“La vita va difesa in ogni suo momento. Sulla vita stessa e sulla sua interruzione nessun uomo ha alcuna signoria. Nel caso specifico della sentenza della Cassazione è inaccettabile il relativismo dei valori, soprattutto se questi riguardano la conservazione o meno della vita. Accettare, pure nel vuoto legislativo, una tale posizione, significa orientare fatalmente il legislatore verso l’eutanasia. Introdurre il concetto di pluralismo dei valori significa aprire una zona vuota dai confini non più tracciabili”. E, ancora: “Nessun esperto potrebbe, allo stato attuale, dichiarare l’irreversibilità della condizione di stato vegetativo, se non in base ad una scelta puramente soggettiva”.
Proseguono, con il solito stile apocalittico, le ingerenze de “L’Osservatore romano” nelle questioni legali inerenti lo stato vegetativo e la possibilità o meno di staccare la spina ad un malato irreversibile. Ieri la Cassazione ha sentenziato che il giudice “può, su istanza del tutore, autorizzare l’interruzione dell’accanimento terapeutico soltanto in presenza di due circostanze concorrenti: a) la condizione di stato vegetativo del paziente sia apprezzata clinicamente come irreversibile, senza alcuna sia pur minima possibilità, secondo standard scientifici internazionalmente riconosciuti, di recupero della coscienza e delle capacità di percezione; b) sia univocamente accertato, sulla base di elementi tratti dal vissuto del paziente, dalla sua personalità e dai convincimenti etici, religiosi, culturali e filosofici che ne orientavano i comportamenti e le decisioni, che questi, se cosciente, non avrebbe prestato il suo consenso alla continuazione del trattamento”. Il caso in questione è quello di Eluana Englaro (foto), in coma da quindici anni, il cui padre ha intrapreso da anni una battaglia legale per staccarle la spina, evitando il prolungamento degli accanimenti terapeutici, così da dare la giusta dignità che merita alla figlia, senza tenerla inutilmente in vita per mezzo delle macchine.
No, la Chiesa si oppone, per bocca del suo organo “territoriale”. La Curia reagisce con forza a queste manifestazioni di “relativismo dei valori”, come se un padre con una figlia in coma irreversibile da quindici anni non fosse di per sé abbastanza consapevole delle azioni che compie. Tantomeno come se non lo fosse la Cassazione rispetto alle decisioni che prende. Oltretutto, sempre per mezzo de “L’Osservatore romano”, il Vaticano continua ad esprimere giudizi vincolanti, e molto condizionanti nei confronti dell’opinione pubblica, su questioni inerenti lo Stato italiano, come se la nostra legislazione fosse per loro più importante di quelle degli altri paesi cattolici del globo. Come se le questioni italiane fossero, in qualche modo, interconnesse con quelle del Vaticano, in un pericoloso circolo virtuoso. (Giuseppe Colucci per NL)