Dopo l’India, anche la Cina sceglie il Digital Radio Mondiale come standard per la radiodiffusione digitale. Con oltre il 35% della popolazione globale che vive ormai in area DRM si potrebbe pensare a un’affermazione globale di questa tecnologia e magari all’abbandono del DAB (che serve invece solo il 9,2% della popolazione del mondo). Ma probabilmente non sarà cosi.
Sintesi
Il 1° agosto 2025, la National Radio and Television Administration (NRTA) – agenzia governativa cinese che monitora, gestisce e indirizza il settore radiotelevisivo del regime – ha adottato il Digital Radio Mondiale (DRM) come standard ufficiale per la radiodiffusione digitale su onde medie e corte, con il GY/T 423-2025.
Il DRM, sviluppato dal DRM Consortium, utilizza il codec xHE-AAC per trasmissioni di qualità a bassi bitrate, ma crea però problemi di coesistenza con le frequenze analogiche, generando disturbi sui ricevitori tradizionali.
La Cina, con il supporto di tali enti governativi, promuove l’integrazione del DRM nell’industria automobilistica e gestisce sette trasmettitori a onde corte per la copertura nazionale e internazionale tramite China Radio International (CRI).
Nonostante l’adozione cinese rappresenti un passo avanti per il DRM, il panorama mondiale della radio digitale rimane frammentato: Europa e Australia usano DAB+, gli USA preferiscono la HD Radio/IBOC e l’Oriente (Cina e India) il DRM, con tecnologie incompatibili.
Il costo del DRM ricade sugli ascoltatori, che devono acquistare nuovi ricevitori, mentre i trasmettitori esistenti richiedono solo adattamenti.
Tuttavia pare ormai certo che il futuro della radio non possa che essere l’Internet Protocol (IP), un protocollo universale che elimina la necessità di nuovi dispositivi e sposta l’attenzione su contenuti e qualità, come dimostrato dal modello degli OTT.
La decisione ufficiale
Il 1° agosto 2025, la National Radio and Television Administration (NRTA, autorità di regolamentazione del settore radiotelevisivo cinese) ha annunciato l’adozione del nuovo standard industriale ufficiale, GY/T 423-2025: recante specifiche tecniche per la radiodiffusione digitale in onde medie e corte, pubblicato pochi giorni prima, il 29/07/2025. Questa mossa segna l’adozione formale del Digital Radio Mondiale (DRM) come base tecnica per le trasmissioni digitali sulla banda AM per i servizi radiofonici domestici ed internazionali cinesi.
DRM
Anche se ricordato in passato ai lettori di NL cosa sia il DRM, riteniamo comunque sempre utile un breve recap. Si tratta di un sistema di radiodiffusione digitale globale, sviluppato dal DRM Consortium, che utilizza codec audio xHE-AAC in grado di fornire risultati (quasi) accettabili anche ai bitrate decisamente bassi possibili in onde medie e corte, con funzionalità dette avanzate quali la possibilità di trasmettere testi.
Coesistenza difficile
Punto essenziale (e oggetto della discordia) il fatto che DRM utilizza le stesse frequenze tuttora in uso in OM e OC, con il risultato che un ricevitore analogico tradizionale riceve, se un’emittente sceglie il DRM, un fastidioso suono che crea un forte disturbo, con l’aggravante della tendenza a debordare ed interferire eventuali emittenti attigue.
Una storia lunga decenni
La storia del DRM, come quella del DAB, è decisamente lunga e NL se ne è ovviamente occupata ripetutamente nel corso degli anni.
2006: da Radio Maria alla Cina comunista
Il primo articolo che ricordiamo è datato 2006, ma allora si parlava di teoria. Per quanto riguarda le vere emissioni, nel 2008 abbiamo raccontato della sperimentazione da parte di Radio Maria (stranamente auto-interferita da un’emissione analogica a soli 10 kHz di distanza), nel 2009 del rapporto su una sperimentazione inglese (dove, tra le righe, si cercava di nascondere il vero problema del DRM, la tendenza ad andare in muto).
2017: utopia
Nel 2017 abbiamo riportato invece una previsione, non particolarmente azzeccata, da parte del presidente del consorzio DRM che affermava: “La radio ascoltata esclusivamente sullo smartphone è un’utopia: lo streaming mobile ha un costo astronomico rispetto al costo medio della trasmissione via etere.” Per arrivare ad oggi, appunto, con questo nuovo endorsement ufficiale da parte di una nazione in grado di imporre i suoi desiderata alla popolazione.

Stessi trasmettitori, nuovi ricevitori
I documenti cinesi sottolineano un particolare non secondario, considerata la dimensione e la potenza degli impianti operanti sulle bande OM e OC: il DRM è compatibile con i trasmettitori esistenti, necessitando solo di una verifica/adattamento sulla linearità dell’amplificazione e di un nuovo modulatore.
Costo ribaltato sugli ascoltatori
Il costo è invece ribaltato sugli ascoltatori, visto che nessuna “radio” analogica è in grado di ricevere il DRM: occorre dunque acquistare un nuovo ricevitore, quale ad esempio il ML-DRM-2260.
Industria automobilistica
L’annuncio arriva dopo anni di crescente sostegno al settore automotive da parte delle istituzioni cinesi. Nel settembre 2023, tre importanti enti governativi – il Ministero dell’Industria e della Tecnologia dell’Informazione (MIIT), la NRTA e la State Administration for Market Regulation (SAMR) – avevano incoraggiato l’industria automobilistica nazionale a integrare la capacità di ricezione DRM nelle radio di bordo, sollecitando, inoltre, le strutture di trasmissione provinciali a sperimentare il DRM.
Rete trasmissiva
In base alla documentazione ufficiale, attualmente la Cina gestisce sette trasmettitori a onde corte abilitati alla ricezione di questa tecnologia per la copertura domestica, principalmente rivolti alle affollate regioni orientali, ma in grado di raggiungere l’intero paese. Questi trasmettitori possono essere utilizzati anche a livello internazionale da China Radio International (CRI). China National Radio (CNR) trasmette attualmente programmi giornalieri in DRM a onde corte per il pubblico locale, servendo diverse regioni del paese.
Reality Check
Come di consueto abbiamo deciso di fare un rapido reality check su quanto affermato da media e governi. Impossibile sintonizzare dalla nostra postazione alcuna stazione DRM e neppure i vari SDR ci sono venuti in aiuto. In ogni caso abbiamo trovato una tabella con orari e frequenze di trasmissione, per coloro che intendessero provare in prima persona.
Un grande passo avanti
La scelta della Cina rappresenta senza dubbio un enorme e forse insperato passo avanti per il mondo del DRM. Si potrebbe perfino pensare che questa adozione da parte della seconda nazione più popolosa del mondo ne possa determinarne infine il successo planetario.
Un mondo diviso
Purtroppo le cose non stanno così. Il mondo della radio broadcast digitale è infatti chiaramente diviso in tre aree tra loro incompatibili. L’Europa e l’Australia con lo standard Eureka 147, l’attuale DAB+; gli Stati Uniti con il sistema HD Radio e ora l’oriente (in particolare Cina e India) con il DRM.
Convergenze parallele
Si tratta di tecnologie che non possono convergere, per svariati motivi. Dal punto di vista tecnico e tralasciando il tipo di modulazione, due di esse (HD Radio e DRM) usano le stesse frequenze dell’ambiente analogico, mentre il DAB usa frequenze totalmente differenti.
Cui prodest
Ma – cosa forse più importante – non si vede chi possa avere interesse a sviluppare una ipotetica convergenza, essendoci di fatto consenso globale sulla natura transitoria del modello broadcast digitale (sistema di pochi grandi e potenti trasmettitori contrapposto al modello delle tante celle di bassa potenza del mondo telco).
Protocollo unico
Esiste invece, ed è già attivo da decenni, un protocollo comune alle radio di tutto il mondo. Comune e condiviso come lo era la vecchia modulazione di ampiezza con i suoi suoni “ovattati”: si chiama (come noto) Internet Protocol, abbreviato in IP.
Chi paga la distribuzione?
Un sistema di distribuzione che fa ricadere il costo dell’infrastruttura di distribuzione sulle telco e non sui broadcaster.
Vero, in molti casi il modello integrato – quello in cui gli editori possiedono oltre la proprietà intellettuale di quanto mandano in onda anche i contenuti, i conduttori e la distribuzione – ha vantaggi in termini di controllo e flessibilità.
Netflix insegna?
Cosa ancor più vera per chi può o ha potuto creare reti di grande efficienza, magari in parziale isofrequenza.
Ma l’esperienza degli OTT, che scaricano disinvoltamente sulle telco il non banale compito (e costo) di distribuire flussi, a decine di megabit di potenza al secondo per utente, pare indicarne la via.
Content (and presentation) is King
In altre parole, concentrarsi sul marchio, sul contenuto, sull’interfaccia utente, sul rapporto con l’ascoltatore, sulla qualità dell’offerta è oggi la via maestra da percorrere.
Senza obbligare – oltretutto – gli ascoltatori ad acquistare un nuovo ricevitore. (M.H.B. per NL)
Nota: immagine di copertina creata da Gemini-2.5-flash-image (“nano banana”)