Agcom e Sky contro il Decreto Romani. Imminente l’apertura di una procedura d’infrazione da parte dell’Ue

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Continua ad essere tortuoso il percorso di approvazione del cd. "Decreto Romani", che recepisce in Italia la Direttiva europea in materia di tv e internet.

Dopo le polemiche di natura politica, lo schema di decreto legislativo sui servizi di media audiovisivi, approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 17 dicembre e giunto ieri in Parlamento per ricevere un parere (non vincolante) dalle competenti commissioni, ha infatti ricevuto le critiche dell’Agcom e di Sky, mentre l’Ue prepara una procedura di infrazione per la mancata notifica del recepimento nei termini. Quanto alle posizioni dell’Agcom, il suo Presidente, Corrado Calabrò, al termine dell’audizione davanti alla Commissione Lavori pubblici del Senato, ha infatti parlato in merito di un testo contenente “aspetti che vanno riconsiderati perchè non sono perfettamente coerenti con gli aspetti della direttiva europea” e ha rivendicato il “ruolo” e la “funzione regolatrice” dell’Agcom, la quale dallo schema di decreto vedrebbe “sottratte delle competenze”. Calabrò, oltre a definire la delega attribuita al Governo “molto, molto ampia, con molto pochi criteri direttivi e molto poco dettagliati”, si è espresso duramente nei confronti di quelle disposizioni del provvedimento che stabiliscono l’obbligo di un’autorizzazione preventiva per la diffusione di contenuti audiovisivi on line. “In Europa non è consentito un intervento preventivo perchè l’autorizzazione preventiva rischia di diventare filtro burocratico” ha dichiarato il Presidente dell’Agcom, secondo il quale, se non si modifica il testo, il nostro Paese rischia di diventare “un caso unico nel mondo occidentale a causa dell’articolo 17 che introduce un’apposita autorizzazione per la diffusione continua in diretta e su internet”. L’Italia, dunque, a suo giudizio, dovrebbe rifarsi alla disciplina europea che prevede interventi repressivi “purché proporzionali e sempre ex post”. Il Presidente dell’Authority, intervenuto anche in merito alle disposizioni sugli investimenti nelle produzioni indipendenti, ha sottolineato che tali produzioni “vanno salvaguardate”, e che pertanto non trovano “giustificazione né la riduzione della quota di investimenti né la sostanziale penalizzazione del cinema italiano, per il quale non è più prevista una sottoquota di garanzia”. Sulle norme del decreto che prevedono la progressiva riduziosky3 1 - Agcom e Sky contro il Decreto Romani. Imminente l’apertura di una procedura d’infrazione da parte dell’Uene del tetto di affollamento pubblicitario orario per tutti i canali a pagamento (che passerà al 16% dal 2010, al 14% dal 2011 ed infine al 12% dal 2012) si è invece scagliata Sky, convocata anch’essa in Commissione Lavori pubblici del Senato con la Siae, l’Asstel (l’Associazione che, nell’ambito di Confindustria, rappresenta le imprese che erogano servizi di telecomunicazioni) e l’Associazione diritti dei minori. Per Andrea Scrosati, vice presidente Corporate e Market Communication di Sky, “non si comprende la necessità di intervenire su un processo di domanda e offerta che andrebbe lasciato al mercato”. L’effetto sugli introiti c’è – ha commentato – è sottrattivo, e mette un limite alla crescita e non solo di Sky Italia ma di tutti gli altri editori presenti sulla piattaforma, da De Agostini a Rcs a Elemedia gruppo Espresso a Walt Disney e Fox, che hanno scommesso sull’Italia e puntano sui ricavi pubblicitari per crescere e magari investire nella produzione locale”. Non dovrebbe invece intervenire sui contenuti del Decreto Romani l’Unione Europea, che prevede di aprire a breve una procedura d’infrazione contro il nostro Paese per la mancata notifica del recepimento della direttiva entro il termine del 19 dicembre 2009. Il Commissario europeo alle Telecomunicazioni Viviane Reding ha infatti smentito le voci che riferivano di un controllo dell’Ue sul testo dello schema di decreto. L’imminente messa in mora dell’Ue è stata comunque minimizzata dal Ministero dello Sviluppo Economico, precisando che si tratterebbe di «atto rituale automatico che riguarda 23 stati su 27, esclusivamente per il mancato recepimento entro il termine (e non per i contenuti del decreto), che dovrebbe portare all’immediata chiusura della procedura aperta nel momento in cui il decreto legislativo verrà trasmesso alla Commissione». (Daniela Asero per NL)
 

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