Intercettazioni – L’ascolto illecito è fuori dalla Costituzione

Commento di Franco Abruzzo – presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia


“Guida al diritto” del 7 ottobre 2006 (n. 39)

Intercettazioni – L’ascolto illecito è fuori dalla Costituzione

commento di Franco Abruzzo – presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia

In piena “spiopoli”, il Consiglio dei Ministri ha trasmesso al Paese “il segnale che ci voleva” (come ha scritto Vittorio Grevi) sotto forma di decreto legge. Cinque articoli in tutto per impedire qualsiasi utilizzazione delle intercettazioni illegali e per punire i responsabili. È strutturato così il provvedimento approvato il 22 settembre e che è entrato in vigore il giorno successivo con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.
Il contenuto del dl 259/2006: immediata distruzione. È il primo articolo a stabilire (integrando l’articolo 240 Cpp) che “i documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall’imputato”. Dice il secondo comma: “L’autorità giudiziaria dispone l’immediata distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo si provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato eseguire copia in qualunque forma. Il loro contenuto non costituisce in alcun modo notizia di reato, né può essere utilizzato a fini processuali o investigativi”. Delle operazioni di distruzione “è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione o detenzione e dell’acquisizione, delle sue modalità e dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto delle stesse”. La lettura del verbale che dà atto dell’avvenuta distruzione, stabilisce l’articolo 2, deve essere sempre consentita.
Sanzioni penali. Il decreto punisce anche la semplice detenzione delle intercettazioni e dei documenti illegali con la reclusione da sei mesi a quattro anni; pena che aumenta da uno a cinque anni se il responsabile è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio.
Colpiti editori e direttori di giornali. Mentre è l’articolo 4 a stabilire le sanzioni pecuniarie: “A titolo di riparazione, ciascun interessato può chiedere all’autore della divulgazione degli atti o dei documenti (con conversazioni telefoniche e telematiche illegalmente acquisite o con documenti formati attraverso la raccolta illecita di informazioni, ndr), al direttore o vice-direttore responsabile e all’editore, in solido fra loro, una somma di denaro determinata in ragione di cinquanta centesimi per ogni copia stampata, ovvero da cinquantamila a un milione di euro secondo l’entità del bacino di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico, televisivo o telematico. In ogni caso, l’entità della riparazione non può essere inferiore a ventimila euro”. L’azione va proposta nel termine di un anno dalla data della divulgazione, salvo che il soggetto interessato non dimostri di averne avuto conoscenza successivamente. Le sanzioni civili non riguardano i redattori. Del giornalista che scrive le notizie il decreto non parla.
I principi costituzionali. L’articolo 15 della Carta fondamentale afferma che “la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”. Ne consegue che le intercettazioni illegali non rientrano nel diritto di cronaca e non possono trovare cittadinanza nelle pagine dei giornali. Diverso è il discorso sulle intercettazioni disposte dall’autorità giudiziarie: quelle si possono pubblicare, ma salvaguardando la dignità delle persone coinvolte. Il rispetto della persona e della dignità umana è il limite interno all’esercizio del diritto di cronaca, principio questo figlio dell’articolo 2 della Costituzione e dell’articolo 2 della legge professionale dei giornalisti (Cassazione penale, sez. III, sentenza 23356/01). Sotto il profilo strettamente giudiziario, le intercettazioni illecite non possono offrire ai Pm “spunti di indagine”, perché sono state raccolte senza “un atto motivato dell’Autorità giudiziaria” (la Cassazione sul punto è univoca). Va anche detto che la libertà di ricevere o comunicare informazioni costituisce un valore tutelato, oltre che dalla Costituzione, anche dagli articoli 8 e 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e recepita nella legge 848/1955.
Gli orientamenti della Cassazione penale. In tema di utilizzabilità processuale delle intercettazioni “di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di autorizzazione all’utilizzazione di impianti diversi da quelli in dotazione alla Procura della Repubblica la motivazione del decreto del Pm, sulla inidoneità o insufficienza degli apparati in uso, deve esistere prima dell’inizio delle operazioni d’intercettazione. Nell’ipotesi in cui la motivazione su tale aspetto, originariamente inesistente, sia, però, posteriormente adottata secondo i parametri normativi, le intercettazioni divengono legali dal momento dell’integrazione e sono, quindi, utilizzabili le registrazioni eseguite successivamente all’emissione di quest’ultimo provvedimento” (Cass. pen. Sez. II, 15-02-2006, n. 7788 ; A. N. ; FONTI Massima redazionale, 2006). Il messaggio è chiarissimo. Le intercettazioni sono utilizzabili soltanto se il decreto del Pm è stato firmato dell’inizio delle operazioni.
L’inutilizzabilità delle intercettazioni eseguite fuori dai casi consentiti o nell’inosservanza delle disposizioni stabilite dagli articoli 267 e 268 (commi primo e terzo) del Cpp “attiene non soltanto al contenuto delle conversazioni ma anche ad ogni altro dato da esse desumibile, come le generalità dei soggetti coinvolti nella captazione, dal momento che si tratta di dato informativo non desunto da altri accertamenti ma proprio e soltanto dai risultati delle intercettazioni “ (Cass. pen. Sez. II, 12-01-2006, n. 2817; FONTI CED Cassazione, 2006).
I gravi “indizi di reato” (e non di reità) che, ai sensi dell’articolo 267 del Cpp, “costituiscono presupposto per il ricorso alle intercettazioni di conversazioni o di comunicazioni, attengono all’esistenza dell’illecito penale e non alla colpevolezza di un determinato soggetto, sicché per procedere legittimamente ad intercettazione non è necessario che tali indizi siano a carico di persona individuata o del soggetto le cui comunicazioni debbano essere captate a fine di indagine. (Cass. pen. Sez. IV, 16-11-2005, n. 1848; FONTI CED Cassazione, 2006).
La posizione del Garante della privacy. Il decreto legge è stato preceduto da un appello lanciato il 21 settembre dall’Ufficio del Garante della privacy “a non pubblicare i dossier illeciti”, quando era ormai emerso dall’inchiesta della magistratura milanese che migliaia e migliaia di cittadini sono stati controllati e spiati illegalmente. Si legge nella nota: “Il Garante sente il dovere di richiamare subito e con forza tutti coloro che possono venire a conoscenza di queste informazioni personali al rigoroso rispetto dei diritti e delle libertà di cittadini che in questa vicenda sono innanzitutto vittime di reati gravissimi. Chiediamo in particolare ai mezzi di informazione, cui spetta il diritto-dovere di informare l’opinione pubblica di tener nel dovuto conto che ci si trova di fronte a episodi che, oltre ad avere ricadute sulla vita del Paese, coinvolgono i cittadini che devono essere protetti da ogni esposizione mediatica della loro sfera privata”.
Il Garante sottolinea che “ha più volte indicato, da ultimo lo scorso 21 giugno, le prescrizioni vincolanti per tutti i mezzi di informazione nei casi in cui notizie e documenti possono, secondo la legislazione vigente, essere legalmente conosciuti anche da soggetti estranei al processo. In quell’occasione il Garante ha ribadito i principi dell’essenzialità dell’informazione, dell’interesse pubblico di conoscere i fatti, il dovere di rispettare sempre la dignità e la sfera sessuale delle persone, l’obbligo di prestare la dovuta attenzione ai minori e alle famiglie incolpevolmente coinvolte. Nel ricordare che la violazione di questi principi è illecita, il Garante sottolinea il fatto che nelle indagini penali in corso possono essere presenti anche delicati atti, documenti ed informazioni acquisiti ai danni di numerose persone che hanno subito una gravissima violazione del loro diritto alla riservatezza. Il contenuto di questi atti e documenti, coperto dal segreto istruttorio, non può in alcun modo essere diffuso dai mezzi di informazione”.
Il Garante conclude affermando che “non mancherà di vigilare attentamente sul rispetto di questi principi e di queste regole, e di continuare nell’azione già intrapresa da mesi per mettere in sicurezza le reti di telecomunicazione. In questa attività ci muove la convinzione non solo di compiere il nostro dovere ma anche di dare un contributo fondamentale alla difesa della libertà di stampa e della stessa civiltà democratica nel nostro Paese”.
Le polemiche. Il decreto legge sulle intercettazioni non piace a diversi giudici, almeno in base alle opinioni raccolte dall’Ansa il 23 settembre a margine del ‘parlamentino’ dell’Associazione nazionale magistrati svoltosi in Cassazione. Al centro delle critiche la disposizione che ordina ai Pm di distruggere le intercettazioni illegali dopo aver redatto un verbale sul contenuto.
“Ho una riserva sulla distruzione immediata – dice il Pm milanese ‘antiterrorismo’ Armando Spataro – sarebbe meglio che le intercettazioni illegali fossero conservate in un archivio privato perché se, ad esempio, dopo un po’ di tempo spunta fuori un ‘pentito’ che fornisce ulteriori informazioni sull’organizzazione che operava gli ascolti o su reati dei quali si parlava nelle registrazioni, i giudici non hanno elementi per riscontrare le sue affermazioni. E credo che solo quanto riportato nel succinto verbale previsto dal decreto – conclude – possa non essere sufficiente”. Anche l’ex segretario dell’Anm, Carlo Fucci – Pm a Santa Maria Capua Vetere impegnato nella lotta alla criminalità organizzata – non risparmia ‘bacchettate’ al decreto. “E’ sbagliato – afferma – lasciare al solo pm il potere di disporre la distruzione delle intercettazioni: il nostro sistema è costruito attorno alla garanzia del contraddittorio e del confronto e sarebbe opportuno che anche in questa decisione ci sia una dialettica pm-giudice”. Fucci, inoltre, ritiene che le intercettazioni abusive possano, comunque, fornire uno “spunto di indagine, specie per i reati gravi per i quali si procede d’ufficio: come le denunce anonime, non sono notizia di reato ma non per questo non facciamo accertamenti se ci dicono che una gara d’appalto è stata truccata”.
Un’altra voce critica è quella del Pm torinese Maurizio Laudi. “Mai le intercettazioni abusive possono essere usate come spunto di indagine e dunque condivido la norma sulla loro inutilizzabilità ma – sottolinea – penso che distruggendole si perde il corpo del reato”. Per Laudi, poi, “é una competenza anomala l’attribuzione al pm del potere di distruzione: serve un sistema più garantisca che lasci a un giudice il compito di decidere su richiesta del pubblico ministero”.
L’unico a condividere il decreto sembra essere il segretario dell’Anm Nello Rossi, giudice in Cassazione, che non vuole assolutamente sentir parlare di utilizzabilità delle intercettazioni abusive. “Abbiamo un sistema processuale che cestina intercettazioni disposte dai giudici solo perché c’é un vizio di forma – dice, con veemenza – e mi stupisce sentire che ci sono giudici che vogliono fare un qualche uso di materiale totalmente criminale”. Nello Rossi è in linea con le sentenze della Corte suprema.
Il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha raccolto le critiche dei magistrati e ha affermato che il decreto legge “dovrebbe essere modificato quando sarà discusso in Parlamento”, ma il premier Romano Prodi ha escluso questa ipotesi.
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Riforma in cantiere/ Il dl 259/2006 appare in contrasto con il disegno di legge del Governo
Le due versioni sulla sorte delle registrazioni

Il Governo ha presentato il 19 settembre alla Camera dei deputati il disegno di legge recante “Disposizioni in materia di intercettazioni telefoniche ed ambientali e di pubblicità degli atti di indagine” approvato in Consiglio dei Ministri il 4 agosto. Questo ddl non c’entra nulla con il decreto legge emanato il 22 settembre, ma stabilisce anche una regola in radicale contrasto con il decreto legge. Il ddl afferma che “tutte le intercettazioni telefoniche non acquisite dal giudice restano coperte dal segreto e vengono custodite in un archivio riservato posto sotto la responsabilità del Procuratore della Repubblica”. Il decreto legge, invece, parla di distruzione delle intercettazioni acquisite illegalmente.
Sotto il profilo dei bisogni investigativi, la risorsa della captazione di conversazioni e comunicazioni, anche telematiche, costituisce un punto importante. La maggior parte delle intercettazioni (telefoniche e ambientali) viene disposta nell’ambito di indagini di competenza delle Direzioni distrettuali antimafia; tale strumento è indispensabile ai fini di accertare e reprimere i reati di maggior gravità, quali quelli concernenti le organizzazioni mafiose o il terrorismo. Il ricorso a tale mezzo di ricerca della prova risulta più limitato negli altri Paesi a democrazia evoluta, ma questi non conoscono i fenomeni di gravissima pericolosità delle organizzazioni di stampo mafioso che affliggono, invece, intere regioni dell’Italia meridionale. Il Governo ha ritenuto opportuno, sotto questo versante, limitare l’intervento normativo ad alcune modifiche volte a rendere più cogente l’obbligo di motivazione del decreto di autorizzazione e di proroga delle intercettazioni e, in secondo luogo, disciplinare più dettagliatamente la loro durata e le modalità di esecuzione. Particolare rilevanza ha sotto tale aspetto la tendenziale limitazione a tre mesi delle proroghe delle intercettazioni, superabili soltanto in presenza di precisi requisiti. Connessa a tale modifica è l’istituzione del funzionario responsabile delle intercettazioni, nominato dal Procuratore della Repubblica; tale funzionario deve periodicamente comunicare al capo dell’ufficio l’elenco delle intercettazioni che superano la durata di tre mesi, così da consentire allo stesso di essere costantemente al corrente della mole di intercettazioni in corso presso la struttura da lui diretta e di esercitare i compiti di vigilanza connessi alla sua funzione.
Le altre regole fissate nel ddl prevedono che in caso di archiviazione delle indagini il divieto di pubblicazione è previsto sempre. Al fascicolo del procedimento possono essere acquisite soltanto le conversazioni che il giudice ritiene attinenti ai fatti, cioè rilevanti ai fini di prova. Il ddl provvede a disciplinare anche la trascrizione delle conversazioni al fine di tutelare il più possibile sia gli indagati che i terzi estranei. In questa ottica sarà vietato trascrivere le parti di conversazioni non utili a fini di prova e viene imposta l’eliminazione di nomi o riferimenti identificativi a terzi estranei. Inoltre viene esteso il divieto di pubblicazione che, tra l’altro, non potrà mai riguardare conversazioni non acquisite agli atti che rimarranno, fino al momento della loro distruzione, coperte da segreto. Prevista, infine, la distruzione delle registrazioni e dei verbali qualora la sentenza passi in giudicato e, comunque la distruzione è prevista dopo cinque anni dall’archiviazione. Ora, invece, è previsto solo che le registrazioni devono essere conservate fino alla sentenza passata in giudicato e non vi è alcuna previsione per i procedimenti che si concludono con l’archiviazione.
La riforma prevede la riduzione da 166 (il numero di uffici di Procura circondariale) a 26 (i distretti della Corte di appello) del numero di centri di intercettazione telefonica con conseguente maggior tasso di sicurezza per sorveglianza e inviolabilità. Saranno predisposte misure idonee a garantire la sicurezza nel trattamento dei dati contenuti nelle intercettazioni. Queste misure consentiranno di predisporre procedure di sicurezza sin dall’inizio delle operazioni. Il segreto sarà garantito dalla possibilità di identificare in ogni momento il tipo di operazione compiuta e il soggetto che l’ha effettuata. Il ddl regolamenta in maniera diversa il regime dell’acquisizione al procedimento delle conversazioni intercettate, in modo tale che quelle non utili alle indagini rimangano coperte da segreto e non abbiano mai ingresso fra gli atti conoscibili. Questa tutela viene in particolare assicurata attraverso la progressiva “scrematura” (ad opera prima del Pm e poi del Gip) delle conversazioni ritenute irrilevanti, che sono custodite in apposito registro riservato e secretate.
Chi rivela notizie del procedimento penale coperte da segreto è punibile con la reclusione da sei mesi a 3 anni. Prevista un’ipotesi aggravante nel caso di qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio (da uno a cinque anni). E’ prevista anche un’ipotesi colposa che prevede la reclusione fino a un anno, da sei mesi a due anni nell’ipotesi aggravata.
Chiunque, illecitamente, prende diretta cognizione di atti delle indagini preliminari coperti da segreto, è punibile con la reclusione da uno a tre anni. In questa ipotesi di riforma dell’articolo 617 del codice penale sarebbero inclusi, dunque, anche i giornalisti a cui è, comunque, dedicata la riforma di una parte del Codice della privacy (dlgs 196/2003) nella parte relativa alla diffusione o comunicazione di dati in violazione del Codice della privacy o del codice deontologico dei giornalisti (del 3 agosto 1998), che prima era sanzionata solo disciplinarmente e che ora può essere punita in sede amministrativa con una sanzione da 3.000 a 18.000 euro (nei casi più gravi fino a 60.000 euro). L’applicazione di queste sanzioni è rimessa al Garante per la protezione dei dati personali.
Franco Abruzzo

COME SI ASCOLTA
Le utenze fisse (tutte), i telefoni cellulari Etax, Gsm, o Umts. Molto difficile (quasi impossibile) intercettare i satellitari. Un cellulare, tramite l’IMAI (International Mobile Equipement Identity) può essere intercettato a prescindere dalla carta telefonica utilizzata. In teoria lo stesso telefono può essere messo sotto controllo da diverse autorità giudiziarie e l’attività di intercettazione può essere svolta da diversi organi di polizia giudiziaria. Sono intercettabili gli Sms. Gli Mms sono potenzialmente intercettabili con una specifica tecnologia che prevede una procedura particolare da attivare presso il gestore. Sono intercettabili gli Umts, i telefonini di terza generazione. Non intercettabili sono le telefonate che avvengono via internet tramite computer con i software tipo Skipe. Sono tecnologie definite voice over IP.
Intercettabili sono gli internet provider e chi li usa anche se vengono utilizzate computer di accesso diversi alla rete. Pansa sostiene che i telefonini sono localizzabili con approssimazione diversa da gestore a gestore. Tim attualmente è in grado di attuare la geo-referenziazione, cioé si può indicare il punto preciso della cartina geografica dove si trova il telefono in un determinato momento, sempre se acceso. Altre tipologie di intercettazione sono quelle ambientali, in cui un microfono o una telecamera vengono accoppiati a un telefonino Gsm o a una linea telefonica fissa. (ANSA)

COME SI EFFETTUANO LE INTERCETTAZIONI
Le intercettazioni si realizzano principalmente attraverso una linea definita Res, che può essere presa a noleggio dalla Procura presso il gestore telefonico, oppure presso società private o consorzi che dispongono di un certo numero di queste linee. La linea telefonica Res collega la rete telefonica cui fa capo l’utenza (rete mobile Tim, oppure rete di telefonia fissa Telecom) alla sala intercettazioni della Procura, dove è un server presso il quale viene convogliato tutto il traffico telefonico di quella utenza o delle utenze di cui l’autorità giudiziaria ha disposto le intercettazioni. Si utilizzano veri e propri computer che hanno la capacità di memorizzare non solo la parte fonica, ma anche tutta la trasmissione dati, e di gestire agevolmente l’attività di intercettazione.
Queste apparecchiature possono trovarsi presso la Procura, ma spesso vengono ‘remotizzate’, cioé l’intercettazione arriva in Procura ma il segnale viene fatto rimbalzare presso gli uffici della polizia giudiziaria. Al termine del periodo autorizzato dalla magistratura, il gestore della linea Res, del server e di questa macchina, che è sempre un privato, effettua uno scarico dei dati contenuti nella macchina e li copia su un supporto magnetico, che normalmente è un cd o un dvd.
A quel punto il cd può essere ascoltato dal magistrato e può essere trascritto da un perito o consulente. Quando una traccia è stata memorizzata su un cd o dvd non è modificabile, può essere solo riletta. Alcune volte possono essere fatte più copie del dvd. (ANSA)

QUALI SONO I RISCHI
I rischi derivano dal proliferare delle sale d’ascolto autonome e dal rischio di falle nel sistema di trasmissione dei dati a fibre ottiche, tra sala e sala, oltre che dal sistema che presenta numerosi varchi e falle. E’ possibile effettuare duplicazioni delle intercettazioni dei dati. Vi è la sensazione che, attraverso i sistemi di duplicazione dei cd, sia relativamente possibile un’attività di diffusione dei dati. (ANSA)
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I documenti dovranno essere immediatamente distrutti
Intercettazioni illegali, il decreto definitivo (Dl 259/2006)

Roma, 25 settembre 2006. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 settembre 2006, n. 221 (serie generale) il decreto legge 259 sulle intercettazioni approvato dal Consiglio dei Ministri nel pomeriggio di venerdì scorso. Il testo andato in Gazzetta Ufficiale si compone di 5 articoli, con i quali si tenta di bloccare le intercettazioni illegali e il loro uso improprio.
In particolare con l’articolo 1 si riscrive l’articolo 240 del codice di procedura penale, assimilando al trattamento già previsto per i documenti anonimi gli esiti delle intercettazioni effettuate illegalmente nonché i tabulati telefonici sempre illegalmente ottenuti, cioè senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Sarà il giudice che disporrà l’immediata distruzione di tutti gli atti e i dati acquisti e anche solo illecitamente detenuti, in modo tale da evitare qualsiasi diffusione a scapito della privacy personale. E’ prevista anche la redazione di un verbale di tutte le operazioni di distruzione, con la sola menzione dell’avvenuta intercettazione, delle sue modalità e dei soggetti interessati.
L’articolo 2 nel modificare l’articolo 512 del c.p.p, stabilisce che è sempre consentita nel dibattimento la lettura dei verbali relativi alle operazioni di distruzione degli atti relativi alle intercettazioni.
Una nuova fattispecie di reato è invece è introdotta con l’articolo 3, in relazione all’illecita detenzione degli atti, prevedendo la pena della reclusione da 6 mesi a 6 anni. Viene applicata, invece, la pena della reclusine da 1 a 7 anni se il fatto viene commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio.
La pubblicazione delle intercettazioni è affrontata dall’articolo 4 che pone a carico degli autori della divulgazione degli atti o dei documenti una sanzione riparatoria a favore dei soggetti interessati nella misura di cinquanta centesimi per ogni copia stampata o da cinquantamila ad un milione di euro se la diffusione è avvenuta con mezzo radiofonico, televisivo o telematico. Sono solidalmente responsabili con l’autore dell’illecita divulgazione anche il direttore e il vice-direttore responsabile e l’editore. Viene anche previsto un termine di prescrizione dell’azione dalla data di divulgazione, salva la possibilità per l’interessato di dimostrare di averne avuto conoscenza in un momento successivo. Inoltre l’esercizio dell’azione riparatoria non preclude l’iniziativa del Garante per la protezione dei dati personali o dell’autorità giudiziaria.
Il decreto-legge è in vigore (art. 5) da sabato 23 settembre. Il provvedimento, inviato al Senato per la prima lettura, deve ora essere convertito in legge. (da www.cittadinolex.it)

DECRETO-LEGGE 22 settembre 2006, n. 259 Disposizioni urgenti per il riordino della normativa in tema di intercettazioni telefoniche. (GU n. 221 del 22-9-2006)

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione; Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare misure volte a rafforzare le misure di contrasto alla detenzione illegale di contenuti e dati relativi ad intercettazioni effettuate illecitamente, nonché ad informazioni illegalmente raccolte;
Ritenuta altresì la straordinaria necessità ed urgenza di apprestare più incisive misure atte ad evitare l’indebita diffusione e comunicazione di dati od elementi concernenti conversazioni telefoniche o telematiche illecitamente intercettate o acquisite, nonché di informazioni illegalmente raccolte e, nel contempo, di garantire adeguate forme di indennizzo alle vittime di fatti illeciti in materia;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 settembre 2006;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell’interno e del Ministro della giustizia;

E m a n a il seguente decreto-legge:

Art. 1.
1. L’articolo 240 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
“Art. 240. (Documenti anonimi ed atti relativi ad intercettazioni illegali). –
1. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall’imputato.
2. L’autorità giudiziaria dispone l’immediata distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni e comunicazioni, relativi al traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo si provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato eseguire copia in qualunque forma. Il loro contenuto non costituisce in alcun modo notizia di reato, né può essere utilizzato a fini processuali o investigativi.

3. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell’avvenuta intercettazione o detenzione e dell’acquisizione, delle sue modalità e dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto delle stesse.”.

Art. 2.
1. All’articolo 512 del codice di procedura penale, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:
“1-bis. È sempre consentita la lettura dei verbali relativi all’acquisizione ed alle operazioni di distruzione degli atti di cui all’articolo 240, comma 2.”.

Art. 3.
1. Chiunque illecitamente detiene gli atti o i documenti di cui all’articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale, è punito con la pena della reclusione da sei mesi a sei anni.
2. Si applica la pena della reclusione da uno a sette anni se il fatto di cui al comma 1 è commesso da un pubblico ufficiale o da incaricato di pubblico servizio.

Art. 4.
1. A titolo di riparazione, ciascun interessato può chiedere all’autore della divulgazione degli atti o dei documenti di cui all’articolo 240, comma 2, del codice di procedura penale, così come modificato dall’articolo 1 del presente decreto, al direttore o vice-direttore responsabile e all’editore, in solido fra loro, una somma di denaro determinata in ragione di cinquanta centesimi per ogni copia stampata, ovvero da cinquantamila a un milione di euro secondo l’entità del bacino di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico, televisivo o telematico. In ogni caso, l’entità della riparazione non può essere inferiore a ventimila euro.
2. L’azione va proposta nel termine di un anno dalla data della divulgazione, salvo che il soggetto interessato non dimostri di averne avuto conoscenza successivamente. La causa è decisa nelle forme di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. In caso di giudizio ordinario, ai fini della liquidazione del danno risarcibile si tiene conto della somma corrisposta ai sensi del presente articolo.
3. L’azione è esercitata senza pregiudizio di quanto il Garante per la protezione dei dati personali o l’autorità giudiziaria possano disporre ove accertino o inibiscano l’illecita diffusione di dati o di documenti, anche a seguito dell’esercizio di diritti da parte dell’interessato.

Art. 5.
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale dagli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 22 settembre 2006
NAPOLITANO
Prodi, Presidente del Consiglio dei
Ministri
Amato, Ministro dell’interno
Mastella, Ministro della giustizia
Visto, il Guardasigilli: Mastella

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