Radio, ascolti. Angelo De Robertis: il TER non è una classifica. E’ una cartella clinica. I dati e le statistiche sono i referti, non la cura

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Attenzione alla promozione sommaria dei dati: non fa bene al comparto. Il TER restituisce una dichiarazione del ricordo, non la certificazione dell’ascolto. Lo zapping e lo skipping sono dilaganti. Nessuna certezza dell’ascolto effettivo col CATI. Il dato delle Altre Radio è pari a quello di un network nazionale. Ma in realtà è solo il disinteresse dell’intervistato. Col metodo CATI nessuno può essere considerato veramente bravo o totalmente inetto.

Il TER è un dogma pericoloso

Immediatamente dopo la pubblicazione dei dati semestrali del Tavolo Editori Radio (TER) sull’ascolto radiofonico, le emittenti favorite inondano le redazioni di tutte le testate (comprese quelle di cucina…) di dati e commenti sui posizionamenti in classifica.
L’effetto però è che ai lettori, in genere nemmeno così interessati a questo tipo di contenuto, arriverà un’immagine estremamente sommaria del mondo della radiofonia.

Attenzione alla promozione sommaria

“E importante che si parli della radio. Ma se la comunicazione è fatta dozzinalmente o esclusivamente pro domo propria, la promozione positiva per qualcuno per il comparto potrà essere negativa”, spiega Angelo Colgiago De Robertis, già direttore di Radio 105 ed oggi consulente radiofonico in Consultmedia ed opinionista di NL.

Il TER è una cartella clinica, non una classifica

“TER è un’indagine complessa e di difficile interpretazione e non la si può proporre come i numeri dell’estrazione della lotteria del paese.
I dati d’ascolto non sono concepiti per decretare vincitori e vinti. Riassumere il tutto in una classifica non è edificante.
Le indagini sono come gli esami clinici: permettono di verificare il percepito dello stato di salute della stazione. Un check-up che consente agli addetti ai lavori di avere le informazioni necessarie per operare sui propri obiettivi strategici.

Se di gara bisogna parlare, è con noi stessi

Si dovrebbe evitare di vivere l’indagine come una gara, perché l’unica competizione è quella con noi (operatori, ndr) stessi. E per vincerla bisogna saper interpretare i dati in maniera oggettiva.

Il TER restituisce una dichiarazione del ricordo, non la certificazione dell’ascolto

Il TER (così come tutte le ricerche che l’hanno preceduta) è un’indagine realizzata principalmente attraverso interviste telefoniche e di conseguenza quella che produce attraverso le risposte delle persone intervistate è “la dichiarazione del ricordo dell’ascolto”.
Possono essere davvero molti i fattori che determinano l’andamento delle radio nella ricerca (purtroppo nessuno di questi si può considerare certo al 100%, perché risultato della dichiarazione del ricordo dell’ascolto) e ad incidere pesantemente sull’andamento dei dati non è solo quello che viene proposto nei palinsesti, ma tutte le attività parallele che sono in grado di produrre tale “ricordo” dell’ascolto.

Impossibile, col metodo CATI del TER, distinguere quello che si pensa di aver ascoltato, da quello che si è ascoltato effettivamente

Ci confrontiamo con un campione composto sia da un pubblico che sa perfettamente cosa ha ascoltato ma anche da chi dichiara quello che “pensa di aver ascoltato”. Al momento dell’intervista, l’ascoltatore cita la radio di cui ha sentito parlare più spesso, o certamente una tra quelle che hanno saputo fare qualcosa per farsi ricordare più delle altre. Tra gli intervistati ci sono sicuramente fan sfegatati, ma anche coloro che ascoltano in maniera totalmente disinteressata un canale piuttosto che un altro solo perché hanno trovato qualcosa che in quel momento gli è piaciuto.

Lo zapping e lo skipping sono dilaganti. Nessuna certezza dell’ascolto effettivo col CATI

È sbagliato pensare che, in funzione di un’intervista telefonica realizzata per un’indagine della quale non conoscono nemmeno l’esistenza, questi utenti si preoccupino di memorizzare il brand di una radio.
In un panorama esageratamente ricco di offerta come quello attuale e con tecnologie che permettono di selezionare velocemente i contenuti, lo zapping è all’ennesima potenza.

Dichiaro di aver ascoltato Radio X, ma in realtà ho sentito Radio Boh

Sono in molti a non interrogarsi su quello che ascoltano e magari a ritrovarsi ad ascoltare Radio X, dichiarando invece di aver sentito Radio Boh. In questo caso la cosa più probabile che può accadere è che questo tipo di utente citerà una o alcune di quelle radio che hanno investito meglio sulla promozione del proprio brand (elemento al centro di un duro confronto tra TER ed il socio Radio RAI, ndr).

Il dato delle Altre Radio è pari a quello di un network nazionale. Ma in realtà è solo il disinteresse dell’intervistato

Gli scevri dalla compiacenza verso l’intervistatore dichiareranno, poi, semplicemente, di non sapere cosa hanno ascoltato. In questo caso la dichiarazione rientrerà in una voce dell’indagine che si chiama “Altre Radio” che, alla fine dei conti, realizzerà un totale ascoltatori pari a quello di un network nazionale. Anche questa considerazione dovrebbe far riflettere. 
A tutto ciò si aggiunge l’omologazione delle radio che porta gli utenti ad avere qualche difficoltà a mettere a fuoco ciò di cui stanno fruendo (“le radio sono tutte uguali”, ndr).

Una volta essere intervistati era motivo di vanto. Ora è una scocciatura

In merito alle dinamiche delle interviste telefoniche che gli istituti di rilevazione svolgono per il TER, c’è da sottolineare che anche l’atteggiamento di chi viene intervistato è molto cambiato. Se una volta essere coinvolti per dare una propria opinione era quasi considerato motivo di vanto (se chiamati, ci si sentiva “importanti”), ora è quasi una scocciatura visto che di telefonate indesiderate ne si ricevono anche troppe.

Ma, piuttosto di niente, meglio piuttosto

Ciò nonostante, l’indagine sull’ascolto radiofonico è indispensabile e di vitale importanza per il comparto Radio.
In passato (col default di Audiradio, ndr) la mancanza di un’indagine ufficiale aveva riservato alle radio momenti molto complicati da gestire, soprattutto da un punto di vista economico e commerciale.

Col metodo CATI nessuno può essere considerato veramente bravo o totalmente inetto

A tutti coloro che maneggiano i numeri di questa ricerca consiglio di essere cauti e oggettivi. Chi ha registrato un incremento (magari senza aver fatto niente di particolare o di diverso dal solito), non si limiti a pensare di essere stato “bravo”, ma sia consapevole del fatto che potrà perdere esattamente quanto ha guadagnato senza una precisa ragione. A chi dall’indagine è stato penalizzato consiglio di riflettere molto su se stesso per cercare di capire se quelle che sono state fatte sono davvero le scelte giuste o se si sarebbe potuto fare di meglio.

Fidatevi del vostro istinto, non solo dei numeri

Tuttavia, per quanto indispensabili e utilissimi strumenti di lavoro, non devono essere solo i numeri e le statistiche a guidare: è importante dare retta anche al proprio istinto ed alla propria pancia. Fidatevi principalmente della vostra esperienza e sensibilità“, conclude Angelo Colciago De Robertis. (E.G. per NL)

 

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