E’ boom della pubblicità su Internet

Il punto sulle novità emerse da Iab Forum


da Franco Abruzzo.it

www.lastampa.it/masera (11. 11. 07)

DI ANNA MASERA

E’ boom di pubblicità su Internet. Tanto che qualche giorno fa è emerso un dato epocale: Google da solo in Gran Bretagna per la prima volta ha superato Itv, che è la maggiore rete televisiva commerciale, nella raccolta pubblicitaria. Il gotha della comunicazione riunito mercoledì e giovedì scorsi a Milano ha individuato in questo dato il primo storico sorpasso di un mezzo digitale su un mezzo tradizionale. D’altra parte, gli internauti oggi trascorrono il 400 per cento di tempo in più sul Web rispetto al Duemila, l’anno del primo boom della Rete, e gli esperti spiegano che il ricordo di un annuncio online è quattro volte più elevato rispetto alla visione in tivù.
«E’ un momento che sarà ricordato dagli operatori come la vera svolta anche in Italia: i media digitali interattivi stanno diventando il punto di riferimento per una gran parte dei consumatori italiani» ha affermato da Iab Forum a Milano Layla Pavone, Presidente di Iab Italia e Managing Director di Isobar. «Questo non significa ancora che la Tv sia stata superata da Internet, ma che certamente il consumatore passivo, che non sceglie, fa ormai parte di una specie in via di estinzione. Internet e le nuove tecnologie hanno il merito oggettivo di aver reso maggiorenne il consumatore che dialoga direttamente con le aziende. Non penso che anche in Italia possa accadere a breve che Internet superi la Televisione, ma sono sicura che questa svolta posizionerà la quota di Internet a un livello superiore nel marketing mix delle aziende, superando velocemente il nostro obiettivo: il 10 per cento della quota degli investimenti totali in pubblicità».
Così, mentre si conferma l’aumento dell’audience online anche in Italia, con oltre 24 milioni di italiani navigatori ormai regolari sulla Rete, le parole d’ordine sul mercato sono «behavioral marketing» (la profilazione dell’audience in base al suo comportamento), «convergenza» e «cross-medialità».
Perchè sebbene la crescita degli investimenti sui media digitali nel 2007 si confermi in Italia a doppia cifra (+41,5%, contro + 2,5% della stampa, +7% della radio, solo +1% della tv, ormai satura) e vi siano le premesse perché il 2008 si sviluppi con tassi analoghi, la fetta online della torta pubblicitaria complessiva è ancora piccola (nel 2008 arriverà all’8% sul totale degli investimenti pubblicitari, contro il 6,3% alla fine del 2007 e il 4,6% del 2006: in dati assoluti 5 miliardi di euro sulla televisione, 3,2 miliardi sulla stampa, solo 270 milioni sull’online) e la strategia consigliata dagli addetti ai lavori agli investitori è di unire le forze e creare campagne di comunicazione integrate.
«I mezzi digitali e interattivi conquistano una quota sempre più importante nel mix di comunicazione e nella creazione di nuove strategie di relazione» dichiara AssoComunicazione, l’associazione che riunisce 174 imprese.
Il mercato è sicuramente in fermento. E’ di ieri la notizia che Aol, la divisione Internet del colosso dei media Time Warner, ha acquistato per 340 milioni di dollari la società di pubblicità online Quigo. I software di Quigo consentono agli inserzionisti di posizionare le pubblicità accanto alle pagine Web con contenuti affini. Quigo è la quarta acquisizione in campo pubblicitario messa a segno da Aol nel corso del 2007, anno in cui la società ha investito circa 1 miliardo di dollari in questo settore. Così i vertici di Aol auspicano di riguadagnare terreno nei confronti di Google, che al momento domina il mercato della pubblicità online grazie al suo sito Adsense.
I numeri del «turnover» sul digitale sono alti, assicurano dall’Assap (l’associazione delle agenzie pubblicitarie. Per Publitalia ’80 (gruppo Mediaset), la televisione continua ad essere la locomotiva del mercato pubblicitario, ma quest’anno il mercato del Web supererà quello della radio, dichiara Marco Di Gioacchino, responsabile della struttura che gestisce l’advertising online.
Il settore che crede di più nella pubblicità digitale è indubbiamente quello delle telecomunicazioni, che assorbe il 15 per cento del totale degli investimenti, spiegano alla Nielsen. Seguono il settore della finanza (14%), dei servizi «business» (11%) e dell’auto (10%). L’«Information technology», invece, non va oltre il 6 per cento.
«L’online – dichiara Enrico Gasperini Presidente Audiweb e del Comparto Digitale di AssoComunicazione – è ormai mezzo di massa e continuerà a crescere in modo significativo».
Nel mondo internettiano dell’economia partecipativa, il consumatore è proattivo e vuole interagire: «La collaborazione di massa cambia atteggiamenti, approcci, linguaggi e modalità. E’ il segreto attorno al quale ruota il futuro dell’impresa che sa riconoscere nel proprio cliente una risorsa e un partner, costruendo valore» sostiene Marzia Curone, presidente del Direct Marketing di AssoComunicazione.
Essenziale, in questo settore nuovo e dalle potenzialità che si stanno dimostrando enormi, è il rispetto di alcuni standard. Su tutti le dimensioni dei banner pubblicitari. Tre quelli più utilizzati: il classico box, il leader e lo skyscraper. E rispettando gli standard europei, «si ha più possibilità di ricevere pubblicità a livello internazionale. Ma ancor più che sul formato, i riflettori sono puntati sui contenuti. Con gli investitori che scommettono sempre di più sul futuro dei «social network», alcune delle più importanti aziende del settore hanno svelato nuovi metodi per adattare la pubblicità ai nuovi media: il leader MySpace conta di raggiungere i suoi 110 milioni di utenti sparsi in tutto il mondo tramite un nuovo sistema chiamato HyperTargeting. Anche Facebook, il principale rivale di MySpace, punta a fornire messaggi pubblicitari all’interno delle pagine personali dei suoi più di 48 milioni di utenti. Il sistema adottato da MySpace si baserà sulla suddivisione degli utenti in 10 grandi categorie, come musica, viaggi o sport, che verranno a loro volta suddivise in altre 10 sottocategorie. L’idea è quella di tracciarne un profilo sempre più preciso e comprenderne i gusti e gli orientamenti. Secondo i dirigenti del social network statunitense ci sarebbero nel mondo dalle 5 alle 10 milioni di aziende interessare alla pubblicità su questo che è uno dei fenomeni più in ascesa della Rete.
La nuova promessa arriva infine dal mercato della pubblicità sui telefonini. E’ recente l’accordo di partnership tra il network pubblicitario privato Online Media Solutions e Jajah, la società di comunicazione Voip che consente le telefonate a bassissimo costo via Internet: il prossimo passo riguarda la pubblicità nelle chiamate, una nuova tecnologia multimediale che offre un’elevatissima targetizzazione e opportunità promozionali in tempo reale. Secondo l’Osservatorio Mobile Marketing & Service promosso dal Politecnico di Milano (www.osservatori.net), che ha analizzato oltre 200 imprese, il canale «Mobile» può rappresentare un potente mezzo di comunicazione personalizzata perché in Italia i cellulari sono molto più diffusi dei pc: sia per penetrazione sulla popolazione, sia per diffusione di terminali, l’Italia è prima in Europa e molto avanti anche rispetto agli Stati Uniti. Ma c’è il rischio che le aziende si facciano sfuggire questo vantaggio competitivo: «Sarebbe un gravissimo errore» avverte Giuliano Noci, che ha realizzato la ricerca. «La maggiore innovazione degli ultimi anni è la possibilità di interagire direttamente con i propri interlocutori. Questa possibilità raggiunge livelli estremi di personalizzazione del contatto nel caso del Mobile; ma bisogna per esempio sapere trovare nuovi format di comunicazione che siano rispettosi della Privacy e capaci di rendere più efficace la relazione. Non saranno certamente premiate campagne invasive o iniziative semplicemente importate da altri media».

Gb, il giornale cresce online

DI NICOLA SCEVOLA

Londra, 9 novembre 2007. Diminuiscono caroselli e cartelloni all’ombra del Big Ben e si moltiplicano i banner digitali. Mentre quest’anno per la prima volta in Gran Breatgna internet supera la televisione nella raccolta pubblicitaria, i giornali del regno affilano le armi e preparano evolutissime edizioni online per andare a caccia di utenti-consumatori.
I portali dell’informazione di Sua Maestà nell’ultimo anno si sono trasformati in veri e propri labirinti di notizie, iperlink e approfondimenti, che tendono a risucchiare piacevolmente anche il cybernauta più distratto. Con un semplice click si può sviscerare qualsiasi notizia, conoscere l’anima gemella e leggere testi di oltre due secoli fa.
La ricetta utilizzata per conquistare l’audience virtuale si basa principalmente sull’integrazione fra edizioni cartacee e online, sulla fruibilità delle informazioni raccolte sui siti e sul coinvolgimento dei lettori attraverso forum e servizi. E il premio è un traffico che non ha paragoni con quello dei nostri siti di notizie. Basti pensare che, ben cinque siti di giornali targati UK – Guardian, Times, Daily Telegraph, Sun e Daily Mail – superano mensilmente la barriera dei 10 milioni di visitatori unici giornalieri, che in Italia è raggiunta solo da un portale, quello di Repubblica.
“Il lavoro che abbiamo fatto negli ultimi mesi per ottimizzare le ricerche nel sito, creando una squadra di giornalisti che monitorano le preferenze dei lettori e facilitano l’offerta d’informazioni sta cominciando a dare i suoi frutti”, ha detto il direttore di Timesonline, Anne Spackman, commentando gli ottimi risultati del portale che, con oltre 12 milioni di visitatori mensili, a settembre ha conquistato il secondo posto nella classifica dei siti d’informazione più cliccati del regno.
Primo ormai da molto tempo è quello del Guardian, che ha superato i 16 milioni d’utenti e offre il più grande archivio gratuito dopo la Bbc. “La Bbc fissa gli standard a cui gli altri media devono tentare di adeguarsi. Ma li costruisce grazie ad un livello elevato di investimenti”, fa notare Emily Bell, direttrice del Guardian Unlimited, versione per la rete dell’omonimo quotidiano.
La British Broadcasting Corporation vive di fondi statali, grazie ai quali ha potuto digitalizzare e mettere a disposizione gratuitamente archivi immensi. I siti di altri giornali, fa notare Bell, devono invece fare i conti con regole di mercato, e vedono quindi gli archivi storici come risorse da cui spremere qualcosa. “I nostri partono dal 1785 e hanno un valore perché contengono la storia di due secoli interpretata da un punto di vista britannico”, dice Spackman.
Esagerare nel chiedere soldi per consultare informazioni su internet, però, rischia di limitare il traffico e trasformarsi in un autogol rispetto all’obiettivo pubblicitario. “Molti siti trovano vantaggioso offrire sempre più contenuti gratuiti per aumentare il traffico complessivo (di utenti, ndr)”, si legge in uno studio sui modelli finanziari dei giornali online britannici pubblicato dalla City University di Londra, uno dei templi del giornalismo anglosassone.
Per attirare sempre più pubblico, i giornali britannici impiegano professionisti in grado di valorizzare le montagne d’informazioni sparse sul sito e integrare la redazione tradizionale e quella online. Gente pagata per prevedere cosa possa interessare chi visualizza una certa pagina, in modo da predisporre link stuzzicanti per evitare che l’utente si rivolga ad un altro sito: navighi in una pagina sull’Iran? Nell’angolo trovi anche dritte su itinerari turistici alternativi, vecchi reportage sulla rivoluzione del ’79 e ricette di cucina iraniana.
Le edizioni cartacee, inoltre, abbondano di riferimenti al web, su cui si offrono mappe interattive, profili-paese, richiami a notizie correlate, testi integrali d’interviste, e tutto quello che serve a contestualizzare le notizie riportate.
Esiste anche una vera e propria integrazione delle redazioni, con giornalisti online disseminati tra quelli tradizionali, affinché ci sia più sinergia tra le parti.
E non c’è nessuna paura di cannibalizzazioni della carta stampa da parte di internet.
Inizialmente si temeva che i siti potessero finire con il rendere obsoleti i giornali, e si tendeva a conservare i migliori articoli per l’edizione cartacea. Ora invece, nelle redazioni britanniche questo timore “è diminuito al livello da non avere nessuna influenza significativa sulla strategia”, si legge nella ricerca della City University. E una testata come il Daily Telegraph, che con circa 900.000 copie giornaliere è il broadsheet più venduto del paese, preferisce pubblicare addirittura prima le notizie online.
Infine, un contributo significativo all’aumento dei visitatori dei siti britannici, lo ha dato anche l’idea di sfruttare le potenzialità della rete per coinvolgere dei lettori. Con pochi colpi di mouse, è possibile personalizzare la prima pagina di un giornale, sfogarsi pubblicando un commento a una notizia appena letta o dibattere l’argomento caldo del momento. E grazie ai servizi per cuori solitari, per chi vuole perdere peso o fare un viaggio, ad esempio, si creano comunità virtuali di utenti che condividono certi interessi.
La tendenza dei media digitali britannici di coinvolgere i lettori potrebbe essere – secondo Roy Greenslade, esperto di media e professore di giornalismo a City University – la chiave di volta per il futuro. “ Da sempre i giornali hanno finto di considerare importante la partecipazione dei lettori, trattandoli però come consumatori passivi”, dice Greenslade commentando le strategie dei principali giornali online britannici. “Oggi si sono finalmente convinti della necessità di creare un rapporto con i lettori in cui i giornalisti, oltre che predicare, ascoltano”. (www.lastampa.it, 09. 11. 2007

www.lastampa.it – 11 novembre 2007

Internet, pubblicità e il Sesto Potere

Fa discutere il sorpasso dei media digitali su quelli tradizionali

La notizia di Google che da sola in Gran Bretagna x la prima volta supera Itv (che è la maggiore rete tv commerciale) nella raccolta pubblicitaria, è un dato epocale o quantomeno molto significativo e affatto scontato: tutto il mondo della pubblicità guarda a questo dato come IL SORPASSO (dei media digitali sui media tradizionali). Lo testimonia il fatto che in Italia il Gotha della pubblicità riunito ieri e oggi a Milano a Iab Forum (che di fatto ha ormai soppiantato Smau) sta dicendo appunto questo.
Internet “Sesto potere” nelle mani di 24 milioni di italiani, come l’ha definita Layla Pavone presidente di Iab Italia. Internet che vede crescere il numero dei navigatori (24 milioni conferma il rapporto Assinform), della diffusione della banda larga e degli investimenti pubblicitari, rappresenta «il Sesto Potere perché fornisce ai consumatori – spiega la Pavone – la libertà di scegliere e il potere di influenzare il comportamento delle marche».
Per non parlare del nuovo mercato della pubblicità sui telefonini, in grande sviluppo…

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