Giustizia amministrativa. Impianti di radiodiffusione, disattivazione per mancato esercizio: distinguo tra mancata utilizzazione ab origine e inattività sopravvenuta

Recentemente il CdS ha censurato il depennamento di fatto dall’elenco impianti eserciti da un soggetto autorizzato all’esercizio dell’attività di radiodiffusione di un trasmettitore a lungo inattivo da parte degli I.T. del MSE-Com


Mutuato da una circolare della struttura di competenze a più livelli Consultmedia

La sentenza, tuttavia, va letta in unione con un precedente giurisprudenziale che solo ad una sommaria analisi potrebbe apparire contrastante

Grande impatto ha avuto sugli operatori e sulla P.A. di specie (MSE-Com) la recente sentenza del CdS (qui sull’argomento)con il quale era stato annullato il provvedimento di disattivazione definitiva di un diffusore da parte di un organo periferico del MSE-Com sulla scorta della prolungata inattività, che si traduceva in un “depennamento” di fatto dall’elenco degli impianti eserciti, attività, ovviamente, sottratta alla competenza degli Ispettorati territoriali, in quanto di spettanza della Direzione generale. Si è detto, da più parti, che tale decisione giudiziale avrebbe ribaltato o comunque interrotto il costante orientamento giurisprudenziale, che avrebbe sino ad allora riconosciuto in capo agli I.T. il potere ora censurato. Non è, però, così. Infatti, già nel recente passato (2007) il CdS aveva tracciato elementi salienti per connotare la fattispecie, spiegando che, se era certamente vero come il decreto concessorio prevedesse “che la disattivazione poteva essere ordinata fino al ripristino delle corrette modalità di esercizio” e come in senso del tutto analogo si fosse espressa la lettera circolare del Ministero delle Poste e Telecomunicazioni n. 28240 del 30 agosto 1996, tale prescrizione doveva ritenersi valida con riguardo ad impianti non solo regolarmente attivati, ma anche regolarmente utilizzati nel tempo e solo successivamente resi inattivi. Non poteva, ad avviso dei giudici di ultimo grado, essere trattata in ugual modo la fattispecie per cui alla semplice attivazione dell’impianto (p.e. in prossimità dell’entrata in vigore della L. 223/1990, in base al cui art. 32 venne poi censito, acquisendo legittimazione amministrativa alla continuazione temporanea dell’attività) non risultava avere fatto seguito alcuna utilizzazione dello stesso (sicché tale attivazione poteva essere riguardata alla stregua di un comportamento finalizzato alla semplice occupazione acquisitiva della frequenza, non seguita da alcuna sua utilizzazione). In questa ultima circostanza, per il G.A., doveva ritenersi come non sussistessero i presupposti stessi per l’applicazione della disciplina sul preventivo ordine di riattivazione dell’impianto, non risultando questo essere stato, in effetti, mai concretamente attivato fin dall’origine e non potendosi considerare “attivazione” dello stesso un’operazione tecnica non seguita dalla effettiva e duratura utilizzazione dell’impianto medesimo (al più, si potrebbe dire, ciò costituiva una mera prova tecnica). Da ciò conseguiva, per il Collegio chiamato a decidere, il corretto comportamento dell’Amministrazione delle comunicazioni, che, una volta constatata la circostanza suddetta, aveva dato corso all’adozione del provvedimento impugnato senza farla precedere della formale diffida a riattivare l’impianto.

(amplius qui)

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