have focused on the fact that listeners spend less time with radio than they did a few years ago. All traditional media outlets are facing more competition from newer media, including mobile phones, video games, and the Internet. The radio broadcaster is the latest media company to draw buyout attention from cash-rich private equity. This year, a group of private equity investors agreed to acquire Spanish-language broadcaster Univision Communications Inc. and reportedly firms are interested in newspaper publisher Tribune Co. Private equity has also scooped up individual radio stations and has swirled around many other media properties. The three-week auction puts an end to public history of Clear Channel, which the Mays family founded more than 30 years ago. Helped by relaxed rules on media ownership, Clear Channel knit together a chain that includes stations in nearly all of the 100 largest U.S. radio cities and in hundreds of small towns.

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