Trasformismi: Follini responsabile informazione del Pd

Non poche le critiche ricevute da Veltroni per questa scelta. Prima tra tutte quella di Ermete Realacci, candidato numero uno a quella poltrona. E nelle sue prime uscite, Follini sottolinea con orgoglio il suo passato democristiano.
 
È stata una scelta di Veltroni in persona, dicono. È stata una scelta che i compagni di lungo corso di Walter, il filone dei diessini ex Pci, hanno digerito malvolentieri. Lo ricordano ancora, gli ex compagni del Pci, battersi nelle aule parlamentari nelle file della Dc durante gli anni ottanta, allorquando Marco Follini, classe 1954 ed enfant prodigo della politica, era, non ancora trentenne, nella direzione nazionale del partito. C’era rimasto sino al 1986, anno in cui era entrato a far parte del consiglio d’amministrazione della Rai, esperienza che gli tornerà utile, perché proprio la Rai è uno degli argomenti scottanti che, con la sua nuova carica di responsabile dell’informazione del Partito Democratico, dovrà affrontare. Oltre ad ex democristiano, l’altro peccato originale che Marco Follini dovrà espiare nella sua nuova vita politica nelle file del centro-sinistra, è di essere un ex berlusconiano. Per dieci anni, infatti, l’ex Udc ha fatto parte della Casa delle Libertà, ha ricoperto la carica di vice Presidente del Consiglio, pur essendo spesso in conflitto con Berlusconi. Ed è stato proprio questo il motivo, la presunta poca incisività del suo partito, troppo succube delle politiche berlusconiane, che lo ha spinto poco più di un anno fa ad abbandonare le file dell’Udc tra i banchi parlamentari, iniziando a strizzare l’occhio all’Ulivo. Il suo passato sull’altra sponda, però, se lo porta dietro come una cicatrice nelle nuove vesti di responsabile informazione del Pd: tra i banchi della CdL, infatti, aveva votato la famigerata e tanto detestata (giustamente) Legge Gasparri. Salvo pentirsene e dichiarare, appena un paio di giorni fa, intervistato da Lucia Annunziata nel suo programma “In ½ ora”, “non avrei dovuto votarla”. Al contrario, Follini, entrato a far parte anche del “Comitato 14 ottobre” che ha dettato le linee guida del neonato Partito Democratico, ha subito sostenuto uno dei punti fondamentali della nuova politica del governo nel campo della comunicazione, il ddl Gentiloni. “È una buona legge – ha detto – e bisogna battersi per farla passare. Non mi nascondo le difficoltà, però la legge non è certo un atto eversivo. Confido che non ci sia ostruzionismo da parte dell’opposizione, comunque la maggioranza ha il diritto-dovere di legiferare […] La riforma delle tivù non può essere una clava contro l’avversario politico ma non può nemmeno essere l’occasione di complicità”. Ma da sempre gli inciuci che si nascondono dietro i tentativi di riforma del settore radio televisivo non permettono una vera e propria riforma sostanziale e utile del settore, specie per quel che riguarda le poltrone Rai, dietro le quali ci sono tanti, troppi interessi di partito, per far sì che una vera riforma elimini la loro lottizzazione. E non sarà certo Follini la svolta in questo senso, dato il suo passato da astuto pianificatore della lottizzazione, ai tempi della sua esperienza in Rai a cavallo tra gli anni ottanta e novanta (1986-1993). Ad ogni modo, uno degli obiettivi dichiarati del governo Prodi è quello di cambiare il sistema di nomine della Rai prima della scadenza a maggio del consiglio in carica. E Follini, che quando si parla di accordi e mediazioni è un guru, potrebbe essere il cavallo di Troia per discutere con l’opposizione, di cui a lungo ha fatto parte, nonostante i suoi rapporti non certo idilliaci con Berlusconi. Tornando, però alle polemiche suscitate dalla sua nomina da parte di Walterone, il primo ad essere caduto dalle nuvole è stato Ermete Realacci, il leader storico del movimento ambientalista, vicino a Rutelli e Gentiloni, era il predestinato per quella poltrona, dalla quale avrebbe potuto “combattere”, con un’unità di intenti con Gentiloni, la battaglia per riformare la Rai e l’informazione, ma niente. A Realacci spetterà la poltrona di responsabile comunicazione, mentre Roberto Roscani è stato nominato portavoce e Piero Martino capo ufficio stampa. La scelta di affidarsi a Follini piuttosto che a Realacci, combattente e molto lontano da posizione da mediatore, nasconde insito quella tendenza veltroniana al compromesso, al voler sempre accontentare tutti, a voler sempre trovare una chiave di mediazione, senza mai imporre decisioni che possano urtare troppo l’opposizione o alcune ali della maggioranza. Che sia un bene o un male lo si scoprirà strada facendo. (G.M. per NL)
 

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