Editoria: giornalisti robot, in Giappone le prime sperimentazioni di un progetto audace

Chi?, dove?, cosa?, quando?, perché?. Queste le domande principali cui un giornalista deve fare riferimento nella stesura del proprio pezzo affinchè la storia assuma un suo filo logico e desti l’interesse del lettore.

A questo si aggiunge il cd. taglio giornalistico, quel carattere di autenticità e originalità che – senza scadere nella faziosità – caratterizza questo o quell’articolo. Pensiamo a Montanelli, ad Augias, a Minà o a Severgnini che con il loro taglio e le loro idee facevano, o fanno tutt’ora, la fortuna di un editoriale o di una testata giornalistica. Bene, i tempi romantici della caccia alla notizia potrebbero avere i giorni contati. Sì, perché in Giappone – grazie all’ISI, l’Intelligent System Informatic Lab – è in fase di sperimentazione il primo giornalista robot in grado di rintracciare la notizia, fare interviste e scattare fotografie come fosse in carne ed ossa. O almeno è ciò che gli studiosi, responsabili del progetto, promettono a curiosi e addetti ai lavori. Ora sorgono spontanee alcune considerazioni. Il fatto che il “mutante” possegga un microprocessore al posto del cervello, lo esonera dalla responsabilità di ciò che scrive? Se sì, chi se la assume? Il direttore della testata o il caporedattore di un particolare settore? Di norma i giornalisti sono sottoposti ad un periodo di formazione professionale e pratica. Il nostro robot la farà la pratica? Chi firmerà per lui gli articoli? Come sosterrà un esame da giornalista professionista? Ancora più a fondo, chi scrive si chiede come sarà la notizia redatta da un robot. Fredda? Distaccata? Una pura elencazione di fatti, numeri, date senza che a ciò venga aggiunto quel tocco di originalità che permette di dare libero sfogo alle riflessioni del lettore? Insomma da che il sole sorge e tramonta, l’uomo possiede una qualità innata – anche se a volte a scorrere le pagine dei giornali se ne potrebbe dubitare – il libero arbitrio, la capacità di riflessione. Di notizie piatte e zeppe di nozionismi sterili ce ne sono già tante, l’idea che questo fenomeno potrebbe dilagare in un futuro non troppo lontano, francamente, lascia perplessi. Forse il giornalista robot un impiego potrebbe trovarlo, quello del paparazzo. (M.P. per NL)

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