Giurisdizione di legittimità. L’iscrizione di ipoteca è un atto preordinato e strumentale all’espropriazione immobiliare e in quanto tale ne eredita le regole operative

Una semplice, ma allo stesso tempo impegnativa. affermazione di principio che potrebbe generare una incredibile falla risarcitoria a danno dello Stato.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. 22/02/2010 n. 4077) ammoniscono Equitalia (condannandola, peraltro, alle spese di lite) per avere impiegato lo strumento dell’ipoteca con eccessiva disinvoltura. Dai fatti emersi in corso di causa, la s.p.a. concessionaria per le riscossione dei tributi (capitale interamente pubblico: 51% Agenzia delle Entrate, 49% Inps), dopo aver predisposto ruolo esattoriale per un credito vantato dallo Stato di circa 900 Euro a carico di un cittadino di Castellammare di Stabia, iscrive ipoteca sull’abitazione di costui, dopo aver constatato il perdurare dell’insolvenza. Il diretto interessato denuncia di non aver ricevuto né solleciti né alcuna comunicazione in merito all’avvio del procedimento monitorio e fa seguire un ricorso al Giudice di Pace competente. Nel primo grado di giudizio il cittadino vede soddisfatte le proprie pretese dalla decisione dell’A.G., che ritiene illegittima l’iscrizione del diritto reale di garanzia in quanto il credito vantato non supera la soglia degli 8.000 Euro. Sennonché, l’esattore si rivolge alla Cassazione eccependo l’incompetenza della magistratura ordinaria (a favore di quella tributaria) e motivando, altresì, l’asserita infondatezza della pronuncia di merito. Piazza Cavour risolve preliminarmente la questione di giurisdizione avallando la lettura fornita dal G.d.P. e statuendo che la Commissione Tributaria Provinciale è competente esclusivamente in ragione di controversie afferenti tasse ed imposte. L’equivoca definizione di "tributi/entrate" alla quale vengono agganciate le somme dovute sulla cartella esattoriale, inibisce in proposito la cognizione del giudice speciale. La norma che gli Ermellini applicano è quella contenuta negli artt. 76 e 77 D.P.R. n. 602/1973 "Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito" . Testualmente, il Supremo Collegio motiva stabilendo che "(…) al pari delle controversie in tema di fermo di beni mobili di cui all’art. 86 D.P.R. n.602/1973 (che appartengono alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie solo se il fermo è stato eseguito a garanzia del soddisfacimento di crediti di natura tributaria …omissis…), anche quelle in tema d’iscrizione ipotecaria rientrano nella giurisdizione delle Commissioni soltanto nel caso in cui siano state effettuate per ottenere il pagamento di imposte e tasse" (Cfr. Cass., SS.UU., sent. n. 4077/2010). Fin qui niente di particolarmente innovativo, se non un deciso monito alla concessionaria, fin troppo audace nella qualificazione del credito azionato: contegno adeguatamente stigmatizzato e causa del primo scacco a vantaggio del contribuente. Proseguendo, il giudice di terza istanza compie un encomiabile sforzo ermeneutico atto ad adeguare la normativa richiamata al diritto vigente, aggiornandola ai correnti principi di ordine pubblico e spogliandola in parte dalle incensurabili prerogative impostive retaggio della Repubblica post bellica. Leggendo acriticamente i principi ispiratori della riscossione erariale (come pare abbia fatto Equitalia) la conclusione del giudice di terzo grado potrebbe apparire forviante rispetto allo spirito della legge; se, però, come accennato, il disposto normativo viene adattato alle linee guida che hanno in questi anni ispirato il legislatore e la giurisprudenza, la sentenza in commento fornisce un’interpretazione, a nostro parere, assolutamente logica ed illuminata. In proposito, considerando (come del resto fa la legge) l’iscrizione d’ipoteca alla stregua di atto preordinato e strumentale all’espropriazione forzata, equivale a caricare inutilmente ed ingiustificatamente il contribuente degli oneri d’iscrizione e di eventuale successiva cancellazione della stessa se la procedura esecutiva risulta, poi, inibita ex lege laddove l’importo azionato non raggiunga la soglia all’uopo stabilita. L’art.. 76, comma 1, D.P.R. n. 602/1973, infatti, recita: "Il concessionario può procedere all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui si procede supera complessivamente ottomila euro (…)". Il caso, certamente fa riflettere se si considera che, ultimamente, i mezzi d’informazione hanno più volte partecipato l’indignazione di ignari contribuenti che, magari per un eccesso di zelo, hanno ritenuto di dover controllare la propria posizione contributiva scoprendo di avere iscritta un ipoteca da parte di Equitalia pur non avendo ricevuto alcuna comunicazione per via ufficiale. Le associazioni a difesa dei consumatori, "Noiconsumatori" e "Aidacon" in testa, già paventano una class action risarcitoria a tutela della moltitudine di contribuenti vessati. Ad ogni modo, legittimo o meno il titolo iscritto, la concessionaria per la riscossione dovrebbe fornire quanto meno preavviso per una qualsiasi determinazione che sottragga la disponibilità di un bene (mobile registrato o immobile) al legittimo proprietario sul presupposto crediti erariali insoluti. In proposito, tale strumento dovrebbe rappresentare una sorta di extrema ratio, in quanto, risale al 2007 una nota (Direttiva di gruppo DSR/NC/2007/012 n. 2007/4887 del 5 luglio 2007) nella quale Equitalia raccomanda ai propri esattori decentrati "(…) di scongiurare il ricorso immediato a procedure aggressive per il recupero di crediti estremamente ridotti e di favorire un clima di maggiore civiltà e serenità nel rapporto con i contribuenti". Chapeaux!, anche se il messaggio ci sembra non sia stato ancora pienamente metabolizzato. (S.C. per NL). 

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