Preparazione, efficienza, diligenza, esperienza: le linee guida dell’organo di autogoverno della magistratura tributaria

Nei giorni scorsi, a proposito dei requisiti richiesti per essere ammessi a concorsi interni orizzontali e verticali dei giudici  tributari, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria ha reso noto la delibera n. 2252 del 19/10/2010 nella quale spiccano proprio quelli di esperienza, diligenza, laboriosità ed attitudine.

Tali elementi dovranno confluire nell’ambito di una vera e propria pagella che andrà a configurare il profilo di ogni singolo giudice sia delle Commissioni Tributarie Provinciali che di quelle Regionali e Centrale. Come da un po’di anni accade per i praticanti abilitati al patrocinio e per gli avvocati (per i quali vige il sistema dei crediti legati alle attività formative svolte), anche nell’ambito della magistratura tributaria saranno assegnati – con la supervisione del C.P.G.T. – punteggi da appostare nel curriculum lavorativo dei magistrati. Nello specifico della richiamata delibera, appare interessante dare conto di alcune novità che hanno corretto il tiro della vecchia disciplina. Iniziando dal poker dei requisiti sopra richiamati, c’e subito da dire che una parvenza di meritocrazia è stata introdotta al fine di valutare anche gli scatti di carriera di ogni singolo giudice che aspiri ad incarichi di rango superiore. Prendendo la mosse dall’unico canone per il quale viene mantenuto un maggiore livello di automaticità, l’esperienza rimane ancorata all’anzianità di servizio, ma con la precisazione che – in termini di punteggio aritmetico attribuibile – di maggior valore deve essere considerato il lavoro svolto dopo il 1996. Infatti, da tale anno in poi, si è consolidato un ruolo indubbiamente di maggiore rilievo per le Commissioni Tributarie che, a seguito della riforma attuata con l’adozione del D.Lgs 546/1992 e completata verso la metà degli anni ’90, sono divenute giudice esclusivo dei tributi con una accresciuta articolazione delle norme processuali applicabili e della competenza. Quanto alla diligenza, l’organo di autogoverno impone che debba essere desunta dal rispetto dei termini processuali per il deposito dei provvedimenti e per il compimento delle attività scadenzate, dall’assiduità e dalla puntualità alle udienze in calendario, unitamente alla presenza in ufficio (inteso come luogo di lavoro) ed alla gestione allargata dello stesso (intesa come capacità di coordinarne le attività) comprendendo altresì l’attitudine del giudice a partecipare alle sedute della Commissione per il supporto tecnico gratuito. Per la laboriosità, invece, il Consiglio di Presidenza radica la valutazione spostando l’attenzione sulla produttività intesa alla stregua di numero e qualità degli affari giudiziari trattati, numero dei provvedimenti depositati, ivi compresi quelli emessi nell’esercizio di una supplenza in altra Sezione; ovviamente, qui non si potrà prescindere da un’attenta ed opportuna rilevazione della qualità delle pronunce rese. Infine, criterio forse maggiormente delicato e più difficilmente stimabile, quello dell’attitudine. In merito, la delibera – testualmente – ne fornisce una definizione attagliata sulla «propensione riguardante l’attività svolta ed il ruolo occupato, nonché l’aggiornamento professionale». A ben vedere, la materia è oltremodo delicata in quanto, seppur non si pongano particolari problemi a rilevare la partecipazione del magistrato a sessioni formative (anche come docente), difficile appare applicare l’ulteriore sottoinsieme di criteri elaborato dal C.P.G.T. Qui vengono annoverati parametri quali – a titolo esemplificativo – la collaborazione alla soluzione di problematiche di tipo giuridico ed organizzativo, la preparazione e la capacità espresse nell’esercizio delle funzioni assegnate, l’attività di massimazione, l’equilibrio di valutazione, ecc., che, a ben vedere, risultano difficilmente stimabili e pertanto soggetti all’applicazione di un punteggio discrezionale. Particolarmente interessante, infine, uno dei sistemi introdotto per ponderare la preparazione del giudice e la bontà del lavoro svolto che dovrà basarsi sulla qualità delle statuizioni in termini di resistenza ai successivi gradi di giudizio. In questa particolare circostanza, dovrà essere oggetto di rilevazione il merito della controversia risolta e non un eventuale mutamento d’indirizzo giurisprudenziale atto a sovvertire la regola di diritto utilizzata dal giudice a quo. Concludendo il nostro excursus sulle novità introdotte dall’organo di autogoverno della magistratura tributaria, merita precisare che il punteggio inserito in ogni pagella dovrà inevitabilmente tenere conto del globale rispetto dei parametri relazionato alla sede di lavoro del singolo magistrato. Ciò a dire che, sulla base dell’ultimo resoconto sullo stato della giustizia tributaria del quale si è parlato da queste pagine giorni fa, bisogna che tutto cambi perchè tutto resti com’è. Forse, uno dei mali peggiori che affliggono l’ordinamento giudiziario nazionale è proprio quello sulla base del quale appare fisiologico per ogni criterio di eccellenza applicabile, contestualmente prevederne un altro che lo relativizzi – di fatto – degradandolo ad obiettivo teorico. (S.C. per NL)

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