Giornalisti – Praticantato – Raccolta giurisprudenziale di Franco Abruzzo (P. OdG MI)

Nullo il contratto di lavoro per l’espletamento di attività di praticantato giornalistico stipulato con soggetto non iscritto preventivamente nell’apposito Registro


Il contratto di lavoro per l’espletamento di attività di praticantato giornalistico, stipulato con soggetto non iscritto preventivamente nell’apposito registro previsto dall’art. 33 della legge n. 69 del 1963, è nullo, ancorché non illecito nell’oggetto o nella causa, con la conseguente applicabilità dell’art. 2126 cod. civ. Poiché, ai sensi dell’art. 1423 cod. civ., il contratto nullo non può essere convalidato se la legge non dispone diversamente, ne consegue che, mancando un’apposita norma che consenta la convalida di un contratto di lavoro giornalistico nullo (fatti salvi gli effetti del suddetto art. 2126 cod. civ.), il provvedimento del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti, che iscriva un soggetto nel registro dei praticanti con effetto retroattivo ed attesti lo svolgimento della pratica per un periodo superiore a quello massimo di iscrizione nel registro (equivalente a tre anni), comporta che il per iodo di praticantato riconosciuto, seppure utile ai fini dell’ammissione all’esame di abilitazione quale giornalista professionista, non vale, però, a convalidare un rapporto di lavoro affetto da nullità. (Nella specie, la S.C., enunciando il principio in questione, ha rigettato il ricorso proposto e confermato la sentenza impugnata, con la quale era stato accertato, prospettandosi un’adeguata motivazione al riguardo, che la ricorrente, durante tutto lo svolgimento del rapporto, era stata iscritta unicamente nell’elenco del pubblicisti e che, quindi, non era iscritta nè nell’elenco dei “giornalisti professionisti”, nè nel “registro dei praticanti”, con la conseguenza che la declaratoria di illegittimità del rapporto e la reintegrazione nel posto di lavoro non potevano rientrare tra gli effetti fatti salvi dall’art. 2126 cod. civ.). (Cass. civ. Sez. lavoro, 06-03-2006, n. 4770; Di Carlo c. Il Messagero Spa ed altro; FONTI Mass. Giur. It., 2006; CED Cassazione, 2006)

L’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti non è idonea alla costituzione di un regolare rapporto di praticantato giornalistico

1. Atteso che l’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti non è idonea alla costituzione di un regolare rapporto di praticantato giornalistico – finalizzato all’iscrizione nell’elenco dei professionisti – e pertanto non può sopperire alla mancanza di una regolare iscrizione nel registro dei praticanti giornalisti di cui all’art. 33 della legge n. 39 del 1963, ne consegue che l’attività di praticantato giornalistico o di giornalista professionista svolta da pubblicista, essendo espletata da soggetto non iscritto al relativo Albo, resta invalida, ancorché non illecita nell’oggetto o nella causa e, quindi, produttiva di effetti per il tempo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, secondo il disposto dell’art. 2126 c.c.; tra gli effetti fatti salvi dalla suddetta norma non rientra, però, la reintegrazione in caso di dedotta illegittimità della risoluzione del rapporto null o. (Cass. civ. Sez. lavoro, 05-04-2005, n. 7016; FONTI Mass. Giur. It., 2005; CED Cassazione, 2005).

2. L’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti, di cui agli art. 26, ult. parte, e 35 l. 3 febbraio 1963 n. 69, non è idonea alla costituzione di un regolare rapporto di praticantato giornalistico, finalizzato alla iscrizione nell’elenco dei giornalisti professionisti, e non può quindi, sopperire alla mancanza di una regolare iscrizione nel registro dei praticanti, di cui all’art. 33 della citata legge. La facoltà dei Consigli dell’Ordine dei giornalisti, regionali e nazionale, ai sensi del comma 2 dell’art. 46 d.P.R. 4 febbraio 1965, come sostituito con l’art. 3 d.P.R. 21 settembre 1993 n. 384, di accertare e dichiarare la sussistenza dello svolgimento della pratica giornalistica (ancorchè esercitata abusivamente, al di fuori, cioè degli schemi del procedimento legale tipico di cui agli art. 33 e 34 della legge n. 69 del 1963, e per un periodo superiore a quello di ma ssima durata di iscrizione nel registro) e la data di effettivo inizio del tirocinio, comporta che il tirocinio accertato, anche a posteriori, sia considerato utile ai fini dell’ammissione all’esame di idoneità professionale. Tale accertamento non vale, però, a sanare la nullità del rapporto di praticantato svoltosi in assenza di una formale iscrizione, all’atto della instaurazione e dello svolgimento del rapporto, nel registro dei praticanti, non essendo tale facoltà prevista dalla legge ( art. 1423 c.c.). Ne consegue che l’attività di praticantato giornalistico (o di giornalista professionista) espletata da soggetto non iscritto al relativo albo resta invalida, ancorchè non illecita nell’oggetto o nella causa e, quindi, produttiva di effetti per il tempo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, secondo il disposto dell’art. 2126 c.c.; tra gli effetti fatti salvi dalla citata norma non rientra, però, la reintegrazione in caso di dedotta illegittimità della risoluzione del ra pporto di lavoro nullo. (Cass. civ. Sez. lavoro, 21-05-2002, n. 7461; Soc. Nuova Ed. Trentina c. Novello; FONTI Mass. Giur. It., 2002; Diritto e Giustizia, 2002, f. 26 nota di GIACOMARDO; Arch. Civ., 2003, 340).

Redattore ordinario soltanto se giornalista professionista

Per l’esercizio dell’attività giornalistica di redattore ordinario è necessaria la iscrizione nell’Albo dei giornalisti professionisti. (Cass. civ. Sez. lavoro, 01-07-2004, n. 12095; FONTI Mass. Giur. It., 2004; CED Cassazione, 2004).

L’INPGI PUO’ RICHIEDERE IL PAGAMENTO DEI CONTRIBUTI PREVIDENZIALI PER UN GIORNALISTA PRATICANTE, SENZA DOVER PROVARE LA SUBORDINAZIONE in base alla legge n. 67 del 1987 (Cassazione Sezione Lavoro n. 20080 del 18 settembre 2006, Pres. Mileo, Rel. Cellerino).

L’INPGI ha ottenuto dal Tribunale di Roma un decreto ingiuntivo nei confronti della S.p.a. Edisud per il pagamento della somma di circa lire 20 milioni a titolo di contributi e sanzioni dovuti per il periodo di praticantato giornalistico svolto da Francesco G., dal marzo 1993 al gennaio 1994, presso il quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno. La società editrice ha proposto opposizione sostenendo che non era stata provata l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato. Il Tribunale ha rigettato l’opposizione. In seguito ad impugnazione proposta dalla Edisud, la Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo. La Corte ha motivato la sua decisione osservando che l’attività del praticante giornalista, iscritto nell’apposito albo, si differenzia da quella del giornalista redattore professionista perché tende, come qualsiasi tirocinio, all’acquisizione della preparazione tecnico-pratica e della qualificazione necessaria per l’esercizio della professione, senza che ciò comporti automaticamente l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato, che l’INPGI avrebbe dovuto provare per fondare la pretesa; essa ha aggiunto che, essendo l’iscrizione nel Registro dei praticanti rimessa alla discrezionale valutazione del Consiglio dell’Ordine, il datore di lavoro può far valere davanti al Giudice ordinario, a tutela di propri diritti, l’effettiva natura dell’attività svolta dal lavoratore, o la mancanza dei presupposti per l’iscrizione all’albo.

L’INPGI ha proposto ricorso per cassazione, rilevando da un lato, che l’ammissione, in primo grado, della soc. Edisud circa la continuità ed esclusività del rapporto di praticantato di Francesco G. e la sua sottoposizione al potere gerarchico, avevano “reso superflua la prova, articolata dall’INPGI tendente a dimostrare la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato”, posto che l’iscrizione all’albo, “fornisce un serio principio di prova dello svolgimento di mansioni a contenuto giornalistico, … concorrente a comprovare l’esercizio di un’attività subordinata di praticantato..”, e, dall’altro, che l’appello della società, fondato sullo svolgimento del praticantato in “assoluta autonomia ed indipendenza”, era contraddetto dall’affermazione contraria, contenuta nel ricorso in opposizione al decreto ingiuntivo della Edisud, la quale aveva sostenuto che l’attività di Francesco G., svolta in esclusiva presso la “Gazzetta del Mezzogiorno”, dov’era stato assunto come praticante presso la redazione centrale, era stata coordinata e sottoposta al controllo del capo servizio Delle Foglie, tenuto a curarne l’apprendimento professionale.

La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 20080 del 18 settembre 2006, Pres. Mileo, Rel. Cellerino) ha accolto il ricorso. In base all’art. 26 della legge n. 67/87 – ha ricordato la Corte – l’INPGI gestisce in regime di sostitutività le forme di previdenza obbligatoria nei confronti dei giornalisti professionisti e provvede ad analoga gestione anche per i giornalisti praticanti di cui all’art. 33 della L. 3 febbraio 1963, n. 69; in altre parole, la struttura del praticantato, cui l’INPGI è tenuto ad estendere ex lege la gestione delle forme di previdenza obbligatoria già assicurata ai giornalisti professionisti, elimina, per l’inserimento del praticante nell’organizzazione del multiforme lavoro giornalistico, la possibilità di un’astrazione contrattuale, ancor oggi supposta dall’editore Edisud. Ciò significa – ha osservato la Corte – che non è tanto l’INPGI, estraneo al rapporto contrattuale interpersonale, a dover provare l’esistenza della subordinazione del praticante nei confronti dell’editore, quanto questa parte a doverne dimostrare la fittizietà o, comunque, la sottoposizione a un diverso regime contrattuale, dovendosi rifiutare la possibilità di un rapporto di natura autonomo o di natura non giornalistica del praticante tout court impegnato in attività giornalistica, come riconosciuto in questa fattispecie in sede di opposizione a decreto ingiuntivo. Ha errato, quindi, la Corte d’Appello, conformandosi alla tesi della società editrice – ha concluso la Cassazione – nell’attribuire all’INPGI l’onere della prova della subordinazione in una situazione di praticantato, quale emerge dagli atti processuali, sovvertendo la regola dell’allegazione ed incorrendo, di conseguenza, nella violazione del principio della disponibilità delle prove (art. 115 e 116, cod. proc. civ. in relazione all’art. 2697,cod. civ.). (www.legge-e-giustizia.i t).

Il compito precipuo dell’Ordine

L’Ordine, in particolare, ha il precipuo compito di salvaguardare, erga omnes e nell’interesse della collettività, la dignità professionale e la libertà di informazione e di critica dei propri iscritti.

L’Ordine dei giornalisti – come di norma anche ogni altro ordine professionale – ha natura di ente pubblico associativo esponenziale di una categoria di professionisti, al quale la legge affida la rappresentanza della categoria e conferisce numerose attribuzioni.

(App. Milano, 05-05-2004; Il Sole 24 Ore s.p.a. c. Ordine dei Giornalisti; FONTI Giornale Dir. Amm., 2004, 12, 1322 nota di ORLANDO).

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