Giornalisti: circolare del ministero della Giustizia sui criteri per l’iscrizione – Per l’Albo sono equiparati il domicilio e la residenza

Domicilio professionale o residenza per l’Albo: due articoli di Franco Abruzzo e la delibera del Cnog


dalla newsletter del sito Franco Abruzzo.it

Il Sole 24 Ore dell’8 febbraio 2000 (Pagine Norme e Tributi)

La Comunitaria ’99 facilita i trasferimenti dei professionisti Ue – Per l’iscrizione agli Albi il criterio è il domicilio

di Franco Abruzzo

MILANO. Residenza e domicilio: i concetti giuridici legati a queste due parole determinano l’appartenenza dei singoli professionisti, italiani e comunitari, agli Ordini a struttura regionale, provinciale o circondariale.

La legge 21 dicembre 1999 n. 526 (Comunitaria 1999), che recepisce 42 direttive per l’integrazione economica e sociale fra i Paesi Ue, all’articolo 16 ha una rubrica di portata generale () e dispone che .

Le leggi delle 30 professioni italiane, riconosciute dal Parlamento, saldano l’appartenenza a un determinato Albo alla residenza del professionista. Questo collegamento è strutturalmente spiegabile, da una parte, con le funzioni di giudice disciplinare svolte dall’Ordine “locale” e, dall’altra, con il bisogno dell’ente di poter contare su entrate certe per soddisfare le spese di funzionamento.

In passato, quando un professionista, per esempio inglese o francese, chiedeva l’iscrizione in un Albo italiano, la richiesta si scontrava sempre con la normativa interna che poneva la residenza tra i requisiti necessari per l’iscrizione stessa. L’equiparazione residenza-domicilio agevola adesso l’iscrizione all’Albo italiano del professionista europeo, che, mantenendo la residenza nel suo Paese d’origine, ha scelto una nostra città come . L’articolo 43 del Codice civile fissa il domicilio di una persona , mentre .

.

L’ambito di applicazione della norma non è, però, limitato ai professionisti esteri, che lavorano in Italia, ma vale anche per i professionisti italiani che intendano stabilire il loro domicilio e, quindi, il centro dei loro affari in una qualsiasi città della Comunità. L’articolo 16 della legge comunitaria 1999 va letto tenendo conto del principio giuridico secondo il quale alla legge stessa . Il legislatore comunitario e quello italiano hanno inteso sanare la stortura che imponeva a un professionista europeo di recidere il legame con la propria nazione, obbligandolo a spostare residenza e domicilio in un altro Paese. Accettata, quindi, questa lettura dell’articolo 16, lo stesso articolo 16 non avrebbe alcuna incidenza sull’ordinamento nazionale delle singole professio ni. L’iscrizione nazionale resterebbe sempre ancorata alla residenza. É un discorso, però, che Remo Danovi non condivide: .

Franco Abruzzo

Il Sole 24 Ore del 28 marzo 2000 (Pagine Nome e Tributi)

di Franco Abruzzo

ROMA. Il domicilio vale come la residenza. Al professionista basta avere il requisito del domicilio in una determinata località italiana per iscriversi all’Ordine o al Collegio del luogo. Lo prevede il ministero della Giustizia con una circolare ai Consigli nazionali, firmata da Stefano Racheli, direttore dell’Ufficio VII della direzione generale degli Affari civili e delle libere professioni. La circolare offre un’interpretazione dell’articolo 16 della legge comunitaria 21 dicembre 1999, n. 526, anche se precisa che . L’interpretazione di via Arenula in sostanza non è esaustiva, perché finora era prevalsa un’altra lettura dell’articolo 16 nel senso che lo stesso sembrava regolare gli spostamenti extrafrontalieri dei profession isti della Ue, lasciando inalterate le competenze all’interno di ogni singolo Paese.

La norma disponendo che , sembra non prevedere – secondo Racheli – .

Racheli legge l’articolo 16 sotto il profilo dell’uguaglianza di trattamento tra cittadini italiani e cittadini degli altri Paesi membri della Ue. .

Inoltre, escludendo che l’articolo 16 si applichi anche agli italiani, si creerebbero ingiustificate disparità di trattamento, .

Le valutazioni di competenza spettano, comunque, ai Consigli nazionali. I quali non possono non tenere conto dei fatti che hanno provocato la nascita dell’articolo 16. Alcuni Consigli dell’Ordine degli avvocati hanno rifiutato in passato l’iscrizione ai legali stranieri, privi di residenza italiana, che pure avevano superato la prova attitudinale prevista dalla legge sul riconoscimento dei diplomi (Dlgs 115/92), e ciò ha determinato la presa di posizione degli organi comunitari e l’inizio di una procedura di infrazione a carico dell’Italia. Di fatto, dunque, l’articolo 16 riconosce a tutti i professionisti stranieri il diritto di ottenere l’iscrizione in un Albo italiano sulla base del domicilio professionale.

Franco Abruzzo

La delibera del Consiglio nazionale (5 luglio 2002) “dà la facoltà”, – in applicazione del principio di equiparazione tra residenza e domicilio professionale (l’art. 16 della legge 21 dicembre 1999 n. 526) ai fini dell’iscrizione negli albi professionali anche nei confronti dei giornalisti che abbiano fissato nel territorio italiano sia la residenza che il domicilio professionale -, “di opzione agli iscritti nell’Albo dei giornalisti circa l’utilizzo dell’uno o l’altro requisito ai fini dell’iscrizione medesima, ferma restando in ogni caso l’osservanza delle norme in tema di residenza, con i relativi obblighi derivanti dall’art. 3, primo comma, del Dpr n. 223/1989, che identifica la residenza anagrafica nel luogo dove si ha la dimora abit uale”.

Il domicilio professionale riguarda i professionisti

E’ evidente che il domicilio professionale riguardi soltanto i giornalisti professionisti, cioè coloro che svolgono la professione di giornalista. Costoro, comunque, dovranno documentare fiscalmente e contrattualmente che esercitano la professione in una determinata località. E’ anche evidente il significato della delibera 5 luglio 2002 del Cnog: ogni giornalista può ancorare l’appartenenza all’Albo sia in base alla residenza e sia in base al domicilio professionale, ma non può non collocare la sua residenza nella città dove abbia la dimora abituale. (Fr. Ab.).

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