Gazzetta Ufficiale N. 39 del 15 Febbraio 2008 – Agcom – Deliberazione 31 gennaio 2008

Atto di indirizzo sulle corrette modalita’ di rappresentazione dei procedimenti giudiziari nelle trasmissioni radiotelevisive.(Deliberazione n. 13/08/CSP)


L’AUTORITA’
Nella riunione della Commissione per i servizi ed i prodotti del
31 gennaio 2008;
Visti gli articoli 2, 3, 21, 24, 25, 27, 101 e 111 della
Costituzione italiana;
Visti gli articoli 1, 7, 11, 47, 48 e 49 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea;
Vista la legge 31 luglio 1997, n. 249, pubblicata nel supplemento
ordinario n. 154/L alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana
n. 177 del 31 luglio 1997, ed in particolare l’art. 1, comma 6,
lettera b), n. 6;
Visto il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, recante «Testo
unico della radiotelevisione», pubblicato nel Supplemento Ordinario
n. 150/L alla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 208 del
7 settembre 2006, ed in particolare i suoi articoli 3, 4 e 34, che
delineano quali fondamentali principi dell’informazione, tra gli
altri, quelli della lealta’ ed imparzialita’, della salvaguardia dei
diritti fondamentali e della dignita’ della persona, della tutela dei
minori;
Visto l’Atto di indirizzo sulle garanzie del pluralismo nel
servizio pubblico radiotelevisivo approvato dalla Commissione
parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi nella seduta dell’11 marzo 2003, secondo il quale, in
particolare:
«1. Tutte le trasmissioni di informazione – dai telegiornali ai
programmi di approfondimento – devono rispettare rigorosamente, con
la completezza dell’informazione, la pluralita’ dei punti di vista e
la necessita’ del contraddittorio; ai direttori, ai conduttori, a
tutti i giornalisti che operano nell’azienda concessionaria del
servizio pubblico, si chiede di orientare la loro attivita’ al
rispetto dell’imparzialita’, avendo come unico criterio quello di
fornire ai cittadini utenti il massimo di informazioni, verificate e
fondate, con il massimo della chiarezza…
…. omissis….
4. Considerato che la legge garantisce agli imputati e alla loro
difesa di tacere quando loro puo’ nuocere; considerati altresi’ i
vincoli ai quali la legge obbliga i magistrati, sia requirenti che
giudicanti nel rapporto con i mezzi di informazione, in tutte le fasi
del giudizio; nei programmi della concessionaria del servizio
pubblico aventi ad oggetto procedimenti giudiziari in corso,
l’esercizio del diritto di cronaca, come l’obbligatorio confronto tra
le diverse tesi dovra’ essere garantito da soggetti diversi dalle
parti che sono coinvolte e si confrontano nel processo. La scelta di
questi soggetti – la cui delicatezza e’ evidente – appartiene
esclusivamente alle decisioni dei responsabili dei programmi»;
Visti i codici di autoregolamentazione applicabili alla
comunicazione radiotelevisiva, e, in particolare, la «Carta di
Treviso sul rapporto Informazione-Minori» del 5 ottobre 1990 e il suo
addendum del 25 novembre 1995, la «Carta dei doveri del giornalista
«sottoscritta dal Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti e
dalla Federazione nazionale della Stampa italiana in data 8 luglio
1993, la «Carta dell’informazione e della programmazione a garanzia
degli utenti e degli operatori del servizio pubblico – RAI»
del dicembre 1995, il «Codice di deontologia relativo al trattamento
dei dati personali nell’esercizio dell’attivita’ giornalistica»
(allegato A1 del codice in materia di protezione dei dati personali
approvato con decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196);
Considerato quanto segue:
1. Alcuni programmi televisivi mostrano la tendenza a trasmettere
in forma spettacolare vere e proprie ricostruzioni di vicende
giudiziarie in corso, impossessandosi di schemi, riti e tesi
tipicamente processuali che vengono riprodotti, peraltro, con i
tempi, le modalita’ e il linguaggio propri del mezzo televisivo, i
quali si sostituiscono a quelli, ben diversi, del procedimento
giurisdizionale. Si crea cosi’ un foro «mediatico» alternativo alla
sede naturale del processo, dove non si svolge semplicemente un
dibattito equilibrato tra le opposte tesi, ma si assiste a una sorta
di rappresentazione paraprocessuale, che giunge a volte perfino
all’esame analitico e ricapitolativo del materiale probatorio, cosi’
da pervenire, con l’immediatezza propria della comunicazione
televisiva, ad una sorta di convincimento pubblico, in apparenza
degno di fede, sulla fondatezza o meno di una certa ipotesi
accusatoria. Tanto piu’ accreditato risulta tale convincimento quanto
piu’, nella percezione di massa, la comunicazione televisiva svolge
una sorta di funzione di validazione della realta’. In tal modo la
televisione rischia seriamente di sovrapporsi alla funzione della
giustizia: e puo’ accadere che effetti «coloriti» o «teoremi
giudiziari alternativi» o rappresentazioni suggestive (a volte
persino con l’utilizzazione di figuranti) prevalgano sull’obiettiva e
comprovata informazione, con il concreto rischio di precostituire
presso l’opinione pubblica un preciso giudizio sul caso concreto,
basato su una «verita’ virtuale» che puo’ influire, se non prevalere,
sulla «verita’ processuale», destinata per sua natura ad emergere
solo da una laboriosa verifica che richiede tempi piu’ lunghi,
portando addirittura, in casi deteriori, a un giustizialismo emotivo
e sbrigativo, talora non alieno da tratti morbosi.
2. La tecnica della spettacolarizzazione dei processi, che le
trasmissioni televisive utilizzano a fini di audience, amplifica a
dismisura la risonanza di iniziative giudiziarie che, per il loro
carattere spesso semplicemente prodromico e cautelare, potrebbero nel
prosieguo del processo anche rivelarsi infondate e risultare quindi
superate, con il rischio della degenerazione della trasmissione in
una sorta di «gogna mediatica» a scapito della presunzione di non
colpevolezza dell’imputato e, in ultima analisi, della tutela della
dignita’ umana e del diritto al «giusto processo», garantiti dalla
nostra Costituzione e dai principi comunitari. E la «gogna mediatica»
puo’ diventare gia’ essa stessa una condanna preventiva,
inappellabile e indelebile.
3. Il livello di civilta’ di uno Stato si misura innanzitutto dal
rispetto per la giustizia. E da un sistema giudiziario indipendente
ed efficiente. Tuttavia, non si puo’ supplire ai tempi troppo lunghi
della giustizia trasferendo il giudizio dalle aule giudiziarie alla
televisione, in violazione del canone della centralita’ del processo,
quello vero, quale unica sede deputata dall’ordinamento alla ricerca
e all’accertamento della «verita». La cronaca puo’ indubbiamente
riferire del processo, ma non puo’ spingersi a crearne un surrogato
che, nella pretesa di ricostruire la vicenda delittuosa, ne
amplifichi a dismisura e – in un certo senso – ne rinnovi e
incrudisca gli effetti lesivi. Il processo deve essere svolto dal
giudice competente, l’accusa va sostenuta dal pubblico ministero, la
difesa va fatta da avvocati che conoscano il diritto e gli
incartamenti processuali: il tutto secondo regole che garantiscano il
regolare e appropriato svolgimento del processo e i diritti
fondamentali della persona. Non e’ pertanto ammissibile – e contrasta
con gli indirizzi dettati dalla Commissione parlamentare per
l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi sul
pluralismo informativo – che il ruolo di giudici, accusatori e
difensori sia svolto da giornalisti o conduttori televisivi o,
comunque, da soggetti estranei, senza quelle garanzie che nella
cultura giuridica del Paese rappresentano un caposaldo dello Stato di
diritto.
4. L’attenzione distorta, insistente e talora parossistica dedicata
a taluni pur gravi fatti delittuosi comporta notevoli rischi di
alterazione, anche perche’ l’estremizzazione mediatica dell’indagine
nel suo farsi processo da un lato inevitabilmente amplifica le
sofferenze della vittima e dei suoi congiunti (trasformando il dolore
della persona in spettacolo pubblico, in contrasto con elementari
istanze di tutela della persona), e dall’altro enfatizza,
spettacolarizzandolo, il ruolo dell’imputato, che esce dall’anonimato
per venire oggettivamente proposto come un vero e proprio
protagonista della vita sociale «mediatica», con risultati abnormi e
talora aberranti, vuoi sul versante della deturpazione dell’immagine
vuoi sul versante di un’enfatizzata notorieta’ che regala a
protagonisti negativi una celebrita’ distorsiva dei valori di una
societa’ civile.
5. Ne’ e’ da escludere o da sottovalutare il pericolo che una
siffatta rappresentazione «mediatica» del processo – ispirata piu’
dall’amore per l’audience che dall’amore per la verita’ in programmi
delle principali emittenti televisive che occupano con grande ascolto
la prima e la seconda serata – possa influenzare indebitamente il
regolare e sereno esercizio della funzione di giustizia. Esiste, in
particolare, il pericolo dell’identificazione dell’organo
giurisdizionale con la «platea dei telespettatori» che rischia di
mettere a repentaglio l’indipendenza psicologica del giudicante
(anch’essa valore costituzionalmente rilevante), facendo risentire la
pressione di un processo di piazza dei nostri tempi sul processo
nella sede giudiziaria.
Con la conseguenza che, quando il processo reale approdera’ al suo
esito giudiziario, la sentenza, se conforme all’esito della
rappresentazione televisiva, appaia nient’altro che la tardiva
rimasticatura di quell’esito tempestivamente raggiunto e, se
difforme, venga contaminata dal sospetto di una distorsione dal
giusto esito che, per frange non trascurabili del pubblico, rimane
quello del processo celebrato in TV, impressosi ormai nella memoria
dei telespettatori.
Per altro verso, un’attenzione sproporzionata a un certo «caso»
puo’ determinare una «personalizzazione» delle indagini che competono
al giudice, esponendo cosi’ il singolo magistrato a tentazioni di
protagonismo mediatico (oltre che a rischi personali) e
sottoponendolo ad una sovra-pressione che puo’ mettere a repentaglio
la correttezza delle dinamiche di funzionamento del processo.
6. La problematica rappresentata, nei suoi molteplici risvolti, e’
di estrema delicatezza, in quanto in essa confluisce la
considerazione di plurimi valori costituzionalmente garantiti: in
sintesi, da un lato la liberta’ di espressione e di opinione, il
diritto di informare e di ricevere e comunicare informazioni –
comprensivo anche del diritto di cronaca – che costituiscono
estrinsecazione della liberta’ di manifestazione del pensiero
affermata dall’art. 21 della Costituzione; dall’altra la salvaguardia
delle liberta’ individuali e della tutela della dignita’ umana e dei
diritti inviolabili della persona (art. 2 Cost.), nonche’ il diritto
al «giusto processo» tutelato dalla Convenzione europea dei diritti
dell’uomo (art. 6) e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea (art. 47). Il compito di contemperare i contrapposti
interessi in gioco e’ difficile e sfuggente, dovendosi ben ponderare,
nella loro relazione reciproca, valori ciascuno di per se’ meritevole
di considerazione, di rispetto e di tutela.
7. La vigente disciplina delle riprese audiovisive dei dibattimenti
(art. 147 decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) gia’ fornisce
una misura – ed un caveat sulla necessita’ – di contemperamento degli
interessi in gioco: garanzia del diritto di cronaca, ma anche
salvaguardia delle personalita’ individuali. Omologo al diritto di
cronaca e’ il principio della pubblicita’ delle udienze,
immediatamente riconducibile al disposto dell’art. 101 della
Costituzione: in un sistema democratico che garantisce la sovranita’
popolare, e nel quale la giustizia e’ amministrata in nome del
popolo, devono esistere meccanismi di controllo sui modi di esercizio
della giurisdizione. Dall’altra parte vi sono pero’ i valori connessi
al rispetto di alcune importanti prerogative dell’individuo, tra cui
l’onore e la riservatezza. La norma dianzi citata prevede che ai fini
dell’esercizio del diritto di cronaca il giudice, se le parti
consentono, puo’ autorizzare in tutto o in parte la ripresa
audiovisiva del dibattimento, purche’ non ne derivi un pregiudizio al
regolare svolgimento dell’udienza o della decisione. L’autorizzazione
puo’ essere data pure senza il consenso delle parti «quando esiste un
interesse sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del
dibattimento». Anche quando autorizza la trasmissione, il presidente
vieta la ripresa delle immagini di parti e testimoni, periti,
consulenti ed altri soggetti presenti, se i medesimi non vi
consentono. Infine, non possono essere autorizzate le trasmissioni di
processi che si svolgono a «porte chiuse». Secondo autorevole
dottrina, la norma teste’ esaminata non ha fugato i dubbi che il
dibattito sulla «cronaca giudiziaria» ha sollevato. Come vi e’ un
interesse sociale alla conoscenza del dibattimento, infatti, vi e’
anche un interesse generale a non turbare lo svolgimento del
processo.
8. La vigente normativa sul sistema radiotelevisivo pone tra i
principi fondamentali del settore la garanzia della liberta’ e del
pluralismo dei mezzi di comunicazione, la tutela della liberta’ di
espressione di ogni individuo (inclusa la liberta’ di opinione e
quella di ricevere o di comunicare informazioni), l’obiettivita’, la
completezza, la lealta’ e l’imparzialita’ dell’informazione, nel
rispetto delle liberta’ e dei diritti, in particolare della dignita’
della persona e dell’armonico sviluppo dei minori, garantiti dalla
Costituzione, dalle regole di base dell’Unione europea, dalle norme e
convenzioni internazionali e dalle leggi nazionali. Ne deriva che
nell’ordinamento della comunicazione i principi rappresentati dalla
liberta’ di espressione, di opinione e di ricevere e comunicare
informazioni – comprensivi certo anche del diritto di cronaca,
costituzionalmente garantito, – devono pur sempre conciliarsi con il
rispetto delle liberta’ e dei diritti, e in particolare della
dignita’ della persona; ne discende che a tale rispetto non e’
possibile derogare neanche nel caso in cui la persona sia sottoposta
a procedimento giudiziario o sia stata condannata con sentenza
definitiva.
9. Ferma la necessita’ di evitare ogni menomazione ed ogni
ingiustificato limite al diritto di informazione, si ritiene,
pertanto, che la rappresentazione in televisione di temi di cronaca
giudiziaria non possa reputarsi totalmente esente da regole, ma debba
osservare una serie di limiti modali, riconducibili in primis
all’ambito della deontologia professionale, tali da evitare il
rischio che attraverso la spettacolarizzazione di vicende delittuose
e giudiziarie vengano compromessi i principi di correttezza, lealta’,
equita’ e completezza dell’informazione, nonche’ i valori del
rispetto della dignita’ umana e del diritto al «giusto processo».
Considerato che ai sensi dell’art. 7 del «Testo unico della
radiotelevisione» l’attivita’ di informazione radiotelevisiva, da
qualunque emittente o fornitore di contenuti esercitata, costituisce
un servizio di interesse generale e deve garantire il rispetto dei
principi ivi recati, la cui osservanza e’ resa effettiva
dall’Autorita’ attraverso le regole dalla stessa stabilite.
Ritenuta la necessita’ che – in considerazione della delicatezza e
degli aspetti marginali di opinabilita’ del problema – al
soddisfacimento delle esigenze di correttezza della rappresentazione
dei procedimenti giudiziari nelle trasmissioni radiotelevisive si
proceda attraverso un’opportuna e responsabile scelta di
autoregolamentazione degli operatori interessati, in considerazione
del valore costituzionalmente garantito della liberta’ di espressione
del pensiero con qualsiasi mezzo di diffusione, valore che si traduce
nell’esigenza che la democrazia sia basata su una libera opinione
pubblica.
Ravvisata, pertanto, l’utilita’ dell’istituzione di un apposito
tavolo tecnico presso l’Autorita’ con l’obiettivo di promuovere la
redazione, da parte degli operatori, di un corpo di regole di
autodisciplina in tale materia.
Ritenuta, peraltro, necessaria al corretto dispiegarsi delle
dinamiche autoregolamentari l’individuazione di criteri a presidio
degli interessi tutelati dalle norme vigenti nella materia.
Ritenuta, pertanto, l’opportunita’ di adottare in questa sede un
apposito atto di indirizzo sui criteri relativi alle corrette
modalita’ di rappresentazione della materia delle indagini e dei
procedimenti giudiziari nelle trasmissioni radiotelevisive, anche in
vista del successivo impegno autoregolamentare dei soggetti
interessati.
Udita la relazione dei Commissari Giancarlo Innocenzi Botti e
Michele Lauria, relatori ai sensi dell’art. 29 del regolamento
concernente l’organizzazione ed il funzionamento dell’Autorita’.
Delibera:

Art. 1.
Criteri sulle corrette modalita’ di rappresentazione dei procedimenti
giudiziari nelle trasmissioni radiotelevisive.
1. Le emittenti radiotelevisive pubbliche e private, nazionali e
locali, e i fornitori di contenuti radiotelevisivi su frequenze
terrestri, via satellite e via cavo – ferme la garanzia della
liberta’ d’informazione e del pluralismo dei mezzi di comunicazione
nonche’ la salvaguardia della liberta’ di espressione di ogni
individuo, inclusa la liberta’ di opinione e quella di ricevere o
comunicare informazioni – sono tenuti a garantire l’osservanza dei
principi normativi di obiettivita’, completezza, lealta’ e
imparzialita’ dell’informazione, rispetto delle liberta’ e dei
diritti individuali, ed in particolare della dignita’ della persona e
della tutela dei minori, in tutte le trasmissioni che hanno ad
oggetto la rappresentazione di vicende e fatti costituenti materia di
procedimenti giudiziari in corso, quale che sia la fase in cui gli
stessi si trovino.
2. I soggetti di cui al comma 1, al fine di garantire l’osservanza
dei suddetti principi, si attengono, in particolare, ai seguenti
criteri:
a) va evitata un’esposizione mediatica sproporzionata, eccessiva
e/o artificiosamente suggestiva, anche per le modalita’ adoperate,
delle vicende di giustizia, che non possono in alcun modo divenire
oggetto di «processi» condotti fuori dal processo. In particolare
vanno evitati «processi mediatici», che, perseguendo il fine di un
incremento di audience, rendano difficile al telespettatore
l’appropriata comprensione della vicenda e che potrebbero andare a
detrimento dei diritti individuali tutelati dalla Costituzione e
delle garanzie del «giusto processo;
b) l’informazione, fermo restando il diritto di cronaca, deve
fornire notizie con modalita’ tali da mettere in luce la valenza
centrale del processo, celebrato nella sede sua propria, quale luogo
deputato alla ricerca e all’accertamento della «verita»: dovranno
pertanto essere seguite modalita’ tali da tenere conto della
presunzione di innocenza dell’imputato e dei vari gradi esperibili di
giudizio, evitando in particolare che una misura cautelare o una
comunicazione di «garanzia» possano rivestire presso l’opinione
pubblica un significato e una concludenza che per legge non hanno;
c) la cronaca giudiziaria deve sempre rispettare i principi di
obiettivita’, completezza, correttezza e imparzialita’
dell’informazione e di tutela della dignita’ umana, evitando tra
l’altro di trasformare il dolore privato in uno spettacolo pubblico
che amplifichi le sofferenze delle vittime e rifuggendo da aspetti di
spettacolarizzazione suscettibili di portare a qualsivoglia forma di
«divizzazione» dell’indagato, dell’imputato o di altri soggetti del
processo; deve inoltre porre sempre in essere una tutela rafforzata
quando sono coinvolti minori, dei quali va salvaguardato lo sviluppo
fisico, psichico e morale;
d) restando salva la facolta’ di sviluppare sui temi in esame
dibattiti tra soggetti diversi dalle parti del processo nel rispetto
del principio del contraddittorio ed assicurando pari opportunita’
nel confronto dialettico tra i soggetti intervenienti, vanno evitate
le manipolazioni tese a rappresentare una realta’ virtuale del
processo tale da ingenerare suggestione o confusione nel
telespettatore con nocumento dei principi di lealta’, obiettivita’ e
buona fede nella corretta ricostruzione degli avvenimenti;
e) quando la trasmissione possa inferire sui diritti della
persona, l’informazione sulle vicende processuali deve svolgersi in
aderenza a principi di «proporzionalita», accordando pertanto alle
informative e alle analisi uno spazio equilibratamente commisurato
alla presenza e all’entita’ dell’interesse pubblico leso e
raccordando la comunicazione al grado di sviluppo dell’iter
giudiziario, e quindi al livello di attendibilita’ delle indicazioni
disponibili sulla verita’ dei fatti.

Art. 2.
Codice di autoregolamentazione
1. I soggetti di cui all’art. 1, comma 1, singolarmente o
attraverso le proprie associazioni rappresentative, sono invitati a
redigere un codice di autoregolamentazione, con il concorso
dell’Ordine dei Giornalisti e delle organizzazioni rappresentative
delle professionalita’ della stampa, al fine di individuare regole di
autodisciplina idonee a dare concreta attuazione ai principi e ai
criteri individuati nel presente atto di indirizzo.
2. L’Autorita’, con separato provvedimento, provvedera’ ad
istituire un tavolo tecnico in funzione di promozione ed ausilio
rispetto alla elaborazione del codice e alla definizione delle
modalita’ della sua redazione e sottoscrizione.
3. L’Autorita’, nell’ambito della propria competenza, uniformera’
la propria attivita’ di vigilanza in materia al rispetto delle norme
e dei principi richiamati, avendo specifico riguardo alle
disposizione del codice di autoregolamentazione.
La presente delibera e’ pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana e nel Bollettino ufficiale e sul sito web
dell’Autorita’ ed e’ trasmessa alla Commissione parlamentare per
l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

Napoli, 31 gennaio 2008

Il presidente
Calabro’
I commissari relatori
Innocenzi Botti – Lauria

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