Il citizen journalism arriverà sugli schermi tradizionali. Con o senza DTT

Come definire la persona che siede sul divano e guarda la tv? Verso la fine degli anni ‘90 la Garzantina di settore riportava esclusivamente il vocabolo telespettatore, distinguendo tale ruolo da quello dell’utente.

Quest’ultimo era per convenzione un soggetto decisamente più multimediale: prima di tutto, si trattava del soggetto che sottoscriveva un abbonamento ad internet e consultava le proprie e-mail per mezzo di un rumoroso modem a 56Kb. Ma era anche la persona connessa ad internet che cercava informazioni nel vecchio motore di ricerca Altavista per mezzo di Netscape. Nomi che ricordano la recente preistoria di internet, dove utente e telespettatore erano due persone sostanzialmente diverse e chiaramente distinte. Ora il paradigma è evidentemente cambiato ed ognuno battezza gli ex-telespettatori come preferisce: web-spettatori, tele-utenti, utenti digitali. Qualunque sia il modo di chiamarli, si tratta di individui identici nella forma, ma nuovi nelle intenzioni. Gente che non si accontenta di guardare le trasmissioni della pubblica concessionaria italiana, ma cerca contenuti monotematici, digita sul telecomando per passare dalla piattaforma digitale a quella satellitare, paga per vedere partite di calcio e contenuti on demand, consulta di tanto in tanto widget per internet o accede a servizi integrati pescati dal web e riformattati per la tv. Secondo quanto riportava ieri il Corriere della Sera, il nuovo fruitore della tv comincia sinceramente ad apprezzare la nuova piattaforma digitale, riconosce l’importanza della multicanalità free e non rimpiange la tv analogica (che, secondo il ragionamento del medesimo quotidiano, farà la fine di VHS e telefono a gettoni). Questa incredibile evoluzione non è stata (e non sarà) però indolore. E non ci riferisce solo ai soggetti più anziani che, convinti della perenne disfunzione dei nuovi apparecchi, sostituiscono i decoder ogni volta che non riescono a sintonizzare perfettamente un canale (ignari del fatto che potrebbe essere l’emittente a non essere più chiaramente ricevibile), ma anche a tutti coloro che si disperdono nell’oceano dell’offerta digitale. Nella recente era analogica chi non avesse sottoscritto un abbonamento alla tv a pagamento (Telepiù e Stream prima, Sky poi) si godeva i palinsesti delle emittenti nazionali, oltre a quelli di una ventina di emittenti private locali (naturalmente diverse per ogni regione e contenuti tipicamente più forti di altri: calcio soprattutto.). Fare zapping allora richiedeva poca concentrazione e pochissimo tempo. Ora la stessa operazione richiede un pollice forzuto e ben più tempo di quanto si potesse prevedere. Anche perché, nonostante la tecnica numerica ne preveda la possibilità di utilizzo, la c.d. EPG (Electronic Program Guide) non è stata attivata dalla maggiorparte degli operatori e non riesce, quindi, a confortare adeguatamente i telespettatori che, nell’era digitale, sono paradossalmente costretti a cercare informazioni sulla programmazione serale digitando sul primordiale televideo o avventurandosi in circa 15 minuti di zapping selvaggio (molto più di prima, in effetti). A questo punto, quando nella giungla digitale l’utente trova qualcosa di interessante, difficilmente lo perde, fosse anche posizionato su un LCN difficile da memorizzare. Del resto, se il tempo libero dell’attuale società si restringe, quando si accende la tv è preferibile guardare qualcosa che sposi i propri interessi: canali monotematici che ricalcano le proprie passioni? Contenuti on demand? Tv locali davvero vicine alla propria realtà? In questo contesto sono in molti a pensare che nel panorama DTT a vincere saranno quei soggetti che rimarranno sempre più vicini alle realtà locali, documentandone vita e attualità, manifestazioni e personaggi. Si tratta di un ragionamento inversamente proporzionale, ma con una sua logica. L’offerta televisiva aumenta in modo sproporzionato e rapido, ma non concede spazio solo a format internazionali. Chi sulle “nuove televisioni” arriva a sorpresa è anche il piccolo operatore locale, che concentra i propri sforzi in comunità territoriali circoscritte coprendo perfettamente le aree di interesse con notiziari, programmi di approfondimento o attualità, documentari. La manifesta professionalità dei format internazionali si evince dall’estetica, ma sempre più spesso i contenuti si ripetono. L’amatorialità dei piccoli operatori è (talvolta) altrettanto manifesta, ma la passione per il mezzo televisivo e per l’interesse (politico, giornalistico o sportivo) verso la propria comunità d’origine sorprendono e diventano un ingrediente obbligatorio del proprio palinsesto quotidiano. Se questo paradigma dovesse confermarsi, molto presto anche le più piccole realtà web-televisive potranno godere di un proprio spazio nella tv attuale. Con o senza DTT. In sostanza, che possano accedere alla televisione digitale terrestre come fornitori di servizi di media audiovisivi o che possano accedere al panorama televisivo italiano per mezzo delle internet tv poco cambia (almeno per gli utenti). Il punto è che molto presto l’offerta potrebbe essere ampliata ben oltre il previsto con tutte quelle micro web tv locali oggi sotto l’egida dell’osservatorio Altra Tv e della federazione F.E.M.I. Un “paese” noto (ne parlano spesso Il Sole 24 Ore e il magazine tecnologico Nova 24), ma relativamente ancora poco frequentato, dove comunque in un solo anno il relativo censimento ha mostrato una crescita del 52%, così passando dai 286 soggetti del 2009, ai 436 soggetti del 2010 (dati estrapolati dal “Rapporto sullo stato del micro-citizen journalism e della partecipazione dal basso online dicembre 2010”). E anche in questo caso, come di consueto, l’evoluzione ha permesso di produrre un neologismo. Quello di Netizen, il cittadino (citizen) di internet. Un nuovissimo fruitore di contenuti che vive curiosando tra contributi video gratuiti sul web e si informa di quanto gli accade intorno bypassando i Tg regionali. Il fenomeno è dunque in continua e rapida crescita, merita attenzione e ha tutti i requisiti per acquisire un proprio autonomo spazio negli schermi televisivi tradizionali. Come già detto, se non diventando fornitore di contenuti di media audiovisivi (processo che presenta comunque qualche determinante implicazione economica), attraverso le modernissime tv connesse ad internet che dagli Stati Uniti promettono di diventare l’investimento principale per tutti coloro che, in un modo o nell’altro, vorranno apparire in tv con mezzi più economici. Siano essi editori o aziende, professionisti o amatori. Internet offre il proprio spazio ancora democraticamente e potrebbe favorire l’evoluzione di queste piccole realtà locali che cercano spazi a basso costo per promuovere la propria attività e dimostrare le loro indubbie capacità di confezionare contenuti piacevoli e interessanti. Un esempio tra tanti? Sperimentarea.Tv, web tv essenziale, ben confezionata e con una sorta di E.P.G. testuale che descrive il contenuto di ogni video trasmesso in streaming. Piccolo, ma significativo smacco a tutti quegli editori locali del DTT che non hanno ancora attivato un servizio analogo. (M.M. per NL)

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