L’Unità: addio Concita. Ha resistito sul mercato ma non ha portato il cambiamento di cui il giornale aveva bisogno

Probabilmente no. I giornali di partito non hanno mai funzionato; quelli che esistono tuttora e che sono sopravvissuti all’abolizione delle provvidenze sull’editoria, sono spesso giornalucoli da poche migliaia di copie, fogli senza grande carattere, distribuiti gratuitamente nelle sedi dei partiti, acquistati dai funzionari, dai parenti di chi vi scrive e da pochi altri. L’unico giornale di partito che ha fatto la storia del nostro giornalismo è stato L’Unità di Gramsci: forte, autorevole, radicato tra la classe operaia che grazie a questo, spesso e volentieri, si scolarizzava, imparava a leggere e a ragionare in un contesto politico e sociale. E non è vero, come scrive Piero Sansonetti, ex direttore di Liberazione, in un editoriale sul numero di sabato scorso di ItaliaOggi, che negli anni Ottanta L’Unità ha contribuito al “grande cambiamento del giornalismo politico italiano”. Già negli anni Ottanta il quotidiano aveva perso il suo smalto, il suo radicamento tra gli operai e i comunisti militanti, scalzato da altri fogli più innovativi e rivoluzionari da una parte (Il Manifesto) e da giornali di sinistra, di qualità, con grandi firme e più progressisti dall’altra (la Repubblica di Scalfari). Su ItaliaOggi Sansonetti, ospite preferito del salotto di Bruno Vespa, esemplare unico tra la gente che si dichiara di sinistra ad essere soft con Berlusconi e il berlusconismo, critico coi suoi (e questo è un punto a suo favore) ma troppo spesso accomodante con gli avversari, traccia un quadro del declino del giornale storico del Pci, colpito pochi giorni fa dall’ennesimo addio tra i veleni, quello dell’ormai ex direttore Concita De Gregorio, che torna alla base, alla Repubblica di Mauro. La De Gregorio, nominata dall’allora Pd di Veltroni alla direzione del giornale di partito, senza nessuna esperienza pregressa in quel ruolo (buona intuizione e prova di coraggio), non è riuscita a portare i cambiamenti desiderati. Ci si aspettava un incremento di copie vendute; ma in pochi ce l’avrebbero fatta, vista la crisi che ha attraversato il partito (e che ancora attraversa) e l’impossibilità di allontanarsi dal ruolo di voce, seppur a volte in contraddizione (come abbiamo visto negli ultimi mesi, specie con D’Alema, padrino del segretario Bersani), del partito stesso. Cosa, questa, che ha impedito a Concita – nonostante le sue soventi ospitate da Santoro – di intercettare quella fetta d’elettorato dedito all’antipolitica o semplicemente stanco delle logiche della politica, dei partiti, dell’alternanza senza cambiamenti profondi. A contribuire a questo insuccesso, occorre dirlo, e lo ha sottolineato pure Sansonetti, nel settembre 2009 è arrivato sul mercato, come una mina vagante, Il Fatto di Padellaro e Travaglio, Peter Gomez e Luca Telese, che con il suo giornalismo libero da compromessi e da ingerenze di partiti, d’assalto, populista e popolare, ha conquistato il pubblico ottenendo un successo altissimo, al di sopra delle aspettative. Successo di cui hanno risentito specialmente i giornali come L’Unità. Anche perché l’ascesa del Fatto è stata accompagnata da una nuova stagione della Repubblica che, anch’essa con una buona dose di populismo, si è spostata un po’ più a sinistra negli ultimi anni, trasformandosi da giornale autorevole con tendenza a sinistra a vero e proprio strumento dell’antiberlusconismo puro, arrivando – in occasione della rielezione del Cavaliere nel 2008 e con il Pd ancora intontito dalla caduta di Prodi – a fare campagna elettorale da sola. Sansonetti, improvvisatosi editorialista d’eccezione per ItaliaOggi, dopo una vita da comunista, fa comunque i complimenti a Concita De Gregorio per il lavoro fatto, con una formula tipica del comunismo vecchio stampo: brava lo stesso, non potevi fare di più, qualcun altro te lo avrebbe impedito. Che la povera direttrice potesse fare poco di più per risollevare un giornale strutturalmente debolissimo e con un pessimo posizionamento sul mercato è fuori di dubbio. Certo, però, che Sansonetti parla di “scelta innovativa” riferendosi a quella operata da Veltroni e Franceschini quando nel 2008 scelsero di portare Concita alla direzione, “perché era la prima volta che una donna veniva chiamata a dirigere il giornale di Gramsci”. Le scelte innovative si basano sui contenuti e non sulla forma delle cose. Seppur con tutte le attenuanti generiche riferite ai difetti congeniti de L’Unità, difficilmente abbiamo sentito la sua ormai ex direttrice discostarsi dagli antichi canoni del comunismo italiano pronto a criticare tutto e tutti per poi scoprirsi vuoto e senza una reale controproposta. L’abbiamo sentita spesso, purtroppo, durante le sue ospitate da Santoro, non riuscire a controbattere se non attaccando – in uno stile alla Belpietro –, o aggrappandosi a temi quali il femminismo, per difendere le sue tesi. Un comunismo un po’ alla Serena Dandini, con tutto il rispetto per la grande professionista dell’intrattenimento che è la Dandini. Insomma, in fine dei conti, non è colpa della De Gregorio, e a poco servono i ricordi commossi della grande Unità che fu da parte di Sansonetti. Il problema è che i giornali di partito non funzionano e sono destinati a morire. L’Unità sopravvive ancora per quell’aura di autorevolezza che continua a donargli il fatto d’essere stata fondata da Gramsci e perché il Pd non ha ancora compreso fino in fondo che non è certo quel giornale a portar voti in cascina. I fogli che si posizionano sul mercato e intercettano fette di lettorato (ed elettorato) consistenti lo fanno perchè interpretano il sentimento popolare (vedi Il Fatto) e sono quelli destinati ad andare, seppure nella più generale crisi della carta stampata. Quelli che interpretano i voleri dei quadri di partito – anche se ultimamente bisogna dare atto che a L’Unità ci si sono discostati di frequente -, specie quando il partito non ha più grande appeal popolare, sono destinati a tirare a campare. O a chiudere. Detto questo, in bocca al lupo al successore e prossimo direttore del grande giornale di Gramsci. (G.M. per NL)

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