Licenziata giornalista del Messaggero dopo sentenza della Cassazione: “Nelle redazioni soltanto giornalisti professionisti”

Licenziata giornalista del Messaggero dopo sentenza della Cassazione: “La qualifica di redattore ordinario può essere riconosciuta esclusivamente ai giornalisti iscritti nell’elenco dei professionisti”.


“Una giornalista del Messaggero, il terzo collega del quotidiano romano in pochi mesi, è stata licenziata in seguito ad una sentenza della Corte di Cassazione che nega valore alle decisioni del giudice del lavoro che le aveva riconosciuto un rapporto di dipendenza di natura giornalistica ai sensi del contratto collettivo. La Corte di Cassazione ha motivato la sentenza sostenendo che il lavoro giornalistico con la qualifica di redattore ordinario può essere riconosciuto esclusivamente ai giornalisti iscritti nell’elenco dei professionisti. Questa interpretazione, oltre a negare valore al contratto che prevede la possibilità di assumere dipendenti pubblicisti, non tiene conto della realtà, ormai largamente diffusa, di giornalisti a tempo pieno, inseriti negli organici redazionali, ma senza tutele contrattuali e riconoscimento professionale. L’attività degli ordini regionali che iscrivono d’ufficio nel registro dei praticanti i colleghi pubblicisti e non, utilizzati in un regime di lavoro precario, viene cosi vanificato da un punto di vista professionale, contrattuale e legale. Il sindacato dei giornalisti ritiene grave una errata interpretazione della legge che si va diffondendo in diverse regioni italiane che legittima licenziamenti di giornalisti che da anni svolgono la professione. La Fnsi, le associazioni di stampa competenti, insieme ai comitati di redazione, hanno deciso di promuovere una immediata riunione degli uffici legali del sindacato, della segreteria della Fnsi, dei responsabili delle associazioni per valutare la situazione ed assumere le iniziative adeguate a contrastare decisioni che negano il diritto al lavoro a migliaia di giornalisti. La Fnsi e le associazioni regionali di stampa, con il Cdr del Messagg ero, chiedono intanto al gruppo Caltagirone di sospendere il preannunciato licenziamento”. Fin qui il comunicato diffuso da Pierluigi Franz.

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NOTA DI FRANCO ABRUZZO

Bisogna leggere attentamente la sentenza. L’articolo 5 del Cnlg prevede in effetti soltanto la presenza di giornalisti professionisti nelle redazioni, mentre l’articolo 35 prevede la presenza anche dei praticanti. Le regole-cardine sono queste. L’articolo 36 , che prevede i pubblicisti in redazione, parifica in sostanza il lavoro del redattore pubblicista a quello del praticante e apre al pubblicista la via dell’esame di Stato. Questo articolo ha reso possibile la sanatoria realizzata in Lombardia dall’Ordine. L’articolo 36 così ampio è stato voluto nel contratto 2001/2005 dagli editori al fine di indebolire l’Ordine e l’esame di Stato, mentre nella piattaforma della Fnsi se ne prevedeva addirittura l’abolizione. Questo articolo 36 è un brutto colpo contro la figura del giornalista professionista, che è tale per aver superato un esame di stato come tutti gli altri professionisti italiani. La decisione del Messaggero è illegittima e illecita, perché in contrasto con lo stesso articolo 36, che è ancora in vigore. La Fnsi non può piangere avendo inflitto alla legge dell’Ordine un altro brutto colpo, quando ha creato nel suo Statuto le figure del “giornalista professionale” e del “giornalista collaboratore” contrapponendoli alle figure legali del giornalista professionista e del pubblicista. La Fnsi farebbe bene, se intende rafforzare la professione, tornare all’antico, cioè ai professionisti e ai pubblicisti. Ha concesso, con la scellerata decisione dei professionali e dei collaboratori, un vantaggio agli editori, che puntano a distruggere l’Ordine e la professione articolata s u figure consolidate e giuridicamente inattaccabili. Serventi mediti sui suoi errori e inverta la marcia. Ne ha la capacità e il coraggio. E’ diabolico continuare a sbagliare. Il sindacato ricordi che il nostro contratto ancora regge perché, unico in Italia, ha una legge alle spalle. La legge è quella sulla professione di giornalista (n. 69/1963). La nostra autonomia tanto sbandierata poggia (vedi l’articolo 1 del cnlg) poggia sulle regole deontologiche fissate nell’articolo 2 della legge professionale. Se cade quella vecchia legge, diventeremo tutti impiegati di redazione proni agli .ordini degli editori. Soltanto la deontologia fissata nella legge ci rende liberi e capaci di dire molti “no” senza subi re attentati alla nostra dignità.

Art. 36 del Cnlg

Ai pubblicisti che esercitano attività giornalistica in via esclusiva e prestano opera quotidiana con orario di massima di 36 ore settimanali si applica il trattamento economico e normativo previsto per i giornalisti professionisti di cui al primo comma dell’art. 1 del presente contratto con esclusione degli aspetti infortunistici gestiti dall’INPGI e del trattamento previdenziale integrativo di cui all’allegato G salvo quanto previsto dall’art. 11 dello stesso allegato.

L’editore è tenuto a notificare alla Commissione paritetica nazionale di cui all’art. 4 i nominativi dei pubblicisti dipendenti che prestano attività giornalistica secondo quanto previsto dal comma precedente e a rilasciare agli interessati l’attestazione – necessaria ai fini professionali – che gli stessi svolgono attività giornalistica quotidiana alle sue dipendenze, con orario pieno e con il trattamento contrattuale stabilito per i giornalisti professionisti di cui al primo comma dell’art. 1 del presente contratto. Il giornalista pubblicista, superato l’esame professionale, mantiene la qualifica e le mansioni già precedentemente riconosciutegli.

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Inpgi2: norma iniqua per l’Assostampa Sicilia

La Giunta dell’Associazione Siciliana della Stampa, riunita a Palermo con i segretari provinciali ha espresso forti preoccupazioni per gli effetti devastanti che l’ultima delibera della gestione separata dell’Inpgi avrà sulle frange più deboli e meno tutelate della professione.

Palermo, 4 ottobre 2006. La delibera infatti, che prevede per tutti i giornalisti che hanno più di cinque anni di iscrizione all’albo, il pagamento di un contributo unico minimo di 270,11 Euro da versare entro il 30 settembre, senza tener conto dell’effettivo reddito maturato nel corso dell’anno, appare ingiusta ed iniqua. Il decreto 103 del 1996 aveva ed ha lo scopo di creare finalmente una forma di pensione anche per tutte quelle migliaia di giornalisti, free lance e lavoratori autonomi, che non hanno la fortuna di avere un rapporto di lavoro dipendente.

Il sindacato siciliano, facendosi portavoce delle istanze e delle proteste dei numerosissimi colleghi che ad esso si sono rivolti, chiede al Comitato Amministratore della gestione separata dell’Inpgi:

– di rivedere la delibera adottata nel maggio scorso, che penalizza oltremisura tutti quei colleghi che percepiscono pochi Euro a pezzo;

– di ritornare alla vecchia previsione del tetto dei 1.500 Euro che rispondeva realmente ad un criterio di equità;

– di prorogare comunque la scadenza del 30 settembre senza oneri a carico dei colleghi

La soluzione che può normare in maniera definitiva la materia e che evita confusioni e iniquità, può passare solo attraverso la richiesta al Parlamento di una riforma del decreto 103/96 che preveda l’obbligo per le aziende editoriali della titolarità del rapporto con l’Inpgi e la conseguente effettuazione dei versamenti sia della propria aliquota sia di quella del lavoratore. (www.fnsi.it).

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