L’ennesima follia della politica italiana che non riesce a concentrarsi su problemi decisamente più importanti.
L’ultima perla che potrebbe purtroppo vedere la luce viene dal ministro di beni culturali e turismo, Dario Franceschini, che l’ha esternata in un convegno a Palazzo Reale in apertura della Milano Music Week.
Si tratta di seguire l’esempio campanilistico dei francesi, obbligando le emittenti radiofoniche del nostro paese a trasmettere una quota di musica italiana.
“C’è una cosa che la nuova legge consente, una delle norme più nascoste, è immaginare come possiamo prevedere quote di obbligatorietà di trasmissione della musica italiana – ha spiegato Franceschini – In Francia ci sono quote per le radio. Noi vedremo”.
In realtà , l’obbligo potrebbe essere mitigato da una forma premiale per le emittenti che aderiranno all’invito (quindi non più un dovere, ma una facoltà ).
Non è una novità assoluta: l’esperimento è già stato tentato con le quote di film di produzione italiana in tv, con la nota scia di polemiche conseguite.
“Il modello francese andava bene a tutti quando era teorico. Quando l’abbiamo portato nel nostro ordinamento ha scatenato crisi furibonde, ma stiamo arrivando a compimento”, ha annotato il ministro, al quale evidentemente la lezione cinematografica non è bastata.
L’intento di favorire la crescita della musica italiana sarebbe anche encomiabile, se non prendesse strade impositive: non si può ingerire nelle scelte editoriali e commerciali (in una, aziendali) di un’emittente radiofonica – che si deve confrontare col mercato prima che con la politica – col fine di preservare la cultura nazionale.
Quella, caro Franceschini, non si consegue con gli obblighi di programmazione alla parigina, ma agevolando le imprese e creando le premesse socio-culturali per farlo.
Magari partendo da una corretta gestione delle questioni del diritto d’autore e dei diritti connessi, ci permettiamo di suggerire. (M.L. per NL)

