Il divieto, imposto dalla legge Mastella n. 111/2007, di utilizzare i giovani magistrati al termine del tirocinio aggrava la situazione.
Paolo Giordano, sostituto procuratore nazionale antimafia, in un articolo apparso su Guida al Diritto n. 25/2008 del Sole 24 Ore, denuncia il rischio di paralisi dell’amministrazione della giustizia vista la urgente necessità di coprire 200 posti di sostituto procuratore attualmente rimasti vacanti. Oltre ai posti di procuratore vi è poi la necessità di incrementare il numero di magistrati in funzione di giudicante penale monocratico. La situazione di urgenza è aggravata, fra l’altro, dall’imposizione introdotta dalla legge Mastella n. 111/2007 che, modificando una disposizione del D.lgs. n. 160/2006 riguardante la nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché di progressione economica e di funzioni dei magistrati, ha introdotto il divieto per i magistrati al termine del tirocinio di ricoprire funzioni requirenti, giudicanti monocratiche penali o di giudice per le indagini preliminari o di giudice per l’udienza preliminare, prima di avere conseguito la prima valutazione di professionalità, ossia addirittura prima dei quattro anni dalla nomina. Tale norma (art. 13 comma 2 del D.lgs. n. 160/2006), seppure introdotta sia per garantire ai cittadini una più matura preparazione da parte dei magistrati nell’ambito penale che per tutelare gli stessi magistrati di fronte a impegni estremamente difficoltosi e delicati, pare però essere troppo restrittiva. Infatti, in un primo momento, in sede di discussione parlamentare, si era solo parlato di un “percorso professionale tipo”, che prevedesse la possibilità (e non l’obbligo) che le funzioni monocratiche fossero precedute da un congruo periodo di svolgimento di funzioni collegiali da parte del magistrato neofita. La norma di legge effettivamente introdotta pone invece dei rigidi divieti e perciò costituisce anche un grosso impedimento per fare fronte alle esigenze di copertura dei posti rimasti vacanti. La norma è oltretutto oggetto di critiche poiché, secondo Paolo Giordano, non ha tenuto conto di una serie di fattori importanti che caratterizzano l’approccio dei giovani al lavoro in magistratura e lo sviluppo della carriera degli stessi. Innanzitutto gli studi universitari e post universitari che consentono l’accesso al concorso per la magistratura sono diventati più lunghi rispetto al passato, sicché viene a cadere uno dei luoghi comuni che suscita diffidenza nei confronti dei neomagistrati, vale a dire la troppo giovane età dei vincitori del concorso. In secondo luogo, segnala Paolo Giordano, i giovani magistrati potrebbero ben ricoprire le funzioni di sostituto procuratore dato che la gerarchizzazione interna delle procure comporta un costante controllo da parte del capo dell’ufficio, il quale, fra l’altro, è tenuto a dare il proprio “assenso scritto” a tutti i provvedimenti sulla libertà e sulle misure cautelari reali, a eccezione di quelle richieste in sede di convalida del fermo o dell’arresto in flagranza. Infine, il sistema dei controlli incrociati, che è proprio dell’ordinamento processuale italiano, unitamente al contraddittorio, impedisce che decisioni avventate possano, per forza di cose, caratterizzare l’operato di un giovane magistrato. Inoltre la possibilità di ricoprire incarichi monocratici può essere fonte di crescita professionale da parte del giovane magistrato che, essendo costretto a prendere direttamente e sotto la propria responsabilità le decisioni, intraprenderebbe prima un percorso di crescita professionale autoeducativa. Occorre anche tenere in considerazione la possibilità quotidiana per i giovani magistrati di confrontare le proprie idee con i magistrati più anziani addetti ai medesimi uffici o operanti all’interno degli stessi Tribunali, nonché anche la possibilità di un confronto dialettico con gli avvocati. Il divieto di legge suddetto è dunque ritenuto, da parte del sostituto procuratore nazionale antimafia, “superfluo e dannoso”. Addirittura, vista anche la situazione di estrema emergenza riguardante la copertura di posti vacanti, l’Associazione nazionale magistrati, nel corso del suo XXIX Congresso Nazionale, ha proposto una “deroga” al divieto imposto dalla legge, per gravi esigenze di servizio, deroga che, a parere dei magistrati, potrebbe essere varata con decreto legge. Il sostituto procuratore nazionale Paolo Giordano, per risolvere l’ormai cronico problema della carenza di organico negli uffici giudiziari, suggerisce poi di avviare, finalmente, il processo di revisione delle circoscrizioni giudiziarie, con l’eliminazione di quelle sedi che non hanno più ragione di esistere (motivi storici, geografici, di dimensioni etc…), con l’accorpamento ad altre sedi vicine. Secondo Paolo Giordano “questa sì sarebbe una forma di restituzione dell’efficienza alla macchina giudiziaria, l’unico apparato amministrativo che dispone ancora di una griglia territoriale davvero anacronistica, non solo nel Sud Italia ma anche nel Settentrione, e non solo per eccesso di uffici, ma anche per difetto di presenze in aree territoriali importanti.” (D.A. per NL)