Tv locali. Taglio contributi: emittenti protestano. E La Repubblica reagisce: “I signorotti delle piccole tv puntano dritto al nuovo incasso”

20 mln euro, tv locali, stampa, La Repubblica

Si capisce che l’aria che si respira in queste settimane nel gruppo editoriale GEDI non è proprio quella pura, d’alta montagna.
Il nervosismo è comprensibile vista l’incertezza sul futuro del gruppo; tuttavia, una caduta di stile come quella dell’articolo di ieri de La Repubblica (firmato G. Col), sui 20 milioni annui di contributi pubblici contesi tra tv locali (che li perderebbero) e la carta stampata (che li acquisirebbe), fa riflettere sull’epilogo che lo storico quotidiano fondato e sviluppato (in tempi evidentemente migliori) da Eugenio Scalfari si appresta a celebrare a gennaio 2026.

Sintesi

L’articolo del 15/12/2025 de La Repubblica (firmato G. Col) che critica, con discutibile enfasi, la riduzione del sostegno pubblico ex DPR 146/2017 alle tv locali, ha scatenato un’immediata reazione del mondo dell’emittenza privata, accusato dal quotidiano GEDI di ospitare solo “televendite” e di offrire “pseudo-giornalismo”.
Il giornale che a gennaio 2026 compirà 50 anni in prossimità al passaggio di mano (ormai quasi certo) al gruppo greco Antenna dell’editore-armatore Kyriakou (in tandem col principe saudita bin Salman), secondo le emittenti locali, avrebbe utilizzato argomentazioni strumentali per favorire il dirottamento della provvista contributiva alla carta stampata, sostenendo il taglio di 20 milioni di euro ai contributi pubblici per le tv territoriali dal 2026 al 2028.
Le televisioni, che rivendicano un ruolo essenziale di informazione e pluralismo territoriale, hanno definito l’articolo “disgustoso” e lesivo della propria dignità, richiedendo il rispetto per l’importanza riconosciuta loro da Agcom e dalla Corte Costituzionale.
In un momento in cui la vendita dell’asset di Exor (holding della famiglia Agnelli-Elkann) GEDI è in corso, il contrasto tra carta stampata e informazione locale si fa più acceso, con le emittenti tv pronte a difendere il ruolo pubblico.

Dove è sceso il quotidiano di Scalfari

Invero, alcuni passaggi dell’articolo sono sintomatici del modello di giornalismo che il quotidiano della famiglia Agnelli/Elkann – che molto probabilmente a breve finirà (Insieme a La Stampa, alle radio nazionali del gruppo DeeJay, Capital, m2o, alla tv DTT DeeJay Tv, ad alcune radio digitali ancillari, alla compagnia di produzione podcast One Podcast ed alla concessionaria pubblicitaria A. Manzoni & C.) in terra greco-saudita (sotto il controllo dell’editore-armatore Theodore Kyriakou – patron del gruppo multimediale ellenico Antenna – col supporto finanziario del principe/politico saudita Mohammed bin Salman) – ha deciso di sposare:  “Sul piatto ci sono soldi pubblici che andrebbero ad alimentare realtà fatte di telegiornali a rullo, programmi allergici agli ascolti e soprattutto tante, tantissime televendite. Sprazzi di pseudo-giornalismo, molte “marchette”.

Signorotti delle piccole tv

All’azienda del comprensorio o al parlamentare in cerca di voti. Tutto scaricato su giornalisti sottopagati, appesi a contratti depotenziati, in alcuni casi privi delle tutele professionali di base. L’ultima battaglia dei signorotti delle piccole tv punta dritto al nuovo incasso”.

Articolo de La Repubblica disgustosa

Una prosa che (al di là della tendenziosa rappresentazione dei fatti, come il volume delle televendite, incompatibile con i benefici pubblici oltre una certa misura che anche solo una sommaria lettura del DPR 146/2017 avrebbe permesso di appurare) le emittenti locali hanno definito in un comunicato diffuso nella serata del 15/12/2025, con testo non associativo, ma firmato direttamente dagli estensori, “davvero disgustosa”.

Recap della vicenda

Un breve recap lo fanno gli stessi editori locali (un riassunto più esteso lo faremo noi in seguito): “Per chi non fosse informato, riassumiamo: c’è stato lo scorso fine settimana un blitz della nota lobby della carta stampata per sottrarre all’informazione radiotelevisiva locale 20 milioni all’anno per ognuno dei prossimi tre anni e ci erano quasi riusciti. Per cosa? Ovviamente contributi per la carta stampata.

Attacchi strumentali a favorire la vendita di GEDI

È al di fuori di ogni regola e correttezza che solo l’editore che sta cercando di vendere all’estero i suoi giornali (GEDI, ndr), attacchi la libera informazione locale italiana, sempre sui propri giornali per agevolarne la vendita.
Al di là della vocazione esterofila del finanziere editore, restano le affermazioni false e lesive contenute nell’articolo del quale dovrà rispondere in sede civile e penale.

Colleghi insultati

Particolarmente offensive per le migliaia di ottimi giornalisti e dipendenti insultati da un collega. Tutti perfettamente in regola da ogni punto di vista. Si invita attenzione, per amor di verità, ad una ricerca Agcom dalla quale esce un verdetto impietoso e inequivocabile sulla informazione e sul pluralismo: gli italiani si informano sul proprio territorio essenzialmente e quasi completamente sulla Rai e sulle televisioni locali.

Chi compra La Repubblica?

La Repubblica non compare nemmeno. Tradotto: i pochi che comprano quel giornale spendono 1,90 euro al giorno; i numerosissimi telespettatori che seguono l’informazione sulle emittenti locali pagano zero euro. Le radio e le televisioni che garantiscono il pluralismo dell’informazione in Italia hanno a disposizione solo la propria voce, la propria libertà e la credibilità conquistata nel proprio territorio.

Il riconoscimento del ruolo delle tv locali da parte della Corte Costituzionale

Noi non abbiamo i quattrini delle lobby di GEDI. Noi ci accontentiamo di avere 1000 spettatori per ogni copia venduta di un quotidiano come La Repubblica, che si permette di pubblicare un articolo capzioso come quello odierno, omettendo volutamente di ricordare che i contributi statali vengono riconosciuti, per legge, solo ed esclusivamente a quelle emittenti locali, che rinunciano ad ore di televendite e che producono e trasmettono ore ed ore quotidiane di informazione locale, per sostenere il loro ruolo di pubblica utilità che non solo il legislatore, ma recentemente anche la Corte Costituzionale ha riconosciuto.

I firmatari

Il comunicato di protesta contro l’articolo de La Repubblica è stato sottoscritto da: Telenuovo, Telenorba, TG Norba 24, Telelombardia, Antennatre, Top Calcio, Videogruppo, Antennatre Veneto, Rete Veneta, TelenordEst, Tele Padova, Telequattro, TV 12, Espansione TV, Telecolor, E’TV Rete 7, 7 Gold Emilia, 7 Gold Toscana, 7Gold Lazio, Rete 7 Piemonte, Tele Cupole, Primo Canale, Primo Canale Primo Piano, RTV 38, E’TV Marche, Canale 9, Kiss Kiss Napoli TV, Antenna Sicilia, TCS Tele Costa Smeralda, Più Valli TV, Antenna Sud.

L’emendamento che tagli i contributi 2026-2028 di 20 milioni di euro sostenuto da La Repubblica

La vicenda oggetto della querelle con La Repubblica ha preso le mosse dal comunicato delle Associazioni Confindustria Radio Televisioni – TV Locali, Aeranti-Corallo e ALPI che, qualche giorno fa, avevano espresso fortissima preoccupazione e netta contrarietà per l’emendamento governativo alla Legge di Bilancio depositato nella notte tra giovedì e venerdì scorsi, che tagliava di 20 milioni di euro all’anno per il triennio 2026-2028 le risorse destinate all’emittenza radiofonica e televisiva locale.

Togliere a radio e tv locali per dare alla stampa

La relazione tecnica chiarisce che l’incremento complessivo del Fondo per il pluralismo è ottenuto a vantaggio esclusivo del comparto della carta stampata, mentre le emittenti locali subiscono un taglio strutturale, in un momento già segnato da forti difficoltà economiche e da una concorrenza impari con grandi operatori nazionali e piattaforme globali”, osservavano nel comunicato i sindacati di categoria delle televisioni territoriali.

Avocazione della facoltà di rimodulazione del riparto del Fondo

“Ancora più grave è la previsione che consente al Presidente del Consiglio dei ministri di rimodulare il riparto del Fondo con decreto, escludendo il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, titolare delle competenze sul settore radiotelevisivo locale. Una scelta che introduce instabilità, incertezza e marginalizzazione istituzionale del comparto.

A rischio centinaia di imprese e migliaia di posti

Siamo di fronte a una decisione che mette seriamente a rischio la sopravvivenza di centinaia di imprese, migliaia di posti di lavoro e il pluralismo dell’informazione nei territori”, avevano dichiarato congiuntamente le associazioni di categoria.

Contraddizione

“Il provvedimento di riduzione di 20 milioni all’anno per le annualità 2026-2028 appare inoltre in totale contraddizione con le dichiarazioni rese dal Ministro Adolfo Urso il 29 luglio 2025, quando aveva assicurato la continuità delle risorse per le emittenti locali anche nella prossima Legge di Bilancio”, avevano stigmatizzato i sindacati.

Ripristinare le risorse tagliate e rispettare il ruolo del MIMIT

Le associazioni chiedevano quindi “l’immediata modifica dell’emendamento, il ripristino delle risorse tagliate e il rispetto del ruolo del MIMIT, evidenziando che, in assenza di correttivi urgenti entro la scadenza fissata per oggi alle ore 18, le conseguenze per il sistema dell’informazione locale saranno irreversibili”.

La riproposizione del blitz estivo

Per parte nostra, avevamo sottolineato come la gravità della questione risiedesse anche nel fatto che la riduzione riproponeva il blitz estivo che aveva avuto luogo con la pubblicazione, da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, dei primi elenchi provvisori degli aventi diritto ai contributi per le emittenti locali, previsti dal DPR 146/2017, per l’anno 2025. Una contingenza che aveva portato alla luce una significativa riduzione dello stanziamento per il 2025, fissato a soli 111,6 milioni di euro, quindi quasi il 15% in meno rispetto all’anno precedente.

Livello più basso degli ultimi 5 anni

Si trattava del livello più basso degli ultimi cinque anni, in un momento particolarmente delicato per il settore, alle prese con la pressione crescente delle piattaforme OTT e delle big tech.

L’intervento di Giunco

Maurizio Giunco, presidente dell’Associazione Tv Locali in seno a Confindustria Radio Tv, aveva denunciato su Newslinet l’interpretazione arbitraria della Legge di Bilancio alla base del taglio, annunciando azioni per il ripristino dei fondi originari.

Bilanci a rischio

Il provvedimento, giunto, inaspettatamente nella sua formulazione, a metà esercizio 2025, rischiava infatti di compromettere la tenuta occupazionale e la continuità del servizio pubblico di informazione locale garantito dalle emittenti più strutturate.

Il taglio di 15 milioni

Giunco, su queste pagine, aveva lamentato come la legge di bilancio 2025 avesse previsto un taglio al fondo di circa 4 milioni di euro e non certo di 15. “Contrariamente da quanto asserito da Agcom, esiste un’informazione di serie A ed una di serie B – aveva dichiarato al nostro periodico -. Ho l’impressione che l’attenzione dei vertici del Mimit nei confronti del ruolo delle radio televisioni locali non sia più quella di un tempo.

Mimit disallineato rispetto ad Agcom

Una decisione peraltro contraria a quanto affermato da Agcom, ma anche a quanto espresso dalla Corte Costituzionale.
Non è concepibile effettuare un taglio di tale entità a metà esercizio ed in modo del tutto inaspettato, su contributi che per la maggior quota sono inerenti all’occupazione, quando le norme e la legge di bilancio non ne hanno fatto alcun cenno”, aveva stigmatizzato Giunco.

A Cesare quel che è di Cesare

Immediatamente dopo, il Ministero delle imprese e del made in Italy ci aveva fatto sapere di aver ripristinato integralmente la provvista inizialmente prevista, neutralizzando quello che sarebbe stato un colpo micidiale per le finanze delle radio e tv locali nel corso della presente annualità.

Emendamento di ripristino delle risorse per scongiurare gli effetti del taglio del 15% della provvista 2025

Spiegava la nota del Ministero delle imprese e del made in Italy inviata a Newslinet:Su proposta del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, in sede di esame in Commissione al Senato della conversione in legge del decreto-legge 30 giugno 2025, n. 95, il relatore ha presentato un emendamento volto a ripristinare il livello delle risorse assegnate al Mimit per il sostegno al settore radiotelevisivo, superando così l’interpretazione particolarmente penalizzante alla Legge di Bilancio 2024 in merito al riparto riservato al Dicastero per le emittenti locali, che di fatto risultavano decurtate.

MIMIT: radio e tv locali hanno un ruolo fondamentale

“Siamo intervenuti tempestivamente, pienamente consapevoli del ruolo fondamentale svolto dalle emittenti locali, che rappresentano una primaria fonte di informazione a livello territoriale”, aveva dichiarato il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.

Continuità assicurata

“Assicureremo – aveva aggiunto il ministro – la continuità delle risorse stanziate anche in sede di formulazione della prossima Legge di Bilancio”.

16,5 milioni + 2,5 per compensare il taglio del 15%

L’emendamento in soccorso aveva quindi previsto l’erogazione di un contributo straordinario pari a 16,5 milioni di euro, a valere sulle risorse del Mimit, che – unitamente a ulteriori 2,5 milioni di euro recuperati mediante il disaccantonamento di fondi relativi a esercizi precedenti – consentiranno di compensare integralmente la riduzione della quota spettante al Dicastero del “Fondo per il pluralismo e l’innovazione digitale dell’informazione e dell’editoria”, riportando così, con risorse proprie, lo stanziamento ai livelli dell’anno precedente.

Peggio di prima

Situazione però ripresentatasi – ed anzi aggravatasi – settimana scorsa, considerato che i milioni tolti al comparto per le annualità 2026-2028 sono divenuti 20 per ogni anno. Eliminazione che il quotidiano di prossimo controllo straniero La Repubblica considera però “dovuta”. (M.L. per NL)

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